Pubblico qui il testo della conferenza che ho tenuto a Castellaneta Marina (TA) il 22 agosto scorso. È stato per me un grande onore introdurre la corposa, documentatissima relazione del professor Boscia. La sig.ra Antonacci purtroppo è stata trattenuta da impegni non rinviabili.
La nostra conversazione inizia da una contrapposizione presente già nel titolo di questa conferenza: "Famiglia – Famiglie". Questo plurale, introdotto di recente, indica un arricchimento o piuttosto un'ambiguità, una forzatura, un voler trattare come equivalenti delle forme di convivenza che equivalenti non sono affatto?
Possiamo trovare una traccia per rispondere a questa domanda già nella seconda parte del titolo: si cerca di inculcare l'idea che essere maschio o femmina non sia un dato di "natura" ma una costruzione "culturale" imposta dalla società. (Ecco perché vi invito a non cadere in un'altra trappola: usate il termine "famiglia naturale" anziché "famiglia tradizionale").
Non credo di dovermi attardare molto a descrivere una situazione che ormai probabilmente già conoscete. Siamo diventati familiari con parole come "omofobia", “transfobia”, "gay pride", "unioni civili", "nuovi diritti", “fecondazione eterologa” e via dicendo.
Ma cosa c'è dietro queste parole che ci vengono martellate quasi quotidianamente dai media? Abbiamo davvero più diritti per tutti? Viviamo davvero in una società più aperta, più tollerante, più democratica, più genuinamente aperta all'altro, o stiamo piuttosto assistendo al suo contrario, a una sistematica campagna di falsificazione, di intimidazione, di soffocamento di ogni voce non dico di critica ma di semplice perplessità, di minacce e discriminazioni verso chi la pensa diversamente, soprattutto contro i cristiani che vogliono vivere coerentemente la propria fede? Il cristianesimo è soltanto un'anticaglia superata, una sopravvivenza di superstizioni medievali, un ammasso di proibizioni sessuofobe che discriminano e opprimono i “diversi”? A voler essere caritatevoli, è una dottrina umanitaria bene intenzionata ma superata che avrebbe urgente bisogno di un “aggiornamento”? Oppure può indicare ancora oggi, così come è sempre stato e così com'è, la strada per una “vita buona” a livello individuale, familiare e sociale, e viene osteggiato perché ricorda verità scomode a una mentalità che non tollera più limiti, giudizi o critiche?
Sono domande che non possono essere trattate esaurientemente in questa sede, e alla quali, del resto, il magistero della Chiesa ha sempre risposto, specialmente a partire da San Giovanni Paolo II. Io mi limiterò a trattare la questione dal punto di vista giuridico. È soprattutto sul piano giuridico, infatti, che si può comprendere a fondo la trappola della contrapposizione natura/cultura, cosa ci aspetta e cosa si sta cercando davvero di realizzare.
Attraverso le leggi, si sta cercando di scardinare il dato di natura. Come ho detto prima, si pretende che non si nasca più maschi o femmine, ma che si possa diventarlo, o diventare qualsiasi altra cosa uno voglia. Questo è evidente già nella manipolazione del linguaggio giuridico, che punta all'alterazione del linguaggio comune, perché noi pensiamo, ci raffiguriamo, viviamo il mondo attraverso il linguaggio. In tutti i paesi che hanno introdotto il “matrimonio” omosessuale, sono state eliminate dai documenti dell'anagrafe e dalle leggi le parole “padre” e “madre”, sostituite da “genitore 1” e “genitore 2”. La parola “genere” sta gradualmente soppiantando il termine “sesso” tanto che in Australia un uomo è riuscito a ottenere che sulla sua carta d'identità non comparisse l'appartenenza all'uno o all'altro sesso. Negli USA si sta andando anche oltre: l'amministrazione Obama starebbe seriamente valutando se considerare “hate crime” (istigazione all'odio) l'uso dei termini “padre” e “madre”. È una notizia che proviene da una fonte poco attendibile, ma data la mentalità che si sta cercando di diffondere, non mi sentirei di considerarla del tutto infondata.
