martedì 18 dicembre 2012

I Comandamenti secondo Benigni

Ieri sera l'ormai Poeta Laureato Ufficiale (e tra poco Grand'Ufficiale, se già non lo hanno nominato a questa carica) ha detto che mentre i dieci Comandamenti dicono sempre "No, no, no", la Costituzione dice "Sì, sì, sì". Non ho il tempo per discutere a fondo una posizione del genere, che di ogni desiderio -o capriccio- fa un diritto. Mi limito a chiedermi: e se seguissimo il consiglio dell'Illustrissimo? La via più semplice sarebbe buttar via i Comandamenti ridotti ormai a una anticaglia reazionaria, ma prima di farlo suggerirei di modificarli oppurtunamente, invertendo tutti i "no" e i "si", e stare a vedere quello che succede. Proviamo....

  1. Avrai qualche altro Dio fuori di me (è il multiculturalismo, bellezza!)
  2. Nomina il nome di Dio invano (la bestemmia contro il Dio cristiano è forse reato? Bigotto chi lo pensa!)
  3. Non ricordarti di santificare le feste (infatti, ora i negozi e i centri commerciali sono aperti anche la Domenica e le feste comandate)
  4. Non onorare il padre e la madre (qui gli esempi sono superflui. Per informazioni rivolgersi a Erika e Omar)
  5. Sì, uccidi (a norma di legge, per carità! Con l'aborto e l'eutanasia)
  6. Sì, commetti atti impuri (non occorrono esempi)
  7. Sì, ruba (tanto sarai giustificato come una "vittima della società", a meno che non sia di un partito diverso dalla sinistra)
  8. Sì, dì pure falsa testimonianza (tanto la verità non esiste, esistono solo le opinioni)
  9. Desidera la donna d'altri (altrimenti il divorzio che ci sta a fare? E tanti attori, scrittori e registi "controcorrente" come camperebbero?)
  10. Desidera la roba d'altri (è giustizia sociale, no?).
Mi sorge un dubbio: ma non è giù questa la società in cui viviamo? E allora dov'è "l'anticonformismo" di Benigni? Che coraggio morale ci vuole a dire quello che già dicono ogni giorno i mass-media? Che merito c'è a pensare quello che già pensano tutti?

Giovanni Romano

P. S.: Dimenticavo che ora non si deve più parlare di padre e madre, ma di progenitore A e progenitore B. A questo punto tanto vale buttar via i Comandamenti e fidarci di chi vuole farci dire sempre "Sì si si si si si si si....".

domenica 9 dicembre 2012

Soluzione del "Racconto di Natale" del 26 dicembre 2011

Il 26 dicembre scorso postai un problemia di scacchi che aveva a tema un racconto di Natale, invitando i lettori a risolverlo. Oggi mi è stato gentilmente chiesto di fornire la soluzione, e lo faccio molto volentieri. La posizione iniziale era la seguente:





Il Bianco annunciò il matto in sette mosse, e la partita si svolse come segue (le note sono in formato .PGN, chi ha un programma come l'ottimo Chesspad 2.0 può fare copia/incolla e vedere le mosse man mano che vengono giocate):


[Event "Racconto di Natale"]
[Site "Circolo d'Ixe in Val di Zeta"]
[Date "????.??.??"]
[Round "?"]
[White "Satana"]
[Black "Babbo Natale"]
[Result "1-0"]
[SetUp "1"]
[FEN "N7/2p2kn1/Q1r5/2r1pN2/4P3/q3p3/4K3/2R3R1 w - - 0 1"]

1. Rxg7+ Kf6 2. Qxc6+ Rxc6 3. Rxc6+ Qd6 4. Rxd6+ cxd6 5. Nc7 d5 6. Nxd5+ Ke6 7.
Re7#

Ma il diavolo non poté cantar vittoria all'ultima mossa, perché sulla scacchiera si era formata l'immagine di una Croce:


Così scomparve con un urlo, in una fiammata e lasciando dietro l'immancabile puzza di zolfo. E la gerla coi regali di Babbo Natale fu salva.

Buon Natale a tutti,

Giovanni Romano

mercoledì 14 novembre 2012

Perché Voltaire è ancora con noi?


François-Marie Arouet, detto Voltaire, è doppiamente un mostro sacro. Lo è per coloro che lo difendono e lo citano a ogni pie' sospinto, ma lo è altrettanto – in negativo, ovviamente – per coloro che lo attaccano e cercano di sminuirne l'influenza o quanto meno la reputazione.

In effetti c'è molto da attaccare in Voltaire. Mai la sua tanto conclamata “tolleranza” si indirizzò verso i cattolici che venivano perseguitati per la propria fede, fossero in Inghilterra o in Giappone (si veda il “Dizionario filosofico” alla voce omonima, dove arrivò a plaudire apertamente alla spaventosa strage dei cristiani che si verificò nel 1637 e nella quale perirono 30.000 cattolici). È ormai dimostrato che non scrisse mai le arcinote parole “Detesto ciò che dici ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”. Appoggiandosi alle sue amicizie altolocate e al suo cospicuo patrimonio non esitò a schiacciare e a stroncare la carriera di tutti gli scrittori che avrebbero potuto fargli ombra, per non parlare di come distrusse la reputazione di Jean-Jaques Rousseau con i suoi velenosi libelli anonimi.

Era un aperto antisemita (anche qui basta leggere il “Dizionario filosofico”) e in barba alle sue commoventi pagine sull'uguaglianza considerava i neri come una razza culturalmente e biologicamente inferiore. Molto abile e spregiudicato negli affari, si arricchì con oculati investimenti nelle compagnie che commerciavano lo zucchero. Peccato sapesse benissimo quanto questo commercio dipendesse dalla tratta e dallo sfruttamento degli schiavi. In campo scientifico non ebbe una sola idea originale, al massimo si limitò a essere un divulgatore scientista, una specie di Piero Angela ante litteram.

