giovedì 11 dicembre 2014

BBC's Sheer Hypocrisy About "Non-Muslims"

In a particularly disgusting display of politically correct cowardice, the BBC labeled the victims of the latest Boko Haram's attack in the north of Nigeria as "non-muslims" instead of "Christians".

It is deeply offensive for the victims to be defined in such a negative, nonexistent way, as they were something less than Muslims, people deprived of their faith, their identity, their faces.

Why such a reticence about telling the truth? The answer lies undoubtely in the ever increasing (and menacing) Muslim presence in the UK, which is gaining control of the media and of the BBC itself. Besides, the spread of secularism among the British themselves is to blame, what George Orwell described as the "frozen disgust" in hearing the word "God". Being Christian and believe in Christ has become unbecoming and embarrassing, something to be censored and silenced as much as possible.

Telling the truth, so it seems, might unleash a clash of civilizations which is brewing under the surface, however vehemently the media are trying to conceal it.

But cowardice has never averted a single conflict, quite the contrary. It emboldens the bullies and weakens the resistence against evil. Muslims all over the world will feel encouraged to attack and kill "non-Muslims" everywhere with a fair certainty of moral impunity, since their victims are deprived of the right to their religious identity, like being killed twice.

BBC's stance is not only coward but racist as well: perhaps unwittingly, the British media have repeated literally the segregation against non-Muslims along the motorway to Mecca (see picture). Is that segregation and slavery the fate awaiting us in Europe, with the complicity of BBC's political correctness?

Giovanni Romano

TRADUZIONE:

L'IPOCRISIA ASSOLUTA DELLA BBC SUI "NON-MUSULMANI"

In una dimostrazione particolarmente disgustosa di codardia politicamente corretta, la BBC ha definito le vittime dell'ultimo attacco di Boko Haram nel nord della Nigeria semplicemente come "non-musulmani" anziché "cristiani".

È profondamente offensivo per le vittime venire definite a partire da un negativo, come se non esistessero, come se fossero qualcosa di meno dei musulmani, persone private della loro fede, della loro identità, dei loro volti.

Perché una tale reticenza nel dire la verità? La risposta è da cercare indubbiamente nella presenza sempre crescente (e minacciosa) dei musulmani nel Regno Unito, che sta prendendo il controllo dei media e della stessa BBC. Inoltre, è da imputare la diffusione del secolarismo tra gli stessi inglesi, quello che George Orwell definì "il raggelato disgusto" a sentir nominare la parola "Dio". Essere cristiano e credere in Cristo è diventato inappropriato e imbarazzante, qualcosa da censurare e mettere a tacere il più possibile.

Dire la verità, a quanto pare, potrebbe scatenare uno scontro di civiltà che cova sotto la cenere, per quanto i media stiano cercando di nasconderlo con veemenza.

Ma la codardia non ha mai evitato nessun conflitto, piuttosto il contrario. Incoraggia i prepotenti e indebolisce la resistenza contro il male. I musulmani di tutto il mondo si sentiranno incoraggiati ad attaccare e uccidere dappertutto i "non-musulmani" con una dicreta certezza di impunità morale, dal momento che le loro vittime vengono private del diritto alla loro indentità religiosa, come essere uccisi due volte.


L'atteggiamento della BBC non è solo codardo ma anche razzista: forse inconsapevolmente, i media britannici hanno ripetuto alla lettera la segregazione contro i non-musulmani sull'autostrada che conduce alla Mecca (vedi foto). Questa segregazione e questa schiavitù sono forse il destino che ci attende in Europa, con la complicità della politicamente corretta BBC?

martedì 25 novembre 2014

"Libertà è partecipazione" (?)

A proposito della scarsissima affluenza alle urne per le elezioni regionali in Emilia-Romagna e in Calabria si sono sentiti commenti tra lo sbalordito, il preoccupato e l'indignato. Le due uniche voci contrarie sono state quelle di Renzi per il quale l'astensionismo è "un problema secondario" e quella di Cruciani, per il quale il problema non esiste, chi ha votato ha votato, gli assenti hanno sempre torto e peggio per loro.
Lascio al Presidente del Consiglio la superficialità interessata del suo commento, sulla quale ritornerò comunque alla fine, e mi soffermo un attimo sull'osservazione di Cruciani. Questi ha fatto notare che negli Stati Uniti o in Inghilterra la percentuale dei partecipanti a ogni votazione è simile o addirittura più bassa e nessuno si scandalizza, tutti accettano il risultato. La sua tesi mi ricorda quel che trovai in un ottimo libro ormai molti anni fa, Democrazia e definizioni, in cui Giovanni Sartori metteva a confronto quelle che lui chiamava la "buona" e la “cattiva” apatia. Quella "buona" è appunto caratteristica dei paesi anglosassoni: la bassa affluenza non è segno di sfiducia nelle istituzioni ma piuttosto il contrario: chi non va a votare è comunque certo che chiunque vada al potere non toccherà  le sue libertà fondamentali . La "cattiva" apatia, al contrario, è sintomo di rabbia, sfiducia, rassegnazione impotente oppure cinismo, perché nei confronti del potere si preferisce la via dell'accomodamento individuale, dell'intrallazzo e dell'accordo sottobanco piuttosto che il confronto aperto delle urne.
Non c'è dubbio su quale tipo di apatia abbia prevalso. In un paese che vive in un'atmosfera di conflitto permanente non esiste la "buona" apatia, checché ne dica Cruciani. E trovo anch'io che questo pesante assenteismo sia un sintomo molto preoccupante, anche se per fortuna il Movimento a 5 stelle non è riuscito ad approfittare dello scontento. Sono però lontanissimo dall'intendere la "partecipazione" come la intendono, ad esempio, il presidente Napolitano e la sinistra al governo: intrupparsi dietro il pensiero unico e sfilare disciplinatamente nelle ricorrenze comandate stile parata del Primo Maggio sulla Piazza Rossa o nella DDR. O peggio ancora esortare a leggere i libri (i loro libri, beninteso) e poi scagliarsi contro le Sentinelle in Piedi che i libri li leggono davvero.
Non serviranno certo i fervorini moralistici provenienti dai piani alti per far tornare la gente alle urne, e da questo punto di vista Renzi è stato più sincero (o più cinico) degli altri. Bisognerebbe piuttosto chiedersi chi ha disertato e perché.
Oltre a una quota consistente di disillusi della sinistra PD, ha disertato soprattutto l'elettorato "moderato". Ma che significa oggi "moderato"? Per la deriva etica che hanno preso FI ed Ncd, sembra che "moderato" sia colui che vuole le stesse cose della sinistra, solo a piccole dosi e in modica quantità. Ma non è tempo di moderatismo questo. Una subalternità culturale e politica così deprimente può soltanto alienare i consensi, e se non li regala alla sinistra li toglie certamente alla destra. Non è un caso che un partito come la Lega, che non ha paura di presentarsi con una identità forte e di rifiutare in toto il "progressismo", abbia conosciuto un'affermazione così clamorosa.
Renzi per il momento ostenta sicurezza, la sicurezza di chi non ha avuto bisogno del voto popolare per arrivare al potere. Per questo ha potuto permettersi l'infelice battuta sull'astensionismo come "problema secondario". Il suo atteggiamento è la chiave per capire il vero retroscena di queste elezioni. Siamo già al terzo governo non eletto e ci meravigliamo pure che la gente non partecipi?

Giovanni Romano

venerdì 21 novembre 2014

Operai romeni... e gli italiani latitano!

Ha destato stupore e polemiche la notizia secondo cui all'Alenia di Grottaglie (TA) sarebbero stati assunti cento operai romeni e nessun italiano. Si è detto i romeni hanno tolto il lavoro agli operai italiani perché si accontentano di molto meno, si è gridato alla discriminazione dei lavoratori della zona jonica ecc.

Non entro nel merito e non prendo posizione su questi punti. Mi limito solo a quello che posso osservare dal mio limitatissimo punto di vista. Lavorare in una fabbrica aeronautica richiede personale altamente qualificato a tutti i livelli, ed evidentemente gli operai romeni si sono dimostrati all'altezza. A questo punto, anziché inveire contro gli operai stranieri, sarebbe molto più giusto chiedersi che fine abbiano fatto le nostre scuole professionali (soprattutto qui al Sud). Perché nostri istituti industriali non sono stati in grado di sfornare un solo tecnico qualificato?

La risposta è a dir poco desolante: per l'assoluta mancanza di considerazione nella quale sono caduti gli istituti professionali, lo ripeto, soprattutto al Sud(1). Da un lato la superficializzazione della scuola media, dall'altro l'allungamento irresponsabile dell'obbligo e il proliferare di materie teoriche senza nesso alcuno con l'indirizzo scolastico scelto nei primi due anni li ha trasformati in scuole-discarica dove si mandano i meno riusciti, i più demotivati, i più indisciplinati e violenti tra gli alunni. I ragazzi e le ragazze volenterosi, che pure ci sono e vorrebbero imparare, o sono costantemente aggrediti e intimiditi o si adeguano all'andazzo. Insegnare e apprendere qualcosa, qualsiasi cosa, diventa una pia illusione. Tutte le energie dei docenti vengono dissipate nel tentativo quasi sempre vano di tenere un minimo di ordine e di impedire - spesso a loro rischio e pericolo - violenze gravi in classe.