In Italia si è seguita una strategia più indiretta: “anticipare” le leggi con semplici provvedimenti burocratici (e quindi non soggetti a controllo democratico), confidando nella disattenzione del pubblico ponendo i cittadini di fronte al fatto compiuto. Ad esempio, all'inizio di quest'estate i moduli per l'iscrizione alle scuole di Milano erano stati alterati, sostituendo le parole “padre” e “madre” con le definizioni gelidamente burocratiche che ho citato prima. Solo la rivolta dei genitori, che hanno cancellato manualmente quegli obbrobri , ha indotto le scuole a ritirare quei moduli che non erano stati autorizzati da nessuno. Oppure l'introduzione nelle scuole, all'insaputa dei genitori – e degli stessi insegnanti non coinvolti nel progetto – di opuscoli di aperta propaganda omosessuale. Questo ve lo illustrerà a fondo la Signora Antonacci. Immaginate come deve sentirsi un insegnante di diritto che deve deve spiegare ai ragazzi che un atto amministrativo è una fonte secondaria, tenuta a seguire le indicazioni della legge, e poi constatare che nella realtà questo principio viene sistematicamente violato dalle stesse istituzioni! Ma sto ancora insegnando diritto ai miei alunni, o solo parole vuote?
In effetti, siamo in presenza di un deficit di democrazia su tutti i fronti. Il primo fronte è l'inconsistenza dei politici cattolici o semplicemente pro-famiglia all'interno delle istituzioni. I pochi coraggiosi vengono sconfessati e lasciati soli dai loro stessi partiti. Ricordiamo la fine che ha fatto la sottosegretaria Biancofiore, costretta alle dimissioni per essersi espressa contro il “matrimonio” omosessuale. Tutti cercano di adeguarsi al linguaggio “politicamente corretto”, e se per caso sgarrano di una linea scatta il linciaggio mediatico, che termina più o meno come i processi-farsa nella Corea del Nord o nella Cina di Mao: le pavide scuse della vittima, che comunque non viene risparmiata e resta marchiata per tutta la vita. Come nel caso del sig. Barilla contro il quale si è scatenata una campagna mondiale di odio e di menzogne, costretto a rimangiarsi tutte le sue convinzioni e a piegarsi in modo abbietto di fronte alle ingiunzioni della lobby gay.
Un altro strumento giuridico che distrugge la democrazia sono le sentenze. La legge 40 vieta la fecondazione artificiale? Niente paura, basta una sentenza per annullarla in un attimo! Un referendum votato a larghissima maggioranza rifiuta le nozze gay, come è avvenuto in California con la famosa “Proposition 8” (e la California è uno degli stati più “liberal” degli USA, badate bene!)? Anche qui è bastato un solo giudice per cancellare la volontà di milioni di persone. Come pure è stata annullata dai giudici la volontà popolare in ogni stato degli USA che ha cercato di definire il matrimonio come l'unione stabile tra uomo e donna. Una vera e propria guerra asimmetrica, ed è facile immaginare che dietro questo sistematico annullamento, che ci ha resi irrilevanti come cittadini, c'è una precisa strategia di marginalizzazione di ogni opinione dissenziente, così da spingerle sempre di più verso l'area dei comportamenti penalmente perseguibili.
Il terzo fronte è quello della repressione sempre più dura del dissenso. È notizia dell'altro ieri che in Spagna un vescovo cattolico, Mons. Juan Antonio Reig Pia, è stato assolto dal tribunale di Madrid dall'accusa -promossa dalle associazioni gay- di “violare i diritti umani” e di “mettere in pericolo la vita di molti omosessuali”. La sua colpa? Aver pronunciato queste testuali parole: «Tu sei un figlio di Dio. Sei stato creato ad immagine e somiglianza di Dio e sei stato creato come uomo e come donna. (...) Molte leggi hanno dimenticato questo, sono state recentemente approvate, andando a sminuire la sacralità della persona, la grandezza dell’amore, ed a dimenticare la differenza sessuale tra uomo e donna!». (…) «Non si rispetta la sacralità della vita umana perché si è dimenticato Dio e quello che
han detto i Profeti. La vita non è riconosciuta nella sua origine e nel suo termine, le normative chiamano “morte degna” l’eutanasia per anziani e per chi viva situazioni difficili. Allo stesso modo si vareranno leggi, che non approveranno, né rispetteranno la grandezza di quel che è l’uomo e la differenza sessuale a lui intrinseca rispetto a ciò che viene chiamato “transessualità”.