Com'è possibile dunque che una figura del genere possa essere un punto di riferimento culturale, un'ispirazione, una pietra d'inciampo con la quale bisogna fare i conti, volenti o nolenti? È solo perché riuscì a trovare gli slogan adatti a un'epoca sempre più intellettualmente orgogliosa, anzi autoreferenziale fino alla vanità? È solo perché ha saputo solleticare la mai sopita tentazione dell'uomo di fare a meno di ogni riferimento trascendente e d'incoronarsi Dio? (“No, non guardare il cielo! Guarda quanto è grande il mio cervello!”). È solo perché, banalmente, ha predicato bene anche se ha razzolato male?

In realtà c'è più di questo, una ragione più profonda che probabilmente è il segreto del successo e della permanenza di Voltaire. Se si leggono bene i suoi scritti, specialmente quelli polemici, al fondo c'è un acuto senso del dolore e la consapevolezza di una dignità ferita. Poco importa qui che il dolore degeneri in rabbia velenosa, e che il senso della dignità ferita si trasformi fin troppo facilmente in un egocentrismo cinico e smisurato: il sostrato autentico c'è, la ferita è aperta. Chi legge il Candido, ad esempio, con i suoi personaggi senza alcuna profondità né vita interiore, sballottati tra vicissitudini tanto improbabili quanto crudeli come nei romanzi di Sade, a un certo punto si imbatte in una figura impressionante, in un personaggio descritto con troppa partecipazione per essere solo una macchietta ideologica: il dottor Pangloss ormai povero e mendìco, come se in lui si concentrasse tutto il dolore per un destino incomprensibile, per una di quelle cadute senza riparo nella malattia e nella miseria che nel XVIII secolo erano all'ordine del giorno (e non solo allora, ci stiamo ritornando).

È questo senso di desolazione, di ingiustizia subita e di rivolta contro l'assurdità del reale, ben più che il valore della sua filosofia, che è forse il nocciolo autentico della permanenza e della vitalità di François-Marie Arouet, detto Voltaire.

Giovanni Romano

venerdì 18 maggio 2012

Lo scivolone della ministra Fornero

In merito all’intervento del ministro Fornero alle celebrazioni della Giornata internazionale della famiglia del 15 maggio il Forum delle associazioni familiari ha indirizzato una lettera aperta al ministro. Ecco il testo:

Quello del ministro Fornero, ieri nella Sala della Lupa, è stato un gran brutto scivolone tanto più perché piovuto su un evento istituzionale che nel nome della Giornata internazionale della Famiglia dell’Onu, per la prima volta riusciva a mettere insieme istituzioni e società civile attorno alla famiglia.

Il ministro ha mancato di ascolto nei confronti del lavoro dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia che nel suo Rapporto biennale aveva tracciato una fotografia della famiglia italiana che in due minuti è stata ridotta a carta straccia. Ma le famiglie, quelle autentiche ritratte dall’Osservatorio e non quelle molto più fantasiose del ministro, sono ormai all’angolo, grazie alle stangate e ad un regime fiscale che da troppo tempo penalizza proprio le famiglie e le famiglie con figli.

Ha mancato di ascolto nei confronti del padrone di casa, il presidente Fini, che aveva fatto un intervento mirato alle reali necessità della famiglia, e al suo insostituibile ruolo come “motore di sviluppo del Paese”.

Ha mancato di ascolto nei confronti del ministro Riccardi che aveva lavorato, insieme all’Osservatorio, per costruire una grande alleanza istituzionale e sociale intorno alla famiglia. Di questa alleanza ha bisogno il Paese, per uscire dalla crisi, di un sostegno diretto, concreto e urgente alle famiglie, non di generiche rivendicazioni di presunti diritti riservate a pochi gruppi sociali.

Ha poi mancato di ascolto verso tutti i genitori e alla loro quotidiana fatica educativa e lavorativa. Salita in cattedra, ha preteso di insegnare come si deve essere genitori, anziché impegnarsi su concreti sostegni diretti, e ha preteso di dire alle coppie come devono lavorare, anziché riconoscere la libertà di scelta di uomini, donne, coppie, famiglie. Dal governo il Paese si aspetta libertà e promozione, non insegnamenti un po’ antiquati su come vivere!

Ha mancato di ascolto (e di rispetto) nei confronti della Costituzione, che non ha alcun dubbio su cosa si intenda per famiglia, e che attorno al riconoscimento della “famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” costruisce il patto di responsabilità pubblica delle famiglie, che hanno diritti e doveri. Col suo intervento ha spostato l’attenzione sul tema del riconoscimento delle coppie di fatto; ma davvero questa è una priorità per il nostro Paese? Ma avete parlato con i genitori, con i lavoratori, con le famiglie separate, con le famiglie vedove, con le famiglie che hanno figli disabili, con chi diventa povero perché gli nasce un figlio? Più ascolto, più osservazione, meno ideologia”!
Perché il ministro Fornero non denuncia piuttosto la totale inosservanza dell’art. 31, e fa qualcosa in tal senso? Dove sono le politiche previste dai Padri costituenti?