Se qualcuno pensasse che esagero, guardi quel che è successo all'Istituto professionale "Santarella" di Bari dove la situazione non ha nulla da invidiare alla pericolosità delle scuole francesi nelle banlieues. È un orribile circolo vizioso: i ragazzi sono costretti a frequentare una scuola dalla quale non si aspettano nulla, dove devono apprendere materie per le quali non provano interesse, e meno che mai si aspettano che la scuola li prepari a trovare lavoro. La carenza di preparazione, o meglio l'impossibilità di dare una formazione purchessia, genera a sua volta disoccupazione, demotivazione, sfiducia, violenza anarcoide

E allora non meravigliamoci se poi non si trova nemmeno l'ombra di un operaio italiano o pugliese che sia in grado di andare a lavorare in uno stabilimento come l'Alenia! Divertitevi pure a scagliare le sedie e i banchi fuori dalla finestra, a sfondare le porte e rompere le serrature, fumare spinelli, a picchiarvi tra di voi, a prendere a botte gli insegnanti e a minacciare il preside, cari ragazzi! Che vi aspettate poi, che qualcuno vi dia pure un lavoro? Tanto troverete sempre qualcuno che vi scuserà, qualche sociologo o anima bella che darà la colpa alla società e non vi metterà mai di fronte alle vostre responsabilità, vi tratterà sempre da eterni bambini! Ed effettivamente la società ha delle colpe, perché parcheggia i giovani in un limbo adolescenziale infinito e costringe gli anziani a lavorare fino all'inverosimile.

I rimedi? Quelli che suggerisco non saranno mai e poi mai presi in considerazione da nessun governo, e sono il primo ad ammettere che si tratta di sogni a occhi aperti.


  1. Riduzione dell'obbligo scolastico alla scuola elementare-media, con una forte riforma di queste ultime, e contestuale revisione delle leggi sul lavoro minorile;
  2. Abolizione del valore legale del titolo di studio, così da eliminare una volta per tutte l'inutile corsa al "pezzo di carta";
  3. Numero chiuso ed esami di ammissione per le scuole professionali, specialmente gli istituti industriali, nautici, e tutti quelli a indirizzo pratico; 
  4. Grande rafforzamento disciplinare con ampia facoltà di espulsione e introduzione dell'"ergastolo scolastico" per comportamenti particolarmente violenti, minacciosi e distruttivi; 
  5. Eliminazione delle "classi-pollaio" di 28-30 alunni, specie dopo la recente fiumana di assunzioni in ruolo di migliaia di precari;
  6. Particolare cura e attenzione nella scelta e nella formazione dei docenti, con retribuzione eventualmente maggiorata per i docenti delle materie tecniche di indirizzo(2); 
  7. Possibilità per le scuole, con particolare riferimento a quelle professionali, di stipulare contratti di leasing per le attrezzature di laboratorio, in modo da poterle aggiornare rapidamente e con spesa minore rispetto all'onere di doverle acquistare di volta in volta; 
  8. Obbligo di aggiornamento per tutti i docenti e in particolare per quelli delle materie tecniche di indirizzo presso aziende e/o università, a spese della scuola o del Ministero.

Fino a quando la situazione resterà quella attuale - e non vedo all'orizzonte nessun cambiamento al di là delle magniloquenti dichiarazioni sulla "buona scuola" che in pratica si tradurranno in gran parte nell'aumento dei poteri dei soli dirigenti - non ci saranno molte speranze di vedere giovani operai italiani assunti né all'Alenia né forse in molte, troppe altre industrie. Nessuno osi prendersela coi rumeni dunque. Forse a casa loro la scuola e il lavoro vengono presi alquanto più sul serio.

Giovanni Romano   

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1. Mi dicono che al Centro-Nord la situazione sia migliore, ma per esperienza personale penso che sia comunque piuttosto difficile anche lì.
2. Ogni anno, ad esempio, è molto difficile reperire i docenti per l'indirizzo di tecnico audiovisivo perché i potenziali professori sono giovani, poco numerosi e hanno di fronte a sé molte alternative di lavoro piuttosto che andare a sprecarsi in classi difficili. È un problema che la scuola stessa si è creato con l'egualitarismo a tutti i costi.

venerdì 14 novembre 2014

Contro il pensiero unico c'è una sola strada: la verità

Mi permetto di riportare il magnifico articolo di Mario Adinolfi a commento dell'indegna, ossessiva campagna anticattolica e ormai anche anticristiana che imperversa su tutti i media, di cui gli insulti e le provocazioni su La7 sono solo l'ultima espressione. Di mio aggiungo solo questo: non è vero, come sosteneva forse troppo ingenuamente mons. Antonio Bello, che i cristiani sono odiati solo perché non sono coerenti. Senza nulla togliere al dovere della coerenza, i cristiani sono odiati perché esistono, perché il loro modo di vivere è in rotta di collisione con un mondo che fa un diritto di ogni voglia e istinto. Piegarsi al "politicamente corretto" non serve a niente, serve solo ad attirarsi un disprezzo ancora maggiore. 

Giovanni Romano

C'E' UNA SOLA STRADA
di Mario Adinolfi per La Croce


Guardavo le Femen a La7 bestemmiare Dio, insultare Papa Francesco e la Chiesa, con il plauso della giovane conduttrice che l'indegna gazzarra aveva voluto e organizzato, con un ospite disgustato che non reggeva e se ne andava dallo studio. Guardavo tutto quel caos, quella paccottiglia ideologica senza capo né coda con parole sconclusionate, inutili tette al vento e lancio ossessivo di anticoncezionali. Guardavo dopo aver visto su un altro canale lo show in assoluto più amato dai giovani, che piace anche a me per via della gara tra talenti musicali, che si era aperto con una canzone "contro l'omofobia degli estremisti cattolici" e si era snodato con continui quanto generici attacchi alla religione e al Vaticano.

Guardavo sgomento le Femen, Giulia Innocenzi, Fedez, Hozier, il rapper gayfriendly e tutti avevano un solo obiettivo: demolire la Chiesa, tra applausi obbligatori, senza dissenso possibile. Con la giovane conduttrice a ripetere quattro volte come un'ossessa davanti a qualche ragazzo dubbioso in studio: "Non capisco come un giovane italiano del 2014 possa essere contrario alle Femen". E io, che pure in Chiesa sono pecora nera, mi chiedevo: "Non è che è finita, non è che abbiamo già perso?".

Pensavo alle mazzate che ho preso per aver chiesto alla tv dei vescovi di non srotolare per favore il tappeto rosso davanti a Luxuria che già parla a reti unificate, pensavo a quelle istantanee che ho preso sui social per aver protestato con undici parole contro lo show delle Femen, pensavo all'autocensura che mi ero imposto quando ho saputo che l'arcidiocesi di Milano aveva "chiesto scusa" (chiesto scusa) per aver cercato di sapere a tutela delle famiglie in quali scuole si insegnassero ai bimbi dai quattro ai sei anni o appena più grandicelli le virtù del sesso anale e il fatto che maschio e femmina sono convenzioni sociali intercambiabili secondo la più bieca ideologia del gender, pensavo alla censura che avevo imposto io a un amico che aveva scritto un ottimo pezzo sulle sentenza della Cassazione che ha definito la pratica dell'utero in affitto "contraria alla dignità umana" e di conseguenza ha tolto un bambino ad una coppia che se l'era andato a comprare in Ucraina, non volevo che ti colpissero le stesse grandinate di insulti che colpiscono me, scusa Lorenzo Ciampoli.

Pensavo che abbiamo una grande responsabilità, grava personalmente su ciascuno di noi, dobbiamo decidere. Sono due le strade possibili: o pensiamo che la caotica paccottiglia ideologica a favore del matrimonio gay, dell'utero in affitto, delle teorie del gender sia ormai inarrestabile ed è inutile mettersi di traverso, dunque prepariamoci a vedere nel 2015 varate in Italia normative sul "matrimonio egualitario" e la "stepchild adoption", solo come primo assaggio di una devastazione antropologica che trasformerà le persone in cose, i bambini in oggetto di compravendita, gli uteri in oggetti di locazione, il diritto di un figlio ad aver una madre e un padre in un vago ricordo da sacrificare sull'altare della nuova idolatria del genitore 1 e 2; oppure pensiamo che contro questa folle, insensata deriva ci batteremo con tutte le forze e susciteremo un'opinione pubblica in grado di resistere e dire no a questa paccottiglia ideologica, senza remore e senza autocensure, senza complessi d'inferiorità o tentazioni d'ossequio al pensiero unico che sembra imperante e invece è violento perché è fragile.

Per quanto mi riguarda c'è una sola strada e non me ne frega niente se testimoniare la verità espone al massacro, magari anche a dover star sotto al fuoco amico. Sappiatelo, però: se vorrete percorrere quella strada, nella bisaccia dovete mettere tanto coraggo. Una delle più note soubrette italiane, solo per aver retwittato un video da me postato per informare con puntualità sull'eutanasia, è da giorni sotto la gragnuola di insulti della teppaglia Lgbt che con violenza si è organizzata in rete per mandare un messaggio chiaro e ridurre al silenzio chiunque osi mettere in discussione i loro dogmi: o ti uniformi al pensiero unico o da mattina a sera ti faremo sentire reietta. La soubrette, comunque, è strutturata e resiste.

C'è una sola strada e nel tempo degli strani inviti a Luxuria, delle arcidiocesi che chiedono scusa, di Repubblica che racconta che sulle unioni gay c'è l'ok dei massimi vertici ecclesiali e manco arriva una smentita, in questo tempo faticosissimo abbiamo capito che quella strada dovremo percorrerla "a spalle scoperte". Però grazie a questo piccolo quotidiano che non è neanche ancora uscito in edicola e ha già attorno tanto affetto, grazie al tour di Voglio la mamma in cui ho incontrato decine di migliaia di persone in teatri e palazzetti, grazie al coraggio che mettete battendovi come leoni anche sui social network, ho capito che le spalle ce le copriamo insieme.