Ditemi un po' voi cosa c'è di criminale in queste parole! Ditemi un po' voi se in questo momento, in Spagna o in qualsiasi altro paese occidentale è più in pericolo la vita degli omosessuali o quella dei bambini che ancora devono nascere!
Infine, si vuole creare a tutti i costi un'atmosfera di panico e di allarme, perché con il pretesto dell'emergenza è più facile far passare leggi liberticide. Ricordate il caso del ragazzo romano che si suicidò perché “vittima del bullismo omofobico”? E ricordate l'incendio doloso al liceo Socrate di Roma “In prima linea contro le discriminazioni basate sulla differenza di genere”? Entrambe le notizie furono sparate in prima pagina con grande enfasi per convincerci che ci si trovava di fronte a a una “emergenza omofobia”. Ma “L'omofobia” non c'entrava in nessuno dei due casi: nel primo, il ragazzo si era ucciso perché depresso, e nel secondo i colpevoli erano quattro teppisti che si erano vendicati della loro bocciatura (il che fa capire quanto poco ormai la scuola riesca a educare o almeno a fermare i violenti). Naturalmente le smentite non furono certo pubblicate con lo stesso rilievo delle accuse. L'importante era aver creato l'atmosfera giusta.
Nel documentatissimo dossier Omofobia o eterofobia? pubblicato nel gennaio di quest'anno, l'Avv. Gianfranco Amato dimostra che in Italia una “emergenza omofobia” non esiste:
Nel giugno 2013, l'istituto demoscopico SWG pubblicava il sondaggio “Scenari di un'Italia che cambia”, dal quale emergeva, su un campione di 1.500 italiani, un'aperta ostilità (al punto di essere definiti “nemici”) nei confronti degli evasori fiscali per il 47%, delle mafie per il 46%, dei politici per il 32%, delle banche per il 31%, dei criminali per il 27%, dei poteri forti per il 19%, dei lobbisti per il 18%, per i fannulloni per il 19%, degli immigrati per il 12%, delle persone incivili per il 10%, dell'Unione Europea per il 5%, dei ricchi per il 3%, dei grandi imprenditori per il 2%, per i manager per il 2%, per i meridionali per l'1%, dei settentrionali per l'1%, per i piccoli imprenditori dello 0,3%. Nessuno si è espresso contro gli omosessuali o i transessuali, o li ha dichiarati “nemici”.
Tuttavia i nostri politici si stanno dimostrando totalmente impermeabili all'evidenza e al buon senso. La prova più inquietante è il cosiddetto disegno di legge Scalfarotto (dal nome del suo promotore, il deputato del PD Ivan Scalfarotto da sempre promotore dei “diritti” della lobby omosessuale). Questo disegno di legge, già approvato dalla Camera e in fase di imminente approvazione al Senato, dov'era stato temporaneamente fermato (ma ripartirà a settembre, come ha fatto sapere l'on. Giovanardi), prevede l'introduzione del reato di “omofobia” come specifica aggravante dei crimini commessi per motivi di odio razziale e religioso, una pena massima di 18 mesi di reclusione e un periodo di “rieducazione” obbligatoria presso una associazione LGBT. Da cattolico, attendo fiduciosamente un'analoga proposta di legge che preveda una rieducazione obbligatoria dei bestemmiatori presso Radio Maria...
Di fronte alle critiche che gli sono state mosse (non esiste una definizione scientificamente accettabile di “comportamento omofobico”, il disegno di legge contrasta sia l'articolo 21 della Costituzione sulla libertà di opinione, sia l'articolo 3 sull'uguaglianza di tutti di fronte alla legge), l'on. Scalfarotto si è difeso affermando che la legge “protegge espressamente il diritto di opinione”.