Ma soprattutto ha mancato di ascolto nei confronti dei bisogni veri delle vere famiglie sui quali l’incessante lavoro dell’associazionismo e dell’intera società civile era finalmente riuscito a concentrare l’attenzione delle Istituzioni. Si era, fino alla mattina di ieri, sulla soglia dell’approvazione definitiva del Piano famiglia da parte del governo, sia pure fortemente ridimensionato rispetto a quello tracciato dalla Conferenza sulla famiglia del 2010. Un Piano sul quale c’era – e c’è – la convergenza anche di Regioni e Comuni, di gran parte del sindacato e delle associazioni che riuniscono e rappresentano le famiglie. Un Piano dove finalmente si introduce come non più rinviabile un fisco più equo per le famiglie con carichi familiari – equità, non privilegi - grazie anche alla proposta del Forum del “FattoreFamiglia”. Ma il ministro Fornero ha semplicemente ignorato la questione. L’intervento del ministro Fornero ai presenti è quindi suonato come un sostanziale veto, o comunque un segnale di totale disinteresse rispetto ad un percorso che, dalla Conferenza nazionale di Firenze del 2007, con il ministro Bindi, passando attraverso la Conferenza nazionale di Milano del 2010, con il sottosegretario Giovanardi, ha portato finalmente per la prima volta la famiglia nell’agenda strategica del governo, con un Piano nazionale. 

Con il suo intervento il ministro Fornero ha sostanzialmente affermato che altri sono i problemi, altre sono le priorità, rischiando di riportare in alto mare proprio quel Piano – a meno che il Piano stesso non venga sterilizzato e reso “puro documento di intenti”. Ma su questo non possiamo che chiedere vigilanza e garanzie al ministro Riccardi e al presidente del Consiglio Monti.

Francesco Belletti
presidente

giovedì 17 maggio 2012

A quando una giornata contro la cristofobia? Certo non in Inghilterra...



La mano pesante dei tribunali sta perseguitando i cristiani
e li sta costringendo alla clandestinità, dice Lord Carey

I cristiani sono stati scacciati dai loro posti di lavoro e costretti a tenere nascosti i loro valori grazie alla mano pesante dei tribunali, ha dichiarato un ex Arcivescovo di Canterbury.

Lord Carey ha detto che i cristiani vengono trattati da bigotti e stanno affrontando lo stesso tipo di persecuzione cui erano soggetti una volta gli omosessuali.

Ha anche ribadito che la campagna per i diritti umani è andata troppo oltre che ora è politicamente motivata.

In un appello diretto alla Corte Europea dei Diritti Umani, Lord Carey ha ammonito che i credenti stanno venendo “pesantemente insultati” e “costretti ad andare in clandestinità” per opera della magistratura e dello stato.

Il suo attacco viene prima di una storica sentenza sulla libertà religiosa da parte della corte di Strasburgo il 4 settembre.

L'impiegata al check-in Nadia Eweida e l'infermiera Shirley Chaplin sostengono di essere state discriminate quando i loro padroni gli anno proibito di indossare croci sul posto di lavoro.

La corte ascolterà anche il caso di un funzionario di stato civile cristiano che si è rifiutato di condurre cerimonie di unione civile e del consigliere Gary MacFarlane, licenziato per avere ammesso di sentirsi a disagio nel somministrare terapia sessuale alle coppie gay.

Nel suo appello alla corte, letto dal Daily Telegraph, Lord Carey ha detto che l'espressione dei valori cristiani tradizionali è stata “bandita” in Inghilterra man mano che il paese è stato afferrato nella morsa di un “conformismo secolarista di credenze e di condotta”.

I cristiani sono esclusi da molti settori lavorativi semplicemente a motivo della loro fede; fede che non è contraria al bene comune”, ha detto.

Sono ora i cristiani a essere perseguitati, spesso ricercati e incastrati dagli attivisti omosessuali.

I cristiani sono ridotti in clandestinità. Sembra esserci una chiara ostilità contro la fede cristiana e contro i valori giudeo-cristiani. Chiaramente le corti del Regno Unito hanno bisogno di orientamento.

Le corti britanniche hanno mancato di difendere i cristiani in 'un caso dopo l'altro'”, ha detto Lord Carey.

E se le regole contro l'indossare le croci ed esprimere le proprie convinzioni religiose non verranno capovolte, i cristiani dovranno affrontare un “bando religioso” sul lavoro.

C'è anche una spinta a “rimuovere i valori giudeo-cristiani dalla pubblica piazza” dal momento che le corti hanno “sistematicamente applicato le leggi sull'uguaglianza per discriminare contro i cristiani”.

Le persone di fede vengono trattate da “bigotti”, ha detto Lord Carey, aggiungendo: “In un paese dove i cristiani possono essere licenziati per aver manifestato la loro fede, sono svillaneggiati dagli apparati dello stato, vivono nella paura di rappresaglie e anche dell'arresto per avere espresso le loro opinioni in materia di etica sessuale, qualcosa sta andando decisamente storto.

È qualcosa che influenza la bussola etica e morale del Regno Unito”.

Keith Porteous-Wood, direttore esecutivo della National Secular Society, ha dichiarato: “L'idea che esista una qualche specie di soppressione della religione in Inghilterra è ridicola.

Anche nella Convenzione Europea sui Diritti Umani, il diritto alla libertà religiosa non è assoluto – non è una licenza per calpestare i diritti degli altri. Questo sembra essere quel che Lord Carey vuole fare”.

La scorsa settimana David Cameron ha chiamato i cristiani alla “riscossa” in Inghilterra. Ha citato l'avvertimento di Lord Carey secondo il quale i cristiani stanno affrontando una “graduale marginalizzazione” dopo che al consiglio comunale di Bideford nel Devon è stato proibito da un tribunale di aprire le sue sedute con una preghiera.

Il suo impegno per proteggere i cristiani è stato immediatamente sabotato da un documento preparato dall'Home Office che ha dichiarato che i cristiani dovrebbero tenere per sé la loro fede sul posto di lavoro.

E non finisce qui...

(c) Daily Mail, 2012 AD
Unauthorized translation by 
Giovanni Romano

P.S.: Porteous-Wood ha ragione. Nessuno in Inghilterra si sogna in questo momento di sopprimere la religione... musulmana, Sikh o buddista.

venerdì 27 aprile 2012

Il regime non perde tempo. Ora tocca a CL.

Riporto e sottoscrivo integralmente il comunicato stampa di Comunione e Liberazione sugli ultimi attacchi mediatico-giudiziari di cui il Movimento è stato fatto oggetto in questi giorni. Da una stampa tanto asservita al laicismo non ci si poteva aspettare niente di diverso.

Comunione e Liberazione è intervenuta con un comunicato stampa ufficiale per denunciare quello che viene definito "un linciaggio mediatico". Il riferimento è alle notizie circolate sui massimi organi di stampa nazionali secondo le quali il movimento fondato da don Luigi Giussani sarebbe stato destinatario di tangenti da parte dell'amministratore delegato di Finmeccanica, Giuseppe Orsi. Nel caso in questione, l'a.d. di Finmeccanica sarebbe indagato per aver contribuito a versare una tangente di dieci milioni di euro alla Lega Nord in una vendita al governo indiano di elicotteri. Alla Lega è stata poi aggiunta Comunione e Liberazione come possibile destinataria di parte della tangente. Riportiamo il testo del comunicato stampa che Comunione e liberazione ha diffuso in merito a questa vicenda.

Da alcuni mesi il nome di Comunione e Liberazione è costantemente associato sui mass media a vicende politico-giudiziarie di suoi appartenenti o di persone che hanno rapporti con alcuni di essi, in una continua identificazione del movimento nel suo insieme con le responsabilità di singoli e, viceversa, con l’attribuzione di responsabilità individuali - nel bene e nel male, di qualunque natura esse siano, essendo ancora da dimostrare se sono stati commessi reati - a CL in quanto tale.
Finora le nostre precisazioni al riguardo sembrano essere state inutili, comprese quelle rese da don Carrón in una recente intervista: «Noi teniamo alla natura dell’esperienza cristiana. E l’esperienza cristiana ha a che vedere con tutto. A voler verificare se la fede serve ad affrontare tutte le sfide, si corrono rischi. Nessuna istituzione, né la Chiesa né un partito, può evitare gli errori dei singoli. E questi non possono essere attribuiti alla comunità. Sarebbe ingiusto. Ciascuno è personalmente responsabile di quel che fa. Perciò l’identificazione non è legittima, vale per Cl come per qualsiasi altra istituzione. E noi dobbiamo sempre mantenere quella che don Giussani chiamava “una irrevocabile distanza critica” e non vi rinunceremo mai. Siamo una comunità cristiana e non un partito o una corrente» (Corriere della Sera, 16 gennaio 2012).
A dispetto di queste parole di chiarimento, oggi leggiamo sui giornali l’incredibile accusa di tangenti Finmeccanica a CL, quale emergerebbe dalle dichiarazioni di un ex dirigente dell’azienda, che lo avrebbe appreso da fonti non meglio precisate. CL non c’entra nulla, ma i titoli, i sottotitoli e gli articoli sono pieni di riferimenti diretti al movimento, salvo precisare che «i pm verificano le dichiarazioni». Intanto l’infamante accusa è stata lanciata. Quali saranno le conseguenze sull’opinione pubblica?
Torna alla mente un altro momento della vita di CL, il 1976: allora l’accusa - rivelatasi dopo tre anni assolutamente infondata  di finanziamenti della CIA a Comunione e Liberazione scatenò una campagna diffamatoria sui principali organi di informazione, alimentando un clima di sospetto veramente allarmante, che giunse fino al dileggio e all’ostilità negli ambienti di vita e di lavoro verso persone colpevoli solo di portare il nome di “ciellini” e causò violenze nei confronti di persone e sedi del movimento in tutta Italia.
A questo punto ci domandiamo: come impedire il linciaggio mediatico? E come assicurare il rispetto delle procedure e delle garanzie giuridiche?
Il peso di menzogne contro un’esperienza che tanti - anche autorevolmente - riconoscono come «una risorsa per il nostro Paese» sta assumendo il volto di un calvario che sinceramente pensiamo di non meritare. In ogni caso, è stato dato mandato ai legali di tutelare l’onorabilità di Comunione e Liberazione.

martedì 27 marzo 2012

Perché sono grato ad Antonio Tabucchi

Forse ricorderete come fu ostracizzato Rocco Buttiglione dalla carica di commissario europeo nel 2004 per la sua posizione di cattolico sugli omosessuali e l'omosessualismo. A nulla gli servì difendersi -in modo un po' goffo in verità, e anche alquanto ambiguo- sostenendo che le sue erano solo opinioni personali che non avrebbero inciso in alcun modo sulla sua condotta di alto responsabile della UE. E a nulla gli servì invocare l'arcinota e abusatissima frase di Voltaire "Detesto ciò che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo".

Qui non m'interessa ricordare l'ignobile linciaggio morale al quale venne sottoposto, né m'interessa richiamare l'attenzione sul fatto ben più pericoloso che un cattolico, secondo la vulgata UE, non dovrebbe avere nemmeno diritto alle sue opinioni private.

Qui m'interessa richiamare quello che scrisse Antonio Tabucchi sull'Unità del 25 ottobre 2004, il giorno dopo la cacciata di Buttiglione. C'è un passo particolarmente significativo che vale la pena di citare, a pagina 1. L'autore discute le affermazioni di un  soi-disant "razzista" con cui gli è capitato di parlare in treno:

Probabilmente si attendeva che gli rispondessi che si trattava di una opinione personale sacrosanta, e che mi sarei fatto ammazzare piuttosto che impedirgli di esprimere la sua opinione, secondo quell’adagio devastante falsamente attribuito a Voltaire che in Italia è servito da sdoganamento alle dichiarazioni più nefande. Poiché al contrario del falso adagio illuminista... ecc. .

Anche qui non m'interessa discutere il merito dell'articolo ma questa affermazione assolutamente sorprendente. Delle due l'una: o ha mentito la secolare vulgata illuminista, sempre pronta a sbandierare la "tolleranza" (ma mai verso i cattolici e i credenti in generale) oppure ha mentito Tabucchi pur di dare addosso a Buttiglione. E temo purtroppo che sia stato Tabucchi a mentire, perché non ha portato la minima prova di affermazioni tanto apodittiche e di tale portata.

Dico "temo purtroppo" perché vorrei proprio che Tabucchi avesse ragione. Se fosse vero quello che lui ha affermato, se fosse vero che mai Voltaire avesse pronunciato o scritto quella frase, i cattolici si sentirebbero finalmente liberi dal benché minimo debito di gratitudine, dalla benché minima soggezione intellettuale verso la iena di Ferney.E di questo gli sarei perennemente grato.

Quasi certamente la frase di Tabucchi è solo una battuta polemica. Ma c'è un altro punto dell'articolo sul quale vale la pena che i cattolici riflettano anche oggi:

E poi: possibile che un uomo fornito di saldi principi quali quelli dell’onorevole Buttiglione si dica disposto a sacrificarli, direi a rinnegarli, promuovendo l’integrazione sociale e i diritti civili di categorie o di persone di cui ha un’opinione così negativa? Possibile, mi chiedo, che un uomo di pensiero sia disposto a rinunciare agli ideali su cui si basano la sua filosofia e la sua morale per un modesto impiego da parlamentare europeo?

Ferma restando la prova d'intolleranza laicista che ha dato la UE in quell'occasione. bisogna ammettere che Tabucchi non aveva tutti i torti. Troppi compromessi rischiano di rendere i cattolici "a Dio spiacenti ed a' nimici Sui". Quando lo scontro arriva a livelli di tale asprezza, forse un cattolico farebbe meglio ad andarsene da istituzioni così contaminate scuotendo con disprezzo la polvere dalle sue scarpe.

Giovanni Romano

venerdì 16 marzo 2012

Lettera aperta a Roberto Benigni sulla Divina Commedia

Stimatissimo Signor Benigni,

mi rivolgo a Lei con il rispetto dovuto a un regista che ha saputo affermarsi a livello internazionale e a un uomo di cultura che ha divulgato l'amore per la Divina Commedia a beneficio di un grandissimo pubblico.

Lei certamente non ignora che in questi ultimi giorni un comitato di "esperti" stipendiati dall'ONU ha chiesto ufficialmente la messa al bando del capolavoro universale di Dante in nome di deliranti accuse di "antisemitismo", "razzismo", "islamofobia" e "omofobia". La meschinità paranoica di queste accuse non ha bisogno di essere dimostrata. Starebbe a quegli "esperti" dimostrare, se mai, quali pogrom, quali crociate, quali roghi di omosessuali siano stati istigati dai versi danteschi.

Da Lei però, mi dispiace dirlo, finora non ho letto un solo intervento né alcun pronunciamento in difesa di Dante. L'autorevolezza di regista che Lei si è conquistata a livello mondiale, la popolarità che Lei ha meritatamente acquisito con le Sue letture pubbliche dei canti più belli della Divina Commedia La metterebbero in grado di fare da buon contrappeso a delle tesi che definire faziose, inquisitorie e deliberatamente distorte è poco. Mi dispiace ancor di più aver dovuto riscontrare un analogo mutismo a livello del Ministero della Pubblica Istruzione, quasi che la cosa non riguardasse l'intera cultura italiana e la sua immagine nel mondo.

Se è stata superficialità da parte mia La prego vivamente di perdonarmi. non esiterò a cancellare questo intervento.

Codialmente,

Giovanni Romano

giovedì 8 marzo 2012

E poi dicono che le donne belle non sono intelligenti! (Omaggio per l'8 marzo)

Molto strana e interessante la storia di Hedi Lamarr, una diva del cinema tedesco poi trasferitasi a Hollywood e diventata cittadina americana durante la seconda guerra mondiale. Il suo hobby (in realtà era una professione mancata, data la serietà con cui ci si applicava) era nientemeno che... l'ingegneria elettronica. 

Come scrive il sito Cbsnews, aveva attrezzato una stanza della propria grande villa come studio con tanto di tecnigrafo, libri specializzati e tutto l'occorrente per i calcoli e la progettazione. E tra un film e l'altro riuscì a mettere a punto un apparato concettualmente modernissimo, un radiocomando a frequenza variabile per la guida dei siluri che fece regolarmente brevettare, cedendo poi gratuitamente i diritti di sfruttamento alla Marina degli Stati Uniti. 

Per capire quanto seria, importante e rivoluzionaria fosse la sua invenzione, bisogna tener conto che in quello stesso periodo gli scienziati nazisti stavano lavorando a Jagschloss, un radar a frequenza variabile per la guida caccia, non “accecabile” dalle contromisure elettroniche alleate. Fortunatamente ne entrarono in funzione solo pochi esemplari. Ma la marina USA ignorò completamente il contributo di Hedi Lamarr. Non sembrava concepibile che una diva del cinema fosse capace di studi tanto approfonditi e tanto seri.

La tecnologia della frequenza variabile è oggi alla base di tutti i moderni radar e apparecchi di radioguida militari, nonché dello stesso Wi-Fi. Solo dopo molti anni è emerso il talento dimenticato di Hedi Lamarr, che soffrì per tutta la vita di essere considerata solo un bel corpo, una bella immagine e nulla più, mentre aveva un formidabile potenziale di intelligenza e di carattere.

Giovanni Romano

mercoledì 7 marzo 2012

La bella, semplice preghiera di Lucio Dalla


L’ultima preghiera di Lucio Dalla per S. Antonio: ”Convinto e sedotto religiosamente dalla presenza di Gesù e di S. Antonio, affido loro la mia anima, la mia vita, il mio lavoro nell’umile speranza di essere perdonato dai miei peccati ed avvicinato alla loro luce” (Padova, archivio basilica del santo).
Tra tanti cantanti e cantautori, Lucio Dalla era uno dei pochissimi che si possono chiamare musicisti e poeti. C'è una distanza spirituale abissale tra la sua umiltà e Pavarotti che ebbe a dire testualmente, riguardo alla sua condotta molto disinvolta che l'aveva indotto ad abbandonare la propria famiglia: "Sono sicuro che Dio mi perdona".

Dimenticando che la presunzione di venire salvato indipendentemente dalle proprie azioni è uno dei peccati capitali contro lo Spirito Santo.

Giovanni Romano

domenica 26 febbraio 2012

Alessandro, Diogene e l'inutile eccentricità

- Omaggio a Callistene di Olinto -

Penso che tutti abbiamo un’idea, per quanto vaga, del famoso incontro tra Alessandro Magno e Diogene. Ma se vogliamo discutere a fondo il significato di questo aneddoto sarà bene riportarlo per intero, così come lo racconta Plutarco nelle sue Vite parallele:

Un concilio di Elleni, convocato all’Istmo (1), votò di compiere una spedizione contro i Persiani insieme ad Alessandro e lo nominò comandante supremo. Molti uomini politici e filosofi andarono a incontrarlo e a congratularsi con lui; sperò che anche Diogene di Sinope avrebbe fatto altrettanto, dal momento che viveva a Corinto. Invece il filosofo non faceva il minimo conto di Alessandro, standosene tranquillo nel sobborgo di Craneo; e Alessandro andò da Diogene. Lo trovò sdraiato al sole. Diogene, all’udire tanta gente che veniva verso di lui, si sollevò un poco da terra e guardò in volto Alessandro; questi lo salutò affettuosamente e gli domandò se aveva bisogno di qualcosa, che potesse fare per lui. “Scòstati un poco dal sole” rispose il filosofo.

Dicono che Alessandro fu molto colpito e ammirato dalla fierezza e dalla grandezza di quell’uomo. Al ripartire, mentre intorno a lui la gente derideva Diogene e se ne faceva beffe, egli disse: “Io invece se non fossiAlessandro vorrei essere Diogene”.
(2)

In genere, siamo stati abituati a considerare questo aneddoto come un grande esempio di affermazione dell’indipendenza del filosofo davanti al potere. Questo è esatto, ma solo in parte. Certo, da buon filosofo cinico, Diogene si era sforzato per tutta la vita di liberarsi non solo dalla dipendenza dai beni materiali, ma soprattutto dai vincoli di ordine sociale e morale che lo legavano agli altri esseri umani (ed è questa la vera essenza della filosofia cinica, non tanto la povertà materiale). L’effetto -che forse Diogene aveva deliberatamente cercato- fu quello di far risaltare in modo scultoreo la sua indipendenza di fronte ad Alessandro e molto di più di fronte al codazzo servile dei suoi cortigiani.

Tuttavia, penso che a molti sia sfuggito un altro aspetto, forse il più importante: Diogene non aveva paura di Alessandro, ma nemmeno Alessandro aveva paura di Diogene. La sua eccentricità non metteva realmente in pericolo il suo potere, perché Diogene viveva in modo troppo diverso dagli altri, e rifiutava persino di essere imitato. Si limitava a dissociarsi dal resto dell’umanità, e la sua rivolta, se pure si trattava di una rivolta (l'anarchico vive della società che disprezza), restava sterile e confinata solo al suo privato. Ogni vera rivoluzione invece comincia quando incide e modifica i rapporti normali e quotidiani.

La controprova prova di questa affermazione è possibile trovarla nel modo barbaro e rivoltante con cui lo stesso Alessandro si comportò verso un altro filosofo suo amico che visse alla corte, l’ingiustamente dimenticato Callistene di Olinto. Dal ritratto che ne traccia Plutarco, appare chiaramente che egli non ebbe nulla da invidiare a Diogene quanto a fierezza e indipendenza di carattere:

...Callistene dava molestia a tutti i sofisti e gli adulatori di Alessandro, poiché i giovani lo seguivano con interesse e amore a causa della sua eloquenza, né piaceva meno ai vecchi per il suo modo di vivere ordinato, augusto e indipendente. (...). (3)

Ma proprio per le sue doti morali, per il suo rifiuto di adorare Alessandro come dio, proprio perché “la gioventù correva a raccogliersi intorno a lui e lo onorava come il solo uomo libero tra tante decine di migliaia di schiavi”(4) man mano che in Alessandro cresceva la smania del potere, intorno a Callistene cominciò a stringersi inesorabilmente una rete di mortali inimicizie, ed è qui che Plutarco, con uno sconcertante voltafaccia, mostra il lato cortigianesco non solo del proprio carattere, ma anche di quello di Aristotele:

Ma, oltre al fatto di essere invidiato per la reputazione di cui godeva, egli stesso offrì parecchie occasioni ai suoi avversari di calunniarlo; il più delle volte respingeva gli inviti del re; quando li accettava, a tavola non diceva una parola, dando, col proprio sussiego, l’impressione di non approvare né gradire quello che si faceva intorno a lui. (...) Non parrebbe quindi che Aristotele si sia sbagliato nel definire Callistene [di cui era anche parente, N.d.R.] filosofo di grande valore ed abile oratore, ma privo di buon senso. (5)

In altre parole, quello che in Diogene fu una virtù, in Callistene sarebbe stata una colpa. In casi del genere la conclusione è tristemente scontata. Accusato -quasi certamente a torto- di cospirare contro Alessandro, Callistene morì di una morte squallida e disonorante, che Plutarco ci descrive con gelido distacco:

Quanto alla fine di Callistene, alcuni dicono che Alessandro lo fece impiccare, altri che morì di malattia mentr’era in prigione, incatenato mani e piedi. Carete dice che fu tenuto in catene per sette mesi dopo il suo arresto, in attesa di essere giudicato dal consiglio di guerra, presente Aristotele, ma poi morì di obesità, divorato dai pidocchi, nel medesimo periodo di tempo in cui Alessandro fu ferito in India. (6)

Come mai tante lodi a Diogene e tanto disprezzo per Callistene? Il rimprovero che gli muovono Plutarco e Aristotele è di aver voluto mantenere l’indipendenza del filosofo nel bel mezzo di una corte dove l’unica legge era quella del dispotismo, e quel che poté permettersi un “cane sciolto” come Diogene, che vide Alessandro una sola volta in vita sua, non se poteva permettere un “intellettuale organico” come Callistene, che alla corte di Alessandro era di casa. Il “buon senso”, secondo Plutarco e Aristotele, sarebbe consistito nel sapersi adeguare, e ancor più nell’altrettanto celebre massima, buona per tutte le stagioni: “Non-sputare-nel-piatto-in-cui-mangi”.

Eppure, paradossalmente, proprio la sufficienza di Plutarco e di Aristotele -e molto di più l’odio e l’avversione di Alessandro- dimostrano quanto l’atteggiamento di Callistene, che non cercava la celebrità con le stranezze, che nella sua pacata “normalità” era capace di raccogliere gente intorno a sé, fosse molto più concreto, incisivo, fecondo -e quindi, dal punto di vista del potere, molto più pericoloso- che non quello di Diogene. Di fronte ad Alessandro, Diogene se la cavò con un beau geste. Callistene dovette pagare con la vita la propria coerenza.

Vi è infine, un secondo aspetto dell’incontro tra Alessandro e Diogene che varrebbe la pena di considerare. Al di là dell’apparente abisso di condizione sociale (un re che va a trovare uno straccione!), si trattò di un vero e proprio incontro al vertice, un incontro di dominatori. Davanti ad Alessandro, e a differenza di Callistene, Diogene non si pose come testimone della verità, ma semplicemente come un altro padrone. Cambiò solo la scala del dominio, non la sua natura: da una parte l’aspirante padrone del mondo, dall’altra il bisbetico padrone di se stesso. Diogene parlò la lingua del potere, e Alessandro lo poté ammirare perché, al di là delle sue stravaganze, intuì in lui una natura simile alla sua. In un certo senso, Diogene era molto più funzionale al potere che non Callistene, e la sua stessa stravaganza gli fece da fossato protettivo.

Proprio secondo la chiave del dominio dovremmo quindi leggere sia la reciproca ammirazione di Alessandro e Diogene (e sullo sfondo l’ammirazione di Plutarco, uomo innamorato del potere quanto nessun altro), sia la sufficienza dello stesso Plutarco e Aristotele verso Callistene e il suo destino. Per un mondo senza speranza come quello ellenistico e tardoromano, era il potere, di qualunque genere, e non la testimonianza alla verità, l'unico strumento che l'uomo avesse di sfuggire al Fato che lo divorava.

Giovanni Romano

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(1) Di Corinto.
(2) PLUTARCO, Vita di Alessamdro, 14. In Vite Parallele, Milano 1974, p.446.
(3) PLUTARCO, op. cit., 53, p.479.
(4) PLUTARCO, op. cit., 55, p.481.
(5) PLUTARCO, op. cit., 53-54, pp.479-480.
(6) PLUTARCO, op. cit., 55, p.481.

venerdì 17 febbraio 2012

Ma lo spread è roba che si mangia?


Da mesi ormai sentiamo parlare di spread. Da conoscenza esoterica, per pochi iniziati di Borsa, è diventato il nostro pane quotidiano, il nostro termometro, il misuratore della nostra felicità o – più di frequente - il termometro delle nostre angosce per il futuro. È stato usato e manipolato mediaticamente come arma contro il governo Berlusconi (la sua improvvisa, anomala salita è stato uno dei grimaldelli che hanno fatto saltare il governo), è diventato come il DoomsdayClock, l'orologio che misura la distanza dell'umanità da una catastrofe nucleare. Più sale, più dovremmo stare peggio; più scende, più la nostra economia dovrebbe andare meglio, o, a essere sinceri, limitarsi a non peggiorare.

Ma come mai, mentre lo spread ci viene cucinato in tutte le salse dai media, nelle cucine reali di troppi italiani c'è sempre meno da mangiare? Sembra di vivere nell'atmosfera di mistificazione totale che imperversava nel capolavoro di George Orwell La fattoria degli animali: quando i maiali avevano ormai consolidato definitivamente il loro potere e ridotto gli altri animali a una vita di stenti, il propagandista, Clarinetto, ogni domenica li convocava in assemblea e leggeva lunghi elenchi di statistiche sull'aumento della produzione di energia elettrica, di fieno, di frutta, di attrezzi agricoli, di sementi, di concimi... “ma c'erano delle volte in cui gli animali avrebbero desiderato meno cifre e più cibo”.

Ogni commento è superfluo.

Giovanni Romano

sabato 4 febbraio 2012

La donna che dormiva


Nel suo libro Le Quatre-Vingt Treize (Il Novantatré) Victor Hugo descrive una scena della Rivoluzione Francese che ho trovato particolarmente ripugnante. Durante il processo a Luigi XVI di fronte alla Convenzione, un deputato si era addormentato sul suo banco. Dovettero scuoterlo quando venne il suo turno di pronunciare la sentenza. Lui aprì a malapena gli occhi, bofonchiò “la morte” e si riaddormentò.

Che si potesse disporre con tanta leggerezza della vita di un essere umano ha ridimensionato di molto ai miei occhi il valore di qualsiasi rivoluzione che si pretenda migliore dell'epoca che l'ha preceduta. Qualcosa del genere è avvenuto in Inghilterra nelle scorse settimane a proposito di un dibattito molto infuocato sull'aborto, dove una deputata laburista alla Camera dei Comuni non ha fatto altro che dormire mentre in commissione si discuteva della vita di migliaia di innocenti. Traduco integralmente l'articolo deiDaily Mail da cui proviene la notizia. Ai lettori non sfuggirà il taglio decisamente pro-abortista nella parte in cui ci si allarma per la decurtazione dei “diritti” (!) delle donne. La mia ammirazione va invece a chi cerca di difendere il valore della vita umana in quello che oggi è lo stato più scristianizzato, cinico e disperato che esista al mondo.

Ma ancor più significativa è cieca la superficialità di chi, chiamato a responsabilità tanto gravi, dà talmente scontato l'omicidio legalizzato da permettersi di dormire mentre si sta decidendo sulla vita.

Diane Abbott “è caduta addormentata a Westminster
durante un dibattito cruciale sulle leggi sull'aborto”

di Simon Walters

La portavoce della sanità per il Partito Laburista, Diane Abbott, si è ritrovata al centro di una nuova aspra polemica la notte scorsa a causa delle proteste per essersi addormentata durante un dibattito sulle leggi in materia di aborto tenutosi a Westminster.

Le accuse sono venute alla luce dopo le improvvise dimissioni della Abbott da un comitato parlamentare istituito per discutere se alle donne dovesse essere offerto un servizio di consulenza indipendente quando decidono di terminare o meno una gravidanza.

La sua collega di commissione, la deputata conservatrice Nadine Dorries ha sostenuto che le dimissioni di Mrs. Abbott sono arrivate dopo che lei non aveva avuto virtualmente nessuna parte in nessuno dei tre incontri della commissione.

Mrs. Abbott ha vivacemente negato di essersi appisolata. Ma Mrs. Dorries, che ha condotto una campagna per la restrizione dei criteri abortivi, ha detto che lei “ha dormito” per tutta la durata della prima riunione, “non si è presentata” alla seconda ed è “arrivata in ritardo” per la terza.

Mrs. Dorries ha sostenuto che a un certo punto il presidente della commissione, il ministro della sanità Anne Milton, ha alzato la voce per cercare di svegliare la sonnecchiante Mrs. Abbott.

Il deputato per il collegio di Peterborough Steward Jackson ha confermato le dichiarazioni della Dorries dicendo: “Io sedevo praticamente di fronte a Diane Abbott durante una riunione, e lei stava certamente dormendo durante una parte dell'incontro”.

La Abbott e la Dorries si sono duramente scontrate nella trasmissione Newsnight sul secondo canale della BBC, durante la quale la presentatrice Kirsty Walk ha sfidato la Abbott a pronunciarsi sulle accuse di essersi addormentata.

La commissione è stata istituita l'anno scorso dopo che l'appello di Mrs. Dorries affinché alle donne fosse offerta una consulenza indipendente sull'aborto non era riuscito a ottenere l'appoggio dei membri del parlamento.

La Dorries sosteneva che organizzazioni come il British Pregnancy Advisory Service non possono garantire una consulenza imparziale perché ricevono fondi per eseguire aborti.

I critici affermano che la proposta di Mrs. Dorries potrebbe minacciare il diritto di una donna a terminare la propria gravidanza.

Quando il suo piano non è riuscito ad avere l'appoggio della Camera dei Comuni, il governo si è impegnato ad allestire una commissione per ascoltare l'opinione pubblica. Questa commissione è costituita da membri del parlamento che rappresentano le opposte posizioni.

La Dorries ha dichiarato: “La condotta di Diane durante le riunioni è stata sconcertante. Non ha contribuito quasi per nulla. Ha dormito durante la prima riunione, così tanto che quando il ministro si è rivolto a lei, ha dovuto alzare la voce perché a quanto pare Diana non l'aveva ascoltata perché si era appisolata”.

“Non si è presentata alla seconda riunione ed è arrivata in ritardo per la terza. Per quanto mi ricordi, il suo intervento più lungo in tutte e tre le riunioni è stato per spiegare come mai fosse in ritardo”.

Mrs. Abbott ha negato di “essersene andata sbattendo la porta” dalla commissione. Ha detto di essersi dimessa perché era convinta che la commissione fosse “un espediente” per favorire le opinioni della Dorries sull'aborto.

Mrs. Dorries ha dichiarato: “Io sospetto che la vera ragione per cui si è dimessa è perché se le si chiedesse quale sia stato il suo contributo, lei non sarebbe in grado di dirlo. Lei non è adatta a fungere da portavoce sulla salute per conto dell'opposizione”.

Ieri sera [27 gennaio 2012, N.d.T.] un portavoce di Mrs. Abbott ha dichiarato: “Diane è stata presente in due riunioni e sfortunatamente ha dