martedì 7 agosto 2007

Quando la civiltà diventa viltà


Domenica 22 luglio scorso, RAI 3 ha trasmesso un cartone animato che mi sembra particolarmente indicativo della mentalità che si è diffusa in questa Europa sazia e viziata, e che si vuole consapevolmente inculcare nei ragazzi.

La trama: in un villaggio dell’Età della Pietra, gli uomini potevano conquistare l’affetto delle loro donne solo dando prova di coraggio, strappando ogni anno un ciuffo di peli al Grande Mammuth Bianco, nel corso di una battuta di caccia. Dal canto loro, le donne ci tenevano particolarmente a questo omaggio.

Ma i più giovani del villaggio - un ragazzino e una ragazzina - non credono più a questa “stupida tradizione” che per loro è senza senso. La ragazzina non vuole essere conquistata con esibizioni di forza, ma con la dolcezza e la comprensione (si può gustare una deliziosa parodia del Cyrano con un ragazzo bullo e prepotente nella parte del tenero innamorato, e l’altro ragazzino, quello intelligente -va da sé che non è muscoloso - nella parte del suggeritore di frasi d’amore).

Da parte sua, il ragazzino timido e mingherlino ha visto di persona quanto è formidabile, scatenato e pericoloso il Mammuth Bianco, e considera una follia che gli uomini della tribù - tra cui suo padre- osino anche pensare di sfidarlo. La sua avversione alla tradizione ha dunque motivi apparentemente ben fondati: la paura, e la preoccupazione per il padre, timido e imbranato quanto lui se non di più.

Ma sotto la tradizione c’è un trucco. Gli uomini non vanno affatto a sfidare il Mammuth. La loro “battuta di caccia”, in realtà, è il pretesto per allontanarsi un po’ da casa per fare bisboccia lontano dalle mogli. I “peli di mammuth” sono in realtà preparati dallo sciamano (una figura tracciata con particolare acredine) e sono ricavati da pelli tinte di animali innocui. L’ultima cosa che vorrebbero questi “intrepidi cacciatori” è proprio incontrare di persona il Grande Mammuth Bianco.

L’impostura viene allo scoperto nel momento in cui il bulletto di cui sopra, che è anche il più giovane dei guerrieri, appena diventato "uomo" e non ancora a conoscenza del segreto, decide di sfidare sul serio il Mammuth. Naturalmente la situazione precipita. L’animale gli si rivolta contro con la sua immensa forza, e il giovane, tutto muscoli e niente cervello, se la dà precipitosamente a gambe... proprio verso il bivacco dei cacciatori! Nel parapiglia generale, il ragazzino “intelligente e anticonformista” si trova letteralmente scaraventato sulla schiena del Mammuth, e, nello sforzo di tenersi aggrappato, è l’unico che riesce a strappargli un ciuffo di veri peli bianchi.

Fin qui tutto bene. Fin qui, potevo trovare anche accettabile la satira, e anche condividerla. Il cartoon, ovviamente, sottintende numerosi temi. In sé, è un cartoon fatto bene. Il tema della rivalità tra uomini e donne, il “matriarcato”, affettuoso ma soffocante, tanto che gli uomini sentono il bisogno di stare tra loro un po’ da soli, la ragazzina protofemminista; il capo tirannello, prepotente e fifone (una caricatura molto ben riuscita, tracciata in maniera più benevola rispetto a quella dello sciamano); il potere “nefasto” della religione e della tradizione (lo si vede, ripeto, nella figura viscida dello sciamano) e il discorso contro la religione in quanto tale, vista come impostura organizzata da chi comanda.

Ma a un certo punto è successo qualcosa che proprio non potevo accettare. Una volta finita la baraonda, il ragazzino “intelligente-e-anticonformista” butta via con disprezzo i peli del Mammuth, dicendo: “tanto non servono a niente”.

Qui si va oltre la satira. La satira prende di mira la deviazione dal valore, ma non il valore in quanto tale. Se si prendono in giro i soldati fanfaroni, coraggiosi solo lontano dal pericolo, questo non significa mettere in discussione che quando il pericolo arriva bisogna essere davvero coraggiosi. Anzi, la satira della vigliaccheria aiuta a contrario a farsi un’idea di quel che deve essere il vero coraggio. Ma disprezzare quel che comunque richiede coraggio e abilità è rifiutare ogni responsabilità, voltare le spalle alla realtà.e rifugiarsi nell’utopia.

Di quale utopia si tratta? Di quella di un’”armonia” (che, par di capire, significa anche lasciare in pace i prepotenti, e rassegnarsi alla loro forza superiore), in cui si nega che esistano nemici, si fa finta che il mondo sia un eterno parco giochi dove non è necessario -anzi, è addirittura stupido- affrontare pericoli, prendersi responsabilità, sfidare avversari. Quello dei due ragazzini “emancipati” è il mondo degli illuministi (non per niente il cartoon è francese!), il mondo della “ragione” che si crede al di sopra della “superstizione”. Ma se fossimo vissuti in quel mondo, se gli uomini primitivi non avessero avuto il coraggio di sfidare davvero i mammuth, probabilmente si sarebbero estinti. Forse a qualche animalista la cosa può far piacere, a me no.

Non ci viene detto come questo mondo dovrebbe -o potrebbe- reggersi se qualcosa lo minacciasse, ma una delle caratteristiche dell’utopia è appunto il divieto di far domande scomode.

Forse appartengo ormai a un altro mondo, a un’altra generazione, ma di fronte a quel gesto di disprezzo ho spento d’impulso il televisore.

Giovanni Romano

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