C'è una sola strada, perché se stiamo zitti passano le leggi e passano subito. Poi non meravigliamoci, non scandalizziamoci, non lanciamo allarmi se leggiamo che in Germania i genitori che non mandano i bambini di quattro anni a lezione di sesso anale e ideologia del gender vengono arrestati e tradotti in carcere, che in Francia hanno arrestato padri di famiglia per la sola colpa di aver addosso la maglietta di Manif pour tous che riproduce i bambini con mamma e papà e dunque è omofoba, se in Gran Bretagna si viene arrestati per omofobia in base al principio per cui "sei omofobo se la vittima ritiene che sei omofobo". Non lamentiamoci perché sono dirette e logiche conseguenze delle norme emanate. Se la mobilitazione delle Sentinelle In Piedi, dei circoli VLM, di La Manif Pour Tous Italia, di Costanza Miriano, di Marco Scicchitano, di padre Maurizio Botta dei Cinque Passi (oggi alle 17 alla Chiesa Nuova alle 21 ripartono, non mancate), di tanto popolo coraggioso non ci fosse stata, oggi il ddl Scalfarotto sarebbe legge e quegli arresti con condanne fino a sei anni di carcere ci sarebbero anche in Italia. Certo che la mobilitazione costa, le Sentinelle sono state massacrate di botte in alcune piazze e hanno raccontato che erano "fautrici di violenza". Il primo prezzo da pagare è che ribalteranno la verità, diranno a Davide che è Golia. Siete disposti a lottare come Davide, anche con un po' d'astuzia e di baldanza contro la forza brutale del pensiero unico? Siete disposti a farlo senza avere neanche le spalle coperte? Per me non c'è alternativa. O questo o le norme che da questo pensiero unico violento e irrazionale saranno rapidamente partorite, contro i bambini, contro la vita, contro la famiglia. C'è una sola strada.

Guardavo le Femen insultare la Chiesa e Papa Francesco e pensavo. Pensavo anch'io: l'irrazionale è ineluttabile, ciò che è senza senso e dunque ingiusto sta prevalendo. Era mezzanotte, quasi m'addormentavo addolorato. Meno male che è arrivato Gilbert Keith Chesterton a svegliarmi: "La cosa più saggia è gridare prima del danno. Gridare dopo che il danno è avvenuto non serve a nulla, specie se il danno è una ferita mortale". C'è una sola strada. Non subiremo, non sussurreremo.

sabato 11 ottobre 2014

Senzatomica? O senza riflettere?

Stamattina ho dovuto accompagnare una delle mie classi a un incontro promosso dall'organizzazione Senzatomica per sensibilizzare gli studenti sul tema delle armi atomiche e la necessità di un disarmo nucleare.

Molti degli argomenti toccati erano effettivamente importanti: la caduta della contrapposizione Est-Ovest (risorta tuttavia di recente su base nazionale e non più ideologica con la crisi ucraina) ha paradossalmente favorito il proliferare di armi atomiche nelle mani di stati non controllati dalle grandi potenze come il Pakistan e l'India, per non parlare della Corea del Nord e dell'Iran, e soprattutto il pericolo che materiale fissile vada a finire nelle mani di terroristi, creano uno scenario che definire altamente preoccupante è poco.

Opportuno anche il richiamo alla responsabilità personale di ciascuno di noi, perché la pace o la guerra cominciano dai nostri rapporti quotidiani. Eppure qualcosa di questo fervorino bene intenzionato non mi ha convinto.

Nel video di presentazione, ad esempio, si afferma che con il solo 4% delle spese militari attualmente impegnate nel mondo (1.464 mld $ annui) si potrebbe risolvere il problema della fame, della malnutrizione e dell'istruzione di tutti i bambini poveri del mondo. Peccato che il filmato non abbia fatto notare che proprio quell'ONU che sostiene la campagna di Senzatomica spende a sua volta miliardi di dollari per finanziare massicce campagne di aborto, contraccezione  e sterilizzazione negli stessi paesi poveri che si pretende di salvare. Col risultato che sono stati uccisi molti milioni di bambini innocenti, finora molti di più di quanto abbia provocato qualsiasi esplosione atomica. Di questa guerra ai poveri nel filmato non compare la minima traccia.

C'è stato anche un forte richiamo alla mobilitazione della gente comune, ma da quello che ho potuto vedere il movimento Senzatomica è un movimento di èlite, composto da politici, scienziati e tecnocrati, ai quali la mobilitazione della gente comune serve solo come massa di manovra. Scontati poi i soliti richiami ai cambiamenti climatici (sui quali l'influenza dell'uomo è ancora tutta da dimostrare, già Leopardi ne parlava nello Zibaldone) con l'unico risultato di creare un'atmosfera di panico e allarme permanente in cui è più facile far passare leggi duramente repressive e affidare il potere a una minoranza di "illuminati".

Di questi predicozzi, lo confesso, sento sempre meno il bisogno.

Giovanni Romano

mercoledì 8 ottobre 2014

La colonna di fuoco e la fiaccola di Padre Spadaro

Desta quanto meno perplessità l'immagine della “fiaccola” usata da Padre Antonio Spadaro nel suo intervento al Meeting di Rimini e citata da Don Julian Carrón nella Giornata di Inizio D'Anno di Comunione e Liberazione il 27 settembre scorso. Ecco quanto Padre Spadaro ha dichiarato testualmente:

«La fiaccola [...] cammina lì dove sono gli uomini, illumina quella porzione di umanità nella quale si trova. Se l’umanità va verso il baratro, la fiaccola va verso il baratro [non perché voglia spingere verso di esso], cioè accompagna gli uomini nei loro processi. Ovviamente, in questo modo magari riesce a strapparli al baratro, facendoglielo vedere. Se tu non sei in cammino con gli uomini, se stai fermo e dici: “La luce è qui, noi siamo la salvezza, venite e chi non vuol venire si ammazzi pure”, ecco, questa immagine di Chiesa non è “l’ospedale da campo” di cui parla Francesco. Bisogna accompagnare i processi culturali e sociali, per quanto ambigui, difficili e complessi possano essere» (A. Spadaro in Le periferie dell’umano, a cura di E. Belloni e A. Savorana, in corso di pubblicazione con la Bur).

L'immagine suggerisce un superficiale accostamento con la colonna di fuoco che guidò il popolo d'Israele che usciva dalla schiavitù in Egitto, ma la differenza è radicale. La colonna di fuoco dell'Esodo guidava gli Ebrei, non si limitava certo ad accompagnarli! Fuor di metafora, una cosa è un popolo disposto a fidarsi di Dio e lasciarsi guidare da Lui (trovando così la strada della propria libertà) e tutt'altro una Chiesa che “accompagna”, o meglio rincorre un mondo “diventato adulto” che ha comunque deciso di andare per la propria strada.

Una Chiesa che, nonostante tutti i discorsi sull'”uscire” e sulle “periferie esistenziali” ha di fatto rinunciato a indicare la strada, forse perché essa stessa ha smarrito la fede e l'ha sostituita con una filantropia generica e buonista, come già aveva rilevato il Cardinale Ratzinger in Rapporto sulla Fede.

Per questo l'immagine usata da Padre Spadaro mi sembra gravemente ambigua e fuorviante, specialmente nel momento attuale in cui il Sinodo sulla famiglia rischia di partorire esiti che si possono soltanto definire angosciosi.


Giovanni Romano

mercoledì 24 settembre 2014

"Above & Beyond the Call of Duty"...

Negli Stati Uniti, la Congressional Medal of Honor (l'equivalente della nostra medaglia d'oro al valor militare o civile) viene conferita per atti "Above & Beyond the Call of Duty": "Al di sopra e oltre della consegna del dovere".

Da molto tempo mi veniva in mente questa definizione a proposito del sacrificio di Salvo D'Acquisto di cui ieri ricorreva il 71° anniversario. Il suo sacrificio volontario andava ben "al di sopra e oltre della consegna del dovere". E tuttavia non mancò chi attaccò la Chiesa dalle colonne del laicissimo quotidiano "La Nazione" per avere iniziato la sua causa di beatificazione, sostenendo che il gesto del brigadiere rientrava, appunto, nei suoi normali doveri. Una nterpretazione alquanto stiracchiata e capziosa (per non dir altro) di Luca 17, 7-10.

Io non so se sia possibile trovare un esempio più eclatante di meschinità. Nessun soldato è un robot, nemmeno i kamikaze che andavano a sacrificarsi contro le navi americane. A nessuno, nemmeno ai carabinieri, è chiesto di sacrificare la vita come se niente fosse. Il gesto di Salvo d'Acquisto fu doppiamente eroico perché era rimasto al suo posto quando l'intero esercito italiano si era dissolto e perché decise liberamente e autonomamente di sacrificare la propria vita al posto di ostaggi innocenti.

Ma cosa c'è in realtà dietro gli attacchi a D'Acquisto? Non a caso ho citato "La Nazione" (oggi confluita nel "Quotidiano Nazionale", se ben ricordo), un giornale tutto imbevuto di laicismo. Per la cultura laica l'uomo non ha valore di per sé, è semplicemente una rotella spendibile dell'ingranaggio dello stato. Non esistono la generosità e l'eroismo, è già tutto compreso nel mansionario. Un sistema sociale che funziona così perfettamente da rendere inutile la bontà, direbbe T.S. Eliot. È chiaro che in questo sistema non si può concepire un gesto così libero come quello di D'Acquisto.

C'è inoltre un'altra ragione psicologicamente più profonda. Il tono malmostoso della lettera contro Salvo D'Acquisto fa pensare a una persona scontenta della vita, forse invidiosa della fama altrui sia pure ottenuta a un prezzo così atroce. Un uomo per cui la vita è un continuo grigiore, per cui nulla può mai realmente accadere. Ma temo che siano proprio questi ipocondriaci che ce l'hanno in permanenza con la vita siano i primi a lamentarsi terrorizzati e a rimpiangere troppo tardi le occasioni perdute quando arriva anche per loro il redde rationem. Le persone che amano realmente la vita, come D'Acquisto, possono realmente arrivare al sacrificio perché forse sanno che tutto ha un senso e un compimento, sanno di aver impiegato bene il loro tempo, e possono guardare in faccia il loro destino sapendo che si lega al destino del mondo.

Per questo oggi dedico il mio sommesso omaggio alla figura gigantesca di Salvo D'Acquisto, brigadiere dei Carabinieri e martire cristiano.

Giovanni Romano

martedì 16 settembre 2014

Alcune osservazioni sulla riforma della scuola

Nonostante il mio lavoro, sulla riforma della scuola ammetto di essere un dilettante e di non sapere niente di più di quel che dicono gli organi di informazione. Tuttavia, grazie a un corso di autoformazione tenuto da un collega particolarmente bravo, competente e pacato, mi si sono chiarite (diciamo così) alcune idee. Questo mi ha stimolato alcune riflessioni che espongo di seguito senza nessuna pretesa di completezza o di precisione. Eventuali osservazioni saranno benvenute.

  • Il metodo plebiscitario della consultazione diretta genitori-alunni-insegnanti mi sembra più demagogico che altro, perché scavalca deliberatamente i sindacati (a parte gli inevitabili colli di bottiglia della partecipazione perché Internet taglia fuori tutti quelli che non possono adoperarla). Per quanti difetti possano avere i sindacati, sono pur sempre delle "formazioni sociali" che secondo l'articolo 2 cost. dovrebbero poter fare argine allo strapotere dello stato. Gli insegnanti sono l'unica categoria che più aumenta di numero più diminuisce di forza contrattuale, perché il numero rende tutti sostituibili e spendibili;
  • Si prevede di assumere docenti a tonnellate (il che pulviscolarizza ancora di più la categoria) ma non si affronta in alcun modo il problema delle classi-pollaio. Anziché scagliarsi quasi istericamente contro le supplenze, sarebbe forse stato meglio impiegare il nuovo personale per creare classi più piccole e gestibili;
  • Per quanto riguarda la modernizzazione delle attrezzature, si ricorre ancora al metodo superatissimo dell'acquisto anziché del leasing, ingrassando i fornitori e condannando i laboratori delle scuole professionali a una rapida obsolescenza;
  • Non è chiaro il sistema della valutazione degli insegnanti (a parte l'aver ulteriormente ampliato i poteri dei dirigenti), quali criteri si seguiranno, se ci sono garanzie di indipendenza e imparzialità di giudizio. Inoltre l'assurda regola dei 2/3 rischia di creare gravi discriminazioni legate al merito e di deprimere gli istituti “di punta”;
  • Si parla della possibilità per gli insegnanti di fare ricerca, ma questo non li mette in contatto con l'Università, e resta da chiarire quanto tempo abbiano per studiare, viaggiare e fare ricerca dei travets che si trovano ad avere di fatto l'orario di lavoro molto aumentato (la “banca oraria”, il che significa trattare gli insegnanti da ladri e fannulloni a prescindere, per non parlare del diluvio di corsi di aggiornamento obbligatori che si annuncia);
  • La formazione dovrebbe essere “tra pari”. Questo è positivo perché l'esperienza di un insegnante è radicalmente diversa da quella di un docente universitario, ma di fatto isola i due mondi e fa dell'università un mondo ancor più autoreferenziale;
  • Molto positiva la reintroduzione di una materia come Storia dell'Arte, dissennatamente cancellata dai curricola di scuole come gli Istituti per la Moda. Un miglioramento che apprezzo senza riserve. Voto parzialmente positivo all'introduzione dell'economia in tutte le scuole. Vorrei sapere anche che fine ha fatto Geografia;
  • Dulcis in fundo, il governo non dice come e dove reperire le risorse per un progetto tanto ambizioso... forse dall'aumento dell'IVA sui generi di prima necessità?
Giovanni Romano

sabato 13 settembre 2014

Il sacrario di Redipuglia e una chiesetta in Val Badia


Il drammatico, potente discorso di Papa Francesco oggi al sacrario militare di Redipuglia mi ha fatto tornare alla memoria un episodio di molti anni fa, quando sono stato in vacanza a Corvara in Val Badia.

Durante una passeggiata, mi ero imbattuto in una chiesetta e ci ero entrato per visitarla. Quando sono uscito mi sono accorto che, secondo un'usanza più umana di quella napoleonica, i morti erano stati ancora seppelliti nel giardino intorno alla chiesa. Incuriosito, mi avvicinai e quello che vidi mi diede una forte emozione.

Per la maggior parte erano tombe di giovani soldati austriaci caduti in combattimento contro gli italiani nella prima guerra mondiale, quando la Val Badia faceva ancora parte dell'Impero Austro-Ungarico. Vidi dei volti esattamente simili a quelli dei giovani italiani caduti dall'altra parte delle trincee, giovani forti che sarebbero potuti diventare padri di famiglia, lavoratori, medici, professori, sacerdoti. Solo le divise erano diverse, ma l'espressione degli occhi -quella fiducia e al tempo stesso quella timidezza indefinibile che si accompagna alla gioventù- era la stessa.

Mi sentii profondamente addolorato perché mi venne da pensare che li avevamo uccisi noi, gli italiani. E non avevamo scuse, eravamo stati noi a dichiarargli guerra. Quei giovani erano partiti dalle loro valli per non tornare più. Li avevamo uccisi noi. Provai quasi un senso di colpa a stare lì, e me ne andai più consapevole del male che due popoli possono infliggersi a vicenda con la guerra.

Paragonai quella visita a un viaggio fatto qualche anno prima a Trieste dove ebbi l'occasione di visitare il sacrario militare di Redipuglia. Un'imponenza sconfinata che scoraggia il raccoglimento, ma gli architetti avevano in un certo senso "espropriato" la morte, l'avevano glorificata, avevano trasformato un cimitero in un'adunata bellicosa dove i caduti, loro malgrado, venivano quasi incitati a fomentare nuove guerre. Tutto il contrario di quella chiesetta dove i giovani erano potuti almeno tornare a casa, vicini a chi gli aveva voluto bene.

Con questo non voglio assolutamente sminuire il valore di Redipuglia, solo suggerire un modo diverso di visitarlo e di meditare. Forse ci farebbe bene visitare i cimiteri militari "dell'altra parte", e farebbe bene agli altri visitare i nostri. Emergerebbe la tragica domanda di Dio a Caino: "Cosa hai fatto di tuo fratello?".

Il Papa ha richiamato il mondo intero alla sua responsabilità proprio nel momento in cui incombe la minaccia di altre guerre, di un'altra inutile strage (la Chiesa fu l'unica che levò la sua voce nel pieno del massacro, e fu attaccata e derisa per questo). Dio voglia che questa voce oggi sia più ascoltata di allora, Dio voglia che il coraggio e la fermezza di Papa Francesco tocchino il cuore di chi sta già freddamente pianificando un altro massacro.

Giovanni Romano

venerdì 12 settembre 2014

Non ci era arrivato nemmeno George Orwell...

George Orwell non fu mai tenero verso la Chiesa cattolica e il cristianesimo in generale. Da un capo all'altro della sua opera si susseguono polemiche, attacchi, sarcasmi e frecciate. I suoi riconoscimenti di un ruolo positivo del cristianesimo nella storia sono estremamente rari. 

Indagare sui motivi della sua polemica antireligiosa e sul modo in cui essa finì per sviare e sminuire la portata della sua lotta al totalitarismo è argomento che supera di gran lunga le possibilità di un blog. Qui mi limiterò a una sua osservazione che ha direttamente a che vedere con quello che sta avvenendo all'interno della Chiesa cattolica oggi.

In uno dei suoi saggi più imporanti, Literature and Totalitarianism, Orwell rende un omaggio impensato alla coerenza della Chiesa cattolica:

“Ci sono parecchie importanti differenze tra il totalitarismo e tutte le ortodossie del passato, sia in Europa che in Oriente. La più importante è che le ortodossie del passato non cambiavano, o almeno non cambiavano rapidamente. Nell'Europa medievale la Chiesa vi imponeva cosa dovevate credere, ma almeno vi permetteva di mantenere le medesime convinzioni dalla nascita alla morte. Non vi diceva di credere a una cosa il lunedì e a un'altra il martedì. E lo stesso oggi vale più o meno per ogni ortodosso cristiano, indù, buddista o musulmano. In un certo senso i suoi pensieri sono circoscritti, ma egli passa la vita intera all'interno della medesima struttura di pensiero. Le sue emozioni non vengono manipolate.” [Il neretto è mio, N.d.T.] (1)

È chiaro che, scrivendo queste parole, Orwell aveva in mente il voltafaccia dell'URSS che si era alleata con la Germania Nazista mediante il patto Molotov-Ribbentrop, e le disinvolte, ciniche capriole della propaganda comunista per giustificare quella manovra. Nondimeno la sua osservazione va oltre il motivo occasionale che l'ha generata. Poteva odiare la Chiesa ma almeno la rispettava perché non aveva mai cambiato bandiera e dottrina, né cercato di mistificare il passato a differenza dei totalitarismi atei del XX° secolo.

Nemmeno lui, però, avrebbe forse potuto immaginare che anche la Chiesa, o quantomeno qualcuno dei suoi esponenti più importanti, si sarebbe esibita in piroette e capriole ancora più disinvolte, e su delicatissime questioni etiche. È quanto ha fatto il Cardinale Dolan a New York per la festa di San Patrizio, e peggio ancora per l'esclusione dei pro-life dalla medesima parata nel momento stesso in cui, per la prima volta, sono state ammesse ufficialmente le associazioni gay.

Probabilmente alla sua avversione si sarebbe aggiunto anche un non infondato disprezzo.

Giovanni Romano

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1. The Collected Letters, Journalism and Letters of George Orwell, Vol. II, Harmondsworth 1984, p.163.

giovedì 11 settembre 2014

È informazione questa?

"Tutto ciò che esiste 'non esplicitamente'
è come se non esistesse"
(Ryszard Kapuscinski)



La foto di sinistra si riferisce a una manifestazione pro-gay tenuta a Olbia il 18 maggio scorso.

Quella a destra si riferisce all'incontro sul libro "Voglio la Mamma" del giornalista e deputato Mario Adinolfi, tenutosi a Modena un paio di giorni fa.

Secondo voi, su quale dei due incontri si è dilungata la stampa, e su quale ha completamente taciuto?

Un aiutino: andate a leggere questo link...

E poi chiedetevi se viviamo ancora in un paese libero.

Giovanni Romano

mercoledì 10 settembre 2014

Conferenza sul gender - 22 agosto 2014

Pubblico qui il testo della conferenza che ho tenuto a Castellaneta Marina (TA) il 22 agosto scorso. È stato per me un grande onore introdurre la corposa, documentatissima relazione del professor Boscia. La sig.ra Antonacci purtroppo è stata trattenuta da impegni non rinviabili.


La nostra conversazione inizia da una contrapposizione presente già nel titolo di questa conferenza: "Famiglia – Famiglie". Questo plurale, introdotto di recente, indica un arricchimento o piuttosto un'ambiguità, una forzatura, un voler trattare come equivalenti delle forme di convivenza che equivalenti non sono affatto?

Possiamo trovare una traccia per rispondere a questa domanda già nella seconda parte del titolo: si cerca di inculcare l'idea che essere maschio o femmina non sia un dato di "natura" ma una costruzione "culturale" imposta dalla società. (Ecco perché vi invito a non cadere in un'altra trappola: usate il termine "famiglia naturale" anziché "famiglia tradizionale").

Non credo di dovermi attardare molto a descrivere una situazione che ormai probabilmente già conoscete. Siamo diventati familiari con parole come "omofobia", “transfobia”, "gay pride", "unioni civili", "nuovi diritti", “fecondazione eterologa” e via dicendo.

Ma cosa c'è dietro queste parole che ci vengono martellate quasi quotidianamente dai media? Abbiamo davvero più diritti per tutti? Viviamo davvero in una società più aperta, più tollerante, più democratica, più genuinamente aperta all'altro, o stiamo piuttosto  assistendo al suo contrario, a una sistematica campagna di falsificazione, di intimidazione, di soffocamento di ogni voce non dico di critica ma di semplice perplessità, di minacce e discriminazioni verso chi la pensa diversamente, soprattutto contro i cristiani che vogliono vivere coerentemente la propria fede? Il cristianesimo è soltanto un'anticaglia superata, una sopravvivenza di superstizioni medievali, un ammasso di proibizioni sessuofobe che discriminano e opprimono i “diversi”? A voler essere caritatevoli, è una dottrina umanitaria bene intenzionata ma superata che avrebbe urgente bisogno di un “aggiornamento”? Oppure può indicare ancora oggi, così come è sempre stato e così com'è, la strada per una “vita buona” a livello individuale, familiare e sociale, e viene osteggiato perché ricorda verità scomode a una mentalità che non tollera più limiti, giudizi o critiche?

Sono domande che non possono essere trattate esaurientemente in questa sede, e alla quali, del resto, il magistero della Chiesa ha sempre risposto, specialmente a partire da San Giovanni Paolo II. Io mi limiterò a trattare la questione dal punto di vista giuridico. È soprattutto sul piano giuridico, infatti, che si può comprendere a fondo la trappola della contrapposizione natura/cultura, cosa ci aspetta e cosa si sta cercando davvero di realizzare.

Attraverso le leggi, si sta cercando di scardinare il dato di natura. Come ho detto prima, si pretende che non si nasca più maschi o femmine, ma che si possa diventarlo, o diventare qualsiasi altra cosa uno voglia. Questo è evidente già nella manipolazione del linguaggio giuridico, che punta all'alterazione del linguaggio comune, perché noi pensiamo, ci raffiguriamo, viviamo il mondo attraverso il linguaggio. In tutti i paesi che hanno introdotto il “matrimonio” omosessuale, sono state eliminate dai documenti dell'anagrafe e dalle leggi le parole “padre” e “madre”, sostituite da “genitore 1” e “genitore 2”. La parola “genere” sta gradualmente soppiantando il termine “sesso” tanto che in Australia un uomo è riuscito a ottenere che sulla sua carta d'identità non comparisse l'appartenenza all'uno o all'altro sesso. Negli USA si sta andando anche oltre: l'amministrazione Obama starebbe seriamente valutando se considerare “hate crime” (istigazione all'odio) l'uso dei termini “padre” e “madre”. È una notizia che proviene da una fonte poco attendibile, ma data la mentalità che si sta cercando di diffondere, non mi sentirei di considerarla del tutto infondata.

In Italia si è seguita una strategia più indiretta: “anticipare” le leggi con semplici provvedimenti burocratici (e quindi non soggetti a controllo democratico), confidando nella disattenzione del pubblico ponendo i cittadini di fronte al fatto compiuto. Ad esempio, all'inizio di quest'estate i moduli per l'iscrizione alle scuole di Milano erano stati alterati, sostituendo le parole “padre” e “madre” con le definizioni gelidamente burocratiche che ho citato prima. Solo la rivolta dei genitori, che hanno cancellato manualmente quegli obbrobri , ha indotto le scuole a ritirare quei moduli che non erano stati autorizzati da nessuno. Oppure l'introduzione nelle scuole, all'insaputa dei genitori – e degli stessi insegnanti non coinvolti nel progetto – di opuscoli di aperta propaganda omosessuale. Questo ve lo illustrerà a fondo la Signora Antonacci. Immaginate come deve sentirsi un insegnante di diritto che deve deve spiegare ai ragazzi che un atto amministrativo è una fonte secondaria, tenuta a seguire le indicazioni della legge, e poi constatare che nella realtà questo principio viene sistematicamente violato dalle stesse istituzioni! Ma sto ancora insegnando diritto ai miei alunni, o solo parole vuote?

In effetti, siamo in presenza di un deficit di democrazia su tutti i fronti. Il primo fronte è l'inconsistenza dei politici cattolici o semplicemente pro-famiglia all'interno delle istituzioni. I pochi coraggiosi vengono sconfessati e lasciati soli dai loro stessi partiti. Ricordiamo la fine che ha fatto la sottosegretaria Biancofiore, costretta alle dimissioni per essersi espressa contro il “matrimonio” omosessuale. Tutti cercano di adeguarsi al linguaggio “politicamente corretto”, e se per caso sgarrano di una linea scatta il linciaggio mediatico, che termina più o meno come i processi-farsa nella Corea del Nord o nella Cina di Mao: le pavide scuse della vittima, che comunque non viene risparmiata e resta marchiata per tutta la vita. Come nel caso del sig. Barilla contro il quale si è scatenata una campagna mondiale di odio e di menzogne, costretto a rimangiarsi tutte le sue convinzioni e a piegarsi in modo abbietto di fronte alle ingiunzioni della lobby gay.

Un altro strumento giuridico che distrugge la democrazia sono le sentenze. La legge 40 vieta la fecondazione artificiale? Niente paura, basta una sentenza per annullarla in un attimo! Un referendum votato a larghissima maggioranza rifiuta le nozze gay, come è avvenuto in California con la famosa “Proposition 8” (e la California è uno degli stati più “liberal” degli USA, badate bene!)? Anche qui è bastato un solo giudice per cancellare la volontà di milioni di persone. Come pure è stata annullata dai giudici la volontà popolare in ogni stato degli USA che ha cercato di definire il matrimonio come l'unione stabile tra uomo e donna. Una vera e propria guerra asimmetrica, ed è facile immaginare che dietro questo sistematico annullamento, che ci ha resi irrilevanti come cittadini, c'è una precisa strategia di marginalizzazione di ogni opinione dissenziente, così da spingerle sempre di più verso l'area dei comportamenti penalmente perseguibili.

Il terzo fronte è quello della repressione sempre più dura del dissenso. È notizia dell'altro ieri che in Spagna un vescovo cattolico, Mons. Juan Antonio Reig Pia, è stato assolto dal tribunale di Madrid dall'accusa -promossa dalle associazioni gay- di “violare i diritti umani” e di “mettere in pericolo la vita di molti omosessuali”. La sua colpa? Aver pronunciato queste testuali parole: «Tu sei un figlio di Dio. Sei stato creato ad immagine e somiglianza di Dio e sei stato creato come uomo e come donna. (...) Molte leggi hanno dimenticato questo, sono state recentemente approvate, andando a sminuire la sacralità della persona, la grandezza dell’amore, ed a dimenticare la differenza sessuale tra uomo e donna!». (…) «Non si rispetta la sacralità della vita umana perché si è dimenticato Dio e quello che 
han detto i Profeti. La vita non è riconosciuta nella sua origine e nel suo termine, le normative chiamano “morte degna” l’eutanasia per anziani e per chi viva situazioni difficili. Allo stesso modo si vareranno leggi, che non approveranno, né rispetteranno la grandezza di quel che è l’uomo e la differenza sessuale a lui intrinseca rispetto a ciò che viene chiamato “transessualità”.

Ditemi un po' voi cosa c'è di criminale in queste parole! Ditemi un po' voi se in questo momento, in Spagna o in qualsiasi altro paese occidentale è più in pericolo la vita degli omosessuali o quella dei bambini che ancora devono nascere!

Infine, si vuole creare a tutti i costi un'atmosfera di panico e di allarme, perché con il pretesto dell'emergenza è più facile far passare leggi liberticide. Ricordate il caso del ragazzo romano che si suicidò perché “vittima del bullismo omofobico”? E ricordate l'incendio doloso al liceo Socrate di Roma “In prima linea contro le discriminazioni basate sulla differenza di genere”? Entrambe le notizie furono sparate in prima pagina con grande enfasi per convincerci che ci si trovava di fronte a a una “emergenza omofobia”. Ma “L'omofobia” non c'entrava in nessuno dei due casi: nel primo, il ragazzo si era ucciso perché depresso, e nel secondo i colpevoli erano quattro teppisti che si erano vendicati della loro bocciatura (il che fa capire quanto poco ormai la scuola riesca a educare o almeno a fermare i violenti). Naturalmente le smentite non furono certo pubblicate con lo stesso rilievo delle accuse. L'importante era aver creato l'atmosfera giusta.

Nel documentatissimo dossier Omofobia o eterofobia? pubblicato nel gennaio di quest'anno, l'Avv. Gianfranco Amato dimostra che in Italia una “emergenza omofobia” non esiste:

Nel giugno 2013, l'istituto demoscopico SWG pubblicava il sondaggio “Scenari di un'Italia che cambia”, dal quale emergeva, su un campione di 1.500 italiani, un'aperta ostilità (al punto di essere definiti “nemici”) nei confronti degli evasori fiscali per il 47%, delle mafie per il 46%, dei politici per il 32%, delle banche per il 31%, dei criminali per il 27%, dei poteri forti per il 19%, dei lobbisti per il 18%, per i fannulloni per il 19%, degli immigrati per il 12%, delle persone incivili per il 10%, dell'Unione Europea per il 5%, dei ricchi per il 3%, dei grandi imprenditori per il 2%, per i manager per il 2%, per i meridionali per l'1%, dei settentrionali per l'1%, per i piccoli imprenditori dello 0,3%. Nessuno si è espresso contro gli omosessuali o i transessuali, o li ha dichiarati “nemici”.

Tuttavia i nostri politici si stanno dimostrando totalmente impermeabili all'evidenza e al buon senso. La prova più inquietante è il cosiddetto disegno di legge Scalfarotto (dal nome del suo promotore, il deputato del PD Ivan Scalfarotto da sempre promotore dei “diritti” della lobby omosessuale). Questo disegno di legge, già approvato dalla Camera e in fase di imminente approvazione al Senato, dov'era stato temporaneamente fermato (ma ripartirà a settembre, come ha fatto sapere l'on. Giovanardi), prevede l'introduzione del reato di “omofobia” come specifica aggravante dei crimini commessi per motivi di odio razziale e religioso, una pena massima di 18 mesi di reclusione e un periodo di “rieducazione” obbligatoria presso una associazione LGBT. Da cattolico, attendo fiduciosamente un'analoga proposta di legge che preveda una rieducazione obbligatoria dei bestemmiatori presso Radio Maria...

Di fronte alle critiche che gli sono state mosse (non esiste una definizione scientificamente accettabile di “comportamento omofobico”, il disegno di legge contrasta sia l'articolo 21 della Costituzione sulla libertà di opinione, sia l'articolo 3 sull'uguaglianza di tutti di fronte alla legge), l'on. Scalfarotto si è difeso affermando che la legge “protegge espressamente il diritto di opinione”. 

Effettivamente il testo licenziato dalla Camera e presentato al Senato è piuttosto annacquato rispetto a quello originalmente presentato dallo stesso Scalfarotto il 13 marzo 2013. Ma il merito non è certamente suo, perché nella stesura originale e nella sua relazione di accompagnamento non accennava minimamente a nessuna libertà di opinione. Al contrario alcune delle sue affermazioni erano decisamente pericolose. Ad esempio, il disegno di legge proponeva di sostituire all'espressione propaganda di idee discriminanti (di cui al decreto legge 26 aprile 1993 n.122) la mera diffusione. Chiunque può vedere che questo è un concetto interpretabile con larghissimo arbitrio: sotto questa mannaia l'omelia di un sacerdote, la citazione di un versetto biblico, il rifiuto di partecipare a una festa di matrimonio gay o la semplice espressione del proprio disagio di fronte a una coppia omoparentale sarebbero tutti da considerare “diffusione di idee discriminanti” e come tali da punire con la reclusione fino a un anno e sei mesi. Altrettanto dicasi per la sostituzione della parola finalità con la ben più vaga motivi, e istigazione (comportamento definito con molta precisione dal Codice Penale, ad esempio nell'art.414) con incitamento. Inoltre l'art. 5 del disegno di legge stabiliva che la circostanza aggravante dell'”omofobia” “è sempre considerata prevalente sulle ritenute circostanze attenuanti”. Come difesa della libertà di espressione non c'è male.

Infine, il diritto viene sempre più calpestato da una legislazione che definire spionistica, invasiva e tendenziosa è poco. L'avv. Amato ci mette in guardia ancora un volta sul progetto di “monitoraggio dell'omofobia” che dovrebbe avvenire, secondo l'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni (UNAR), coinvolgendo a livello locale

(…) le reti di prossimità quali ad esempio i centri regionali antidiscriminazione, i nodi provinciali, le antenne UNAR e le altre strutture messe in campo agli organismi del decentramento amministrativo (circoscrizioni, municipi eccetera) con l'obiettivo di intercettare e raggiungere in modo capillare le sacche di discriminazione omofoba presenti nel nostro paese. 

Commenta l'Avv. Amato: 

Poiché non è precisato, occorre chiedersi cosa siano le "antenne UNAR: uffici, sportelli, organismi di controllo, delatori sotto copertura, spie? 

E c'è di peggio: 

"... è stato attivato un indirizzo di posta elettronica dedicato (...) cui possono essere inviate, anche in forma anonima, segnalazioni di atti discriminatori".

Ma vi rendete conto delle conseguenze? Introdurre le denunce anonime significa, ad esempio, che se mi volessi sbarazzare di un rivale scomodo sul lavoro dovrei semplicemente inviare una email anonima e denunciarlo per “omofobia”. In Inghilterra, la valutazione dell'esistenza di una comportamento “omofobico” è rimessa... alla vittima, che così potrà aggravarlo o attenuarlo a piacimento. Provvedimenti come questi deteriorano la convivenza sociale, perché mettono la libertà, i diritti, il coraggio di esprimere le proprie idee in mano all'arbitrio di una minoranza e agli interessi di pochi. Mi sembra che mai gli esseri umani siano così distanti tra loro come in quest'epoca dove si parla tanto di “amore”!

Penso che possiamo fermarci qui, e mi scuso per non essere stato più esauriente o più chiaro. 

Permettetemi di concludere citando un brano di Albert Camus che medita su un aforisma di Eràclito. Credo sia la migliore sintesi del tema di questo incontro, del costo che comporta staccarsi dalla nostra natura e inseguire il sogno folle che la realtà debba piegarsi al nostro arbitrio. Scriveva Eràclito: “Il Sole non oltrepasserà i suoi limiti, altrimenti le Erinni, custodi della giustizia, sapranno scoprirlo”.

 E Camus commenta: 

“Noi, che abbiamo scardinato l’universo e lo spirito, ridiamo di quella minaccia. Accendiamo in un cielo ebbro i Soli che vogliamo. Ma questo non toglie che i limiti esistano, e noi lo sappiamo. All’estremo delle nostre demenze, fantastichiamo di un equilibrio che ci siamo lasciati alle spalle e che ingenuamente crediamo di ritrovare in fondo ai nostri errori. […] La nostra ragione ha fatto il vuoto. Finalmente soli, portiamo a compimento il nostro dominio su un deserto.
 (Albert Camus, L’Estate, 1948)

Grazie.

Giovanni Romano

martedì 9 settembre 2014

Educazione cercasi...


Nell'imminenza dell'inizio dell'anno scolastico, posto un po' polemicamente questa immagine. I grandi discorsi e gli auguri delle autorità o di scrittori famosi mi lasciano freddo per non dir altro. Alla massima parte di loro non toccherà logorarsi giorno per giorno alle prese con bulli che fanno perdere tempo ed energie e soffocano chi vuole veramente imparare.

Ma chiediamoci: la scuola oggi trasmette realmente conoscenze? E i genitori sono effettivamente in grado di dare un'educazione ai propri figli? Comincerei dalla seconda domanda, e direi che la risposta è in gran parte negativa. Per come è organizzato oggi il lavoro (orari sempre più lunghi per una retribuzione sempre più bassa) direi che alle famiglie si vuole impedire quasi deliberatamente di educare i figli. E poi, quali sono i contenuti di questa educazione? Inutile ripetere quello che già tutti sanno. La famiglia resta ancora un punto di riferimento imprescindibile ma rischia di diventare un contenitore sempre più vuoto in maniera direttamente proporzionale alla diffusione dell'"amore" e dei "nuovi diritti".

La scuola, a sua volta, può limitarsi a trasmettere semplicemente conoscenze? Certamente no. L'insegnante educa (o dis-educa) con la sua semplice presenza. L'ambiente scolastico educa con la sua stessa esistenza. Ma a che cosa educhiamo i ragazzi? Siamo in grado di lanciare proposte "forti"? Siamo in grado di far capire che la scuola è in grado di far rigare dritto i prepotenti? Oppure ci limitiamo a rincorrere i ragazzi, cercare di accattivarci a ogni costo le loro simpatie senza fornirgli alcun reale modello di comportamento, di convinzioni, di coerenza?

Prepariamoci, tutti, una bella valigia di educazione prima di cominciare l'anno scolastico. Ho l'impressione che ne avremo bisogno.

Giovanni Romano

325 anni prima di Lincoln...

Tutti noi siamo abituati a considerare il proclama di emancipazione di Abraham Lincoln (22 settembre 1862) come il documento che fece cessare la schiavitù. Nessuno però ricorda che la Chiesa Cattolica, nella bolla Sublimis Deus emanata da Papa Paolo III il 2 giugno 1537, aveva già proclamato solennemente la libertà e l'emancipazione degli Indios da ogni e qualsiasi forma di schiavitù, scomunicando chiunque contravvenisse a quelle disposizioni.

È commovente leggere il cuore di questa bolla, emanata da uno dei pontefici più controversi della storia, tutt'altro che un modello di virtù nella vita personale, eppure così fermo, energico, chiaro e senza compromessi nel difendere la dignità umana dei popoli del Nuovo Mondo, senza nessuna delle riserve mentali di Lincoln, il quale era convinto -e non esitò a dichiararlo anche dopo la pubblicazione del suo proclama - che i neri fossero pur tuttavia inferiori ai bianchi sotto molti aspetti. Ecco quanto dichiarò il Pontefice (i neretti sono miei):

« Noi, sebbene indegni, … consideriamo tuttavia che gli stessi indios, in quanto uomini veri quali sono, non solo sono capaci di ricevere la fede cristiana, ma, come ci hanno informato, anelano sommamente la stessa; e, desiderando di rimediare a questi mali con metodi opportuni, facendo ricorso all'autorità apostolica determiniamo e dichiariamo con la presente lettera che detti indios e tutte le genti che in futuro giungeranno alla conoscenza dei cristiani, anche se vivono al di fuori della fede cristiana, possono usare in modo libero e lecito della propria libertà e del dominio delle proprie proprietà; che non devono essere ridotti in servitù e che tutto quello che si è fatto e detto in senso contrario è senza valore; che i detti indios ed altre genti debbono essere invitati ad abbracciare la fede in Cristo a mezzo della predicazione della parola di Dio e con l’esempio di una vita edificante, senza che alcunché possa essere di ostacolo ».

Parole che non hanno nulla da invidiare, quanto a nobiltà ed energia, al proclama di Lincoln. Con la differenza che furono scritte solo 325 anni prima della Guerra di Secessione.

Giovanni Romano

sabato 6 settembre 2014

Scacchi vs Sudoku: segno dei (passa)tempi...

Confrontare il sudoku con gli scacchi non ha evidentemente senso. Gli scacchi sono una competizione (fosse pure da soli contro il computer), il sudoku è un semplice passatempo, per quanto ingegnoso nella sua semplicità, e per quante sofisticate strategie siano disponibili per venire a capo della soluzione.

Perché allora scrivere una breve riflessione accostando due giochi che hanno scopi e applicazioni così diversi? Mi sembra interessante confrontarli precisamente dal punto di vista del puro passatempo. Provate a guardare la scacchiera a sinistra e il sudoku a destra (vi avverto, è molto difficile...). Un bravo scacchista osserverebbe la posizione, troverebbe le debolezze di ciascuno dei due colori (è evidente, ad esempio, che il Nero è in vantaggio di materiale e ha ben due pedoni passati sulla colonna "A"), individuerebbe le strategie più opportune sia per il Bianco che per il Nero. Senza contare che uno dei due contendenti potrebbe sbagliare e far ribaltare inaspettatamente la situazione. Ma probabilmente non esiste un modo univoco di vincere, di conseguenza sarebbe possibile impostare più di un ordine di mosse, specialmente per il colore in vantaggio (anche perché questa è una posizione, non un problema, dove la chiave deve essere una e una sola).

Anche il solutore del Sudoku dovrà impostare una strategia, andando ad esempio alla ricerca del singolo nascosto, ma nel suo caso la soluzione è univoca, la via da seguire è unica. Ogni numero posizionato correttamente facilita il posizionamento degli altri secondo regole precise e non eludibili.

Non è questa però la differenza più importante. La differenza decisiva è in quello che accade alla fine di una partita a scacchi o dopo che lo schema del Sudoku è risolto. Quest'ultimo perde ogni attrattiva, diventa una semplice gabbia di numeri ormai collocati definitivamente al loro posto. Per risvegliare l'interesse del solutore servirebbe un altro schema, e poi un altro e un altro ancora... Con gli scacchi invece non è così, ogni partita presenta spunti di approfondimento e di discussione a distanza di anni o addirittura di secoli. Una partita a scacchi non è mai propriamente "finita", ha sempre qualcosa da dire a chi la studia. La meccanicità ripetitiva del sudoku può generare dipendenza, l'infinita creatività degli scacchi no.

Questa differenza ha qualcosa da dire anche a noi, Il Sudoku è davvero il passatempo per il nostro tempo, un esercizio usa-e-getta che impegna a fondo la mente ma non la spinge realmente a riflettere.

Giovanni Romano

giovedì 4 settembre 2014

Non chiamateli "donatori"!

Colpisce il tono quasi esultante con cui i TG nazionali (pagati con le nostre tasse) riportano lo smantellamento completo dei divieti all'eterologa e il via libera al Far West procreativo.

A parte l'ennesima dimostrazione dell'irrilevanza della volontà popolare, con un referendum assolutamente disatteso; a parte la demolizione pezzo per pezzo di quel poco che restava della legge 40 per via giudiziaria; a parte le regioni che si buttano a corpo morto nell'iniziativa legiferando al posto dello stato, colpisce l'uso di termini deliberatamente falsi e fuorvianti per mistificare la realtà.

Se noialtri cittadini siamo impotenti a fermare questa deriva, evitiamo almeno di usare la parola "donatore" che nobilita indebitamente coloro che non intendono assumersi alcuna responsabilità genitoriale. Chiamiamoli con il loro vero nome. Chiamiamoli fornitori. Fornitori e basta.

Giovanni Romano

martedì 19 agosto 2014

Versarsi acqua in testa. E bersi il cervello



Più conosco Internet più sono convinto che induca comportamenti gregari e conformisti. Comparire sotto gli occhi di una platea potenzialmente sterminata, finire sotto gli occhi inquisitori di un'opinione pubblica in massima parte orientata al “politically correct” e più che mai aggressiva verso chi dissente finisce per scoraggiare quelli che pensano con la propria testa. Specialmente la gente di spettacolo, gli intellettuali, i filosofi à la page, coloro insomma che hanno qualcosa da perdere, sono i primi ad allinearsi al mainstream (quando non sono loro a crearlo consapevolmente). Aggiungiamo poi come la Rete facilita la voglia di esibizionismo a buon mercato, e avremo la ricetta ideale per campagne buoniste, chiassose, ambigue, dove tutto si gioca sull'immagine e che non chiedono nessun sacrificio autenticamente personale.

Questo è il caso dell'ALS Bucket Challenge, la campagna in cui persone note e meno note si fanno riprendere mentre si buttano un secchio d'acqua gelida in testa per “sensibilizzare” alla lotta contro la SLA. Sarebbe un'ottima iniziativa, per quanto discutibilmente “strillata”, se non ci fosse una tara inaccettabile per un cattolico: la campagna mira a raccogliere fondi per la sperimentazione sugli embrioni umani. In altre parole, pur di trovare una cura probabile si condannano a morte certa degli esseri umani che non potranno mai vedere la luce.

Riporto qui il giudizio del sito americano The Deacon's Bench:

L'abbiamo visto tutti, e molti di voi l'avrete probabilmente fatto. Molte celebrità, uomini politici, e persino sacerdoti lo hanno fatto. C'è una gran quantità di bene che può derivare dall'accrescere la consapevolezza su una malattia così terribile. Dal 29 luglio scorso, 5,5mln$ sono stati raccolti per la ricerca sulla SLA. Il mio problema con la ALS Bucket Challenge è che questa associazione sostiene la ricerca sulle cellule staminali embrionali.

(…)

San Giovanni Paolo II disse nel 2003:

'Qualunque trattamento che sostenga di salvare vite umane, ma che sia basato sulla distruzione delle vita umana nel suo stato embrionale, è logicamente e moralmente contraddittorio, come lo è qualunque produzione di embrioni umani per lo scopo diretto o indiretto di sperimentazione o di eventuale distruzione.'

Mentre non posso donare alla ALS Association, certamente pregherò per coloro che soffrono di questa malattia. Mi darò anche da fare per trovare un ente benefico che non violi la santità della vita umana.” [ecco il link, N.d.R.]

C'è poi un altro aspetto di questa campagna che un altro commentatore ha messo in luce, sempre sullo stesso sito: la grande superficialità e l'appagamento della propria vanità:

La questione principale, però, è la mentalità narcisistica che propone. Un attivismo che si limita agli hashtag non è vero attivismo. Buttarsi un secchio d'acqua ghiacciata in testa non fa di voi un eroe. E nemmeno postarlo sui social media e sfidare altri a fare lo stesso.

Diciamolo molto chiaramente. Io sono totalmente a favore di raccogliere denaro per la SLA. È una malattia terribile, progressiva, mortale per la quale non esistono cure. Ho visto mio zio Chris, un orgoglioso pilota della Marina, ridotto su una sedia a rotelle, col petto affannoso ad ogni respiro, prima che la malattia se lo portasse via.

Così, invece di sprecare un bel po' di galloni d'acqua fredda e strillare sui tetti la propria inconcludenza, io avrei un'idea migliore. C'è un sacco di organizzazioni in questo paese che hanno bisogno del vostro tempo, della vostra attenzione, della vostra disponibilità a donare.”

Unauthorized translation by
Giovanni Romano

domenica 17 agosto 2014

Diritti del bambino, non "diritto al bambino"!

Dall'Associazione "Progetto Uomo" di Bisceglie (BA) ricevo e pubblico volentieri questo coraggioso manifesto:

La FIVET e il presunto “diritto al bambino” contro i diritti del bambino

Lo scorso 3 agosto a L'Aquila sono nati i gemelli (un maschio e una femmina) al centro dello scandalo sullo scambio di embrioni in provetta avvenuto nell’ospedale Pertini di Roma. Nel nosocomio romano, infatti, gli embrioni creati attraverso l’inseminazione artificiale di una coppia erano stati per sbaglio impiantati nell’utero di un’altra donna. Appena partoriti, ne è stata dichiarata la nascita dalla coppia gestante, aprendo una nuova polemica per decidere a chi appartenessero i due bambini. Non solo è grave che i piccoli si ritrovino con 4 genitori, di cui 2 biologici e 2 legali, ma è ancora più grave il fatto che a tenere i gemellini sarà la coppia di genitori legali. Il giudice del tribunale civile di Roma ha infatti respinto ogni ricorso dei genitori biologici, impedendo che i bambini stiano con la coppia di genitori di cui portano il corredo cromosomico.

“Per noi è finalmente arrivato il tempo di essere una famiglia" hanno aggiunto i genitori legali: una famiglia, però, nata dall’assegnazione di embrioni di un’altra coppia. È molto triste vedere come, armate di buoni sentimenti, le due coppie si siano contese l’affidamento degli embrioni sin dal loro attecchimento, come si potrebbe contendere qualsiasi altro oggetto. Tutti, dagli avvocati fino ai giornali, hanno alzato un polverone sul “dramma” dei quattro genitori, ma nessuno ha pensato minimamente che prima di tutto occorre tutelare i bambini e i loro diritti. Ma questo non ci stupisce più di tanto, perché la mercificazione dei bambini (il Bambino Oggetto) è il principio di base della fecondazione assistita, omologa o eterologa che sia. La fecondazione artificiale è una pratica che ha inventato e diffuso il presunto “diritto ad essere genitori” contro il sicuro diritto dei bambini a non essere trattati come oggetti di produzione e ad avere i genitori biologici che siano anche legali.

Ma essere genitori non è un diritto. Al contrario, sono i bambini ad avere diritto ad una coppia di genitori (maschio e femmina, per chi non ricorda come funziona la cosa [N.d.R.]). Questa è una “svista” imbarazzante da parte del nostro sistema giuridico, e di tutte le figure che ci ruotano intorno. Il fatto che i gemelli, per sbaglio, hanno una coppia di genitori diversa da quella di cui portano l’impronta biologica è aberrante.

Secondo il giudice, la sua sentenza è giustificata e universalmente riconosciuta dal sapere scientifico (non citando le fonti), perché il legame tra madre e figli si stabilisce durante la gestazione, non per la diretta consanguineità ma quanto piuttosto per il rapporto simbiotico tra gestante e bambino che avviene nell’utero. A rifletterci un attimo, questa tesi va a creare un cortocircuito anche con il cosiddetto “utero in affitto”. Secondo la sentenza, infatti, non è possibile recidere il legame tra “mamma e gestante” e il bambino dovrà essere necessariamente della donna che lo ha portato in grembo e non della coppia che lo ha “ordinato”.

Appunto … i bambini oggetto. Follia.

Direttivo “Comitato Progetto Uomo”

lunedì 26 maggio 2014

Elezioni UE: nel paese dei ciechi l'orbo è re

Dalle elezioni per il Parlamento Europeo il PD è uscito più forte che mai e ora Renzi si avvia, salvo imprevisti, a un governo di legislatura. Il M5S e FI pagano una campagna elettorale che definire stolta è dir poco. La “moderazione” apparente di Renzi, che accortamente non è sceso al livello dei suoi avversari, gli ha regalato un risultato al di là di ogni aspettativa e per giunta sembra avergli conferito quella legittimazione democratica che gli mancava. Il voto italiano è il più "europeista" tra quello dei paesi di primo piano della UE, ma questo è avvenuto grazie a un paradosso. Il PD ha vinto perché queste elezioni non avevano affatto come tema principale l'Europa, ma sono state intese come un plebiscito pro o contro il governo per fini di politica interna. Ora chi ha voluto la prova di forza è stato servito.

È stato Renzi a vincere, o è stato il demerito dei suoi avversari? Probabilmente entrambe le cose. Renzi ha saputo scippare alcuni temi cari al centrodestra senza realmente condividerne le idee. È stato il primo politico della sinistra che ha avuto l'intuizione che gli elettori del centrodestra andavano corteggiati anziché demonizzati, e questa tattica ha ampiamente pagato. Il comportamento del M5S è stato incredibile, ai limiti della follia suicida. Ha condotto una campagna elettorale basata esclusivamente su insulti, minacce, rivendicazioni insensate di vittoria anticipata che mascheravano l'assoluta assenza di idee e proposte. Ha ragione chi ha scritto che il M5S è stato forse uno specchietto per le allodole, un falso partito di opposizione che doveva incanalare il malcontento in una direzione innocua per chi siede nella stanza dei bottoni e non rende conto a nessuno del proprio operato.

Sulle forze di centrodestra sarebbe meglio stendere un velo di pietoso silenzio. Più che di una sconfitta bisognerebbe parlare di una rotta. Personalismi, voltafaccia, scismi, meschine ripicche e illusioni velleitarie di un ritorno alle origini hanno tolto ogni credibilità a Berlusconi e a FI. Inutile incolpare solo le toghe rosse. Il movimento non c'era più da anni, e solo pochi illusi si aggrappavano fideisticamente al nome del Capo ripetendolo come un mantra. Il NCD gongola della sua strepitosa quota al 4%. Resta da spiegare in che modo riuscirà d'ora in poi a influenzare il PD che ha preso dieci volte tanto. In conclusione, Renzi ha vinto perché “nel paese dei ciechi, l'orbo è re”. Di fronte all'inconcludenza velleitaria delle altre forze politiche, il PD è apparso come l'unica alternativa seria e credibile, anche perché il governo sembra voler mantenere tutte le sue promesse a cominciare dai famosi 80€ in più nella busta paga. Ma manterrà anche ben altre promesse, come vedremo subito.

Cosa è successo intanto al voto cattolico? E soprattutto, esiste ancora un voto cattolico? Io credo che queste elezioni siano le prime ad averne certificato definitivamente e irrimediabilmente il decesso. È stato il voto più laico che si sia mai verificato finora nella storia della Repubblica. Non occorre essere dei geni per capire che quello delle europee è stato un voto contro la vita e contro la famiglia, un voto che ci porterà dritto filato ai “nuovi diritti civili”; un voto che ribadirà ancora più strettamente le catene dell'invadente burocrazia dello stato e della UE; un voto a favore di una sempre più grave espropriazione della nostra sovranità nazionale; un voto che spalanca senza più rimedio le porte a un immigrazionismo incontrollato. In questa campagna elettorale i cattolici non sono esistiti, punto e basta. Nella massima parte si sono accodati a Renzi pensando che fosse “il male minore” (come mi è toccato sentire da un prete tutto contento di averlo votato). Il popolo cattolico che si mobilitò con Ruini non esiste più, è rimasto “satisfatto e stupido”, per dirla con Machiavelli.

Le cause di questa sconfitta sono molteplici ma una mi sembra particolarmente importante: la debolezza culturale, l'incapacità di porsi sulla scena pubblica con la propria identità e la propria storia, la ricerca del compromesso a tutti i costi. La prova a contrario è il risultato del voto in Francia, in Inghilterra e nella calunniatissima Ungheria, dove i partiti di destra non hanno avuto paura di presentarsi come tali, e dove hanno raccolto la maggioranza dei consensi.


Anche se non si tratta di partiti dichiaratamente cattolici, che anzi non hanno nelle loro priorità la promozione dei valori non negoziabili (a parte l'Ungheria), quel che interessa qui è constatare che la chiarezza e la capacità di affrontare di petto il "politically correct" pagano sempre. Una chiarezza che al mondo cattolico è clamorosamente mancata e che costerà danni irreversibili al tessuto morale e umano del nostro paese.

Giovanni Romano