domenica 11 febbraio 2007

PACS? Ehi, DI.CO!

Lasciamo perdere le ineguagliabili acrobazie verbali con cui il governo ha fatto passare il principio dei PACS (conta poco la scontentezza di Verdi e Rifondazione: sanno benissimo di aver segnato un punto decisivo a loro favore perché la breccia si è ormai aperta). Quello che mi colpisce, se mai, è il grave errore di valutazione in cui rischiano di cadere gli avversari dei PACSisti, sia cattolici che "teocon", quando parlano di "matrimoni di serie B".

E' esattamente il contrario. L'obiettivo a lungo termine è che dovrà essere il matrimonio civile o religioso come lo conosciamo ora a diventare di serie B rispetto alla legalizzazione delle convivenze. Non regge, infatti, l'argomento secondo il quale i PACS sono pensati per una percentuale molto ridotta di coppie. E' vero oggi, ma non sarà vero domani: lo dimostrano ad abundantiam gli esempi della Francia e della Spagna, dove le convivenze sono aumentate a valanga da quando è stata introdotta una legislazione del genere.

Quante coppie infatti sceglierebbero il regime più oneroso, formale, preciso e complesso del matrimonio rispetto a una semplice dichiarazione che si può fare comodamente anche da casa propria, con una raccomandata A.R.? Quante coppie accetterebbero i balzelli di cui è gravato il matrimonio rispetto alle agevolazioni per le convivenze? E soprattutto, quante coppie accetterebbero un impegno definitivo per principio rispetto a una strada che per legge è garantita provvisoria, temporanea, revocabile? Gli stessi gay, che strepitano tanto per il matrimonio omosessuale, si ritrarrebbero spaventati di fronte a un vero matrimonio che non ammettesse il divorzio.

A onta di tutti gli sforzi fatti per demolirlo, tuttavia, il matrimonio -quello vero- resiste. In Francia il calo di nuzialità è stato molto più basso di quanto si temeva, forse perché l'uomo e la donna non vivono di sole pratiche burocratiche ma hanno bisogno di dare un senso alla propria vita, un significato che deve passare attraverso alcune scelte solenni e precise. Ma non facciamoci illusioni. I PACS, come il divorzio, l'aborto, l'eutanasia, nascono da una cultura del rancore (riprendo questo concetto da Hannah Arendt). Una cultura che rivendica continuamente "diritti" perché nulla di quel che esiste la rende contenta. Diceva C.S. Lewis nelle Lettere di Berlicche:

Noi [i diavoli, N.d.R.] vogliamo una generazione che non sia mai contenta né felice ora, ma che anzi sacrifichi sull'altare di un ipotetico bene futuro ogni vero dono che le viene offerto nel presente".

Questa cultura, se cultura si può chiamare, ha continuamente bisogno di nemici, ha continuamente bisogno di sentirsi "oppressa" anche quando dispone dell'appoggio ossessionante e incondizionato dei mass media perché solo così può illudersi di avere ragione. Tutto quel che la mette in discussione è "un'offesa" o una "discriminazione". C'è da credere che prima o poi proibiranno i matrimoni perché, con la loro stessa esistenza, dimostrano che un impegno serio e un affetto definitivo sono possibili, tanto da "offendere" la "sensibilità" di chi non è capace di assumersi la minima responsabilità.

Giovanni Romano

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