Effettivamente il testo licenziato dalla Camera e presentato al Senato è piuttosto annacquato rispetto a quello originalmente presentato dallo stesso Scalfarotto il 13 marzo 2013. Ma il merito non è certamente suo, perché nella stesura originale e nella sua relazione di accompagnamento non accennava minimamente a nessuna libertà di opinione. Al contrario alcune delle sue affermazioni erano decisamente pericolose. Ad esempio, il disegno di legge proponeva di sostituire all'espressione propaganda di idee discriminanti (di cui al decreto legge 26 aprile 1993 n.122) la mera diffusione. Chiunque può vedere che questo è un concetto interpretabile con larghissimo arbitrio: sotto questa mannaia l'omelia di un sacerdote, la citazione di un versetto biblico, il rifiuto di partecipare a una festa di matrimonio gay o la semplice espressione del proprio disagio di fronte a una coppia omoparentale sarebbero tutti da considerare “diffusione di idee discriminanti” e come tali da punire con la reclusione fino a un anno e sei mesi. Altrettanto dicasi per la sostituzione della parola finalità con la ben più vaga motivi, e istigazione (comportamento definito con molta precisione dal Codice Penale, ad esempio nell'art.414) con incitamento. Inoltre l'art. 5 del disegno di legge stabiliva che la circostanza aggravante dell'”omofobia” “è sempre considerata prevalente sulle ritenute circostanze attenuanti”. Come difesa della libertà di espressione non c'è male.
Infine, il diritto viene sempre più calpestato da una legislazione che definire spionistica, invasiva e tendenziosa è poco. L'avv. Amato ci mette in guardia ancora un volta sul progetto di “monitoraggio dell'omofobia” che dovrebbe avvenire, secondo l'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni (UNAR), coinvolgendo a livello locale
(…) le reti di prossimità quali ad esempio i centri regionali antidiscriminazione, i nodi provinciali, le antenne UNAR e le altre strutture messe in campo agli organismi del decentramento amministrativo (circoscrizioni, municipi eccetera) con l'obiettivo di intercettare e raggiungere in modo capillare le sacche di discriminazione omofoba presenti nel nostro paese.
Commenta l'Avv. Amato:
Poiché non è precisato, occorre chiedersi cosa siano le "antenne UNAR: uffici, sportelli, organismi di controllo, delatori sotto copertura, spie?
E c'è di peggio:
"... è stato attivato un indirizzo di posta elettronica dedicato (...) cui possono essere inviate, anche in forma anonima, segnalazioni di atti discriminatori".
Ma vi rendete conto delle conseguenze? Introdurre le denunce anonime significa, ad esempio, che se mi volessi sbarazzare di un rivale scomodo sul lavoro dovrei semplicemente inviare una email anonima e denunciarlo per “omofobia”. In Inghilterra, la valutazione dell'esistenza di una comportamento “omofobico” è rimessa... alla vittima, che così potrà aggravarlo o attenuarlo a piacimento. Provvedimenti come questi deteriorano la convivenza sociale, perché mettono la libertà, i diritti, il coraggio di esprimere le proprie idee in mano all'arbitrio di una minoranza e agli interessi di pochi. Mi sembra che mai gli esseri umani siano così distanti tra loro come in quest'epoca dove si parla tanto di “amore”!
Penso che possiamo fermarci qui, e mi scuso per non essere stato più esauriente o più chiaro.
Permettetemi di concludere citando un brano di Albert Camus che medita su un aforisma di Eràclito. Credo sia la migliore sintesi del tema di questo incontro, del costo che comporta staccarsi dalla nostra natura e inseguire il sogno folle che la realtà debba piegarsi al nostro arbitrio. Scriveva Eràclito: “Il Sole non oltrepasserà i suoi limiti, altrimenti le Erinni, custodi della giustizia, sapranno scoprirlo”.
E Camus commenta:
“Noi, che abbiamo scardinato l’universo e lo spirito, ridiamo di quella minaccia. Accendiamo in un cielo ebbro i Soli che vogliamo. Ma questo non toglie che i limiti esistano, e noi lo sappiamo. All’estremo delle nostre demenze, fantastichiamo di un equilibrio che ci siamo lasciati alle spalle e che ingenuamente crediamo di ritrovare in fondo ai nostri errori. […] La nostra ragione ha fatto il vuoto. Finalmente soli, portiamo a compimento il nostro dominio su un deserto.
(Albert Camus, L’Estate, 1948)
Grazie.
Giovanni Romano