lunedì 19 febbraio 2007

Le pie illusioni della chiesa "aperta al mondo"


Credo che il trafiletto di “Avvenire” che ho riportato qui a fianco, datato 18 febbraio, sia un buon esempio dei fraintendimenti di tanto “mondo cattolico” di fronte al fenomeno del risorgente terrorismo.

Il primo di questi fraintendimenti è pensare che le BR non saranno seguite “perché danno di sé un’immagine vecchia e superata”. In questa analisi, particolarmente superficiale, non si tiene conto di due fattori. Primo: l’ultima leva dei terroristi è troppo giovane per aver vissuto gli anni di piombo, quindi non ha sviluppato gli anticorpi della delusione, se mai le tossine dell’utopia. Secondo: la storia non si cura che un’idea appaia superata o meno, ma solo che sia capace di mobilitare i cuori e le menti oggi. Al-Quaeda si batte per la restaurazione del califfato; in Nepal i guerriglieri di sinistra che stanno prendendo il potere sono dei fossili viventi maoisti, sopravvissuti di molto anche a Pol Pot. Due anacronismi paurosi, secondo i nostri schemi. Ma stanno muovendo la storia. Poco importa che la spingano all’indietro.

Il secondo fraintendimento è più sottile. Non è certo nelle mie possibilità tentare un’analisi dei motivi per cui proprio Padova sia un letto d’incubazione del terrorismo. Avrebbe potuto provarci Don Contarini, e invece ci ha ammannito la solita minestra riscaldata a base di “valori”, “tolleranza”, “dialogo”, “no-alla-violenza”, “impegnarsi-per-gli-altri-e-non-per-noi-stessi”.

A ben vedere, ognuna di queste parole è diventata ormai una cortina fumogena che nasconde il vuoto, o nella migliore delle ipotesi una triste parodia di quello che era il suo significato originario.

I valori: forse che le BR non li hanno? Li hanno, e così forti che per essi sono disposti anche a uccidere!

La tolleranza? A che vale, se nessuno, tantomeno la Chiesa, ha il coraggio di chiamare apertamente il bene e il male col proprio nome?

Il dialogo? Che destino può avere una chiesa che pone il dialogare prima del credere, come osservava acutamente Mons. Maggiolini?

Il no a ogni violenza? Anche quando significa giustificare l’ignavia e la codardia di fronte ai prepotenti e agli aggressori?

L’impegno in politica per gli altri e non per sé? Va bene, purché non significhi far sparire la persona nei meccanismi impersonali di uno stato onnipotente che dovrebbe risolvere automaticamente ogni problema. A che vale fare politica solo “per gli altri” se le famiglie non possono difendersi da una fiscalità sempre più invadente e oppressiva, senza più la legittima speranza di migliorare la propria condizione, o almeno quella dei propri figli?

E’ facile vedere come, date queste premesse, i richiami di Don Contarini rischino di apparire solo degli appelli moralistici e astratti, senza incidenza sulla realtà e perciò pronti a rovesciarsi nei loro contrari: un cinismo inacidito e una ribellione distruttrice.

Il buon sacerdote dovrebbe chiedersi piuttosto: e la Chiesa di Padova quali antidoti ha fornito al terrorismo, oltre a questi generici predicozzi? Ha avuto il coraggio di testimoniare il suo Signore, o si è rinchiusa nella sacrestia, compresa quelle delle buone intenzioni? Ha avuto il coraggio di proclamare la verità, o si è nascosta dietro l’alibi della “tolleranza”? Ha saputo guardare in faccia lo scandalo del peccato e Croce, o si è limitata ad assecondare il buonismo dei tempi? Più che lamentare la mancanza dei valori, ha compreso che essi, staccati da Cristo, diventano solo gusci vuoti, pretesti per l’ideologia e il potere?

E’ proprio l’aver proposto il cristianesimo in forma tanto debole e annacquata, nell’illusione di andare incontro al “mondo”, quel che ha costituito la più grave debolezza della chiesa padovana. E dal momento che i giovani non amano le mezze misure, è logico che si siano sentiti attratti da una proposta “forte” come quella delle BR anziché da un cristianesimo così scipito da non avere più il coraggio di nominare il suo Signore.

Giovanni Romano

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