Conobbi le sue canzoni verso la fine del 1980, quando entrai nel Movimento di Comunione e Liberazione. All'epoca, praticamente, non c'era altro modo per conoscerle. Chieffo era -e in gran parte è ancora- del tutto sconosciuto al di fuori del "ghetto" dei cantautori cattolici o genericamente "religiosi", e per di più snobbato anche da molti di loro.
Questo non vuol dire che fosse impopolare, o il solito "genio incompreso". Era invece noto a decine, probabilmente centinaia di migliaia di persone. E non soltanto per i suoi grandi concerti al Meeting di Rimini, o le sue apparizioni ai raduni di CL e a gli appuntamenti con il Papa. Ma soprattutto per la sua instancabile passione di incontrare e spendersi anche per piccoli gruppi di amici, fino in capo al mondo come in Kazakistan, negli USA o in Russia. Per lui non esistevano le folle. Per lui esisteva l'uomo, esisteva sempre una persona ben determinata con la quale condividere la bellezza di aver incontrato l'Unico che cambia la vita: Cristo.
Mi ricordo, la prima volta che ascoltai una sua cassetta (ricordo anche il titolo: "La Casa") e lo sentii cantare di amicizia, di verità, di dolore ma al tempo stesso di speranza e di Cristo presente, rimasi assolutamente sbalordito. "Ma come fa a conoscermi così?", mi chiesi. "Come fa a sapere quali sono i miei desideri? Come fa a cantare in modo tanto struggente il fiume e il cavaliere, il dolore e la ricerca dell'infinito?".
Lo incontrai di persona per la prima volta al Meeting dell'81, credo. Un omone con una gran zazzera e barba bionda come un'aureola, ma senza nessuna posa ieratica, al contraio. Quanto alle parole non fu niente di speciale. Lo ringraziai per le sue canzoni, come avranno fatto centomila altri, e lui rispose ringraziando a sua volta. Ma il siuo sguardo era schietto, la stretta di mano virile. L'unica persona radiante che abbia mai conosciuto in vita mia.
Lo incontrai da vicino altre due volte. Ad Andria, per un recital di fronte ai ragazzi delle medie superiori. Il suo spettacolo, assurdamente, venne messo in coda a manifestazioni molto più banali, oltre le 22. Quando entrò, la maggior parte dei ragazzi se n'era andata. Ma lui cantò come se fosse davanti al pubblico del Metropolitan, una cosa stupenda. E poi venne a Grosseto, invitato da un suo intimo amico cui aveva anche salvato il matrimonio. Stavolta la sala era strapiena, e fu una serata straordinaria. Pareva che conoscesse tutti, sentii alcune canzoni che non conoscevo ancora. La maggior parte della gente non lo conosceva nemmeno, ma quando la serata finì ci volle mezz'ora buona prima che uscisse, sommerso dalle congratulazioni.
In nessun modo era un cantante da sagrestia. Le sue canzoni interpellavano l'uomo, qualunque uomo. Non per niente era amico di Giorgio Gaber, che lo stimava molto. Critico verso Guccini e il suo laicismo sempre più disperato. E scontro a viso aperto coi tanti colleghi cantautori di successo, tutti "politicamente corretti" e tutti allineati e coperti dietro lo spinello libero. Ma mai il muso, mai rancore per nessuno. Solo l'abbraccio di una enorme positività.
Forse Claudio Chieffo aveva la grazia più grande di tutte: la libertà di sentirsi amato e la gratitudine di seguire la sua vocazione.
Grazie per sempre,
Giovanni Romano
Questo il comunicato di Don Julian Carron, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione:
Cari amici, preghiamo per Claudio Chieffo, che ora vede faccia a faccia il volto buono del Mistero che fa tutte le cose e che egli ha desiderato e cantato per tutta la vita. La poesia delle sue canzoni ha espresso la passione per la presenza di Cristo come di Colui che svela a ciascuno il significato del dramma della vita, facendosi compagno nel cammino al Destino. Il nostro popolo, educato dal suo canto, continua a camminare nella certezza che "è bella la strada che porta a casa", dove ora Don Giussani e don Ricci accolgono Claudio.
1 commento:
Un ricordo molto bello.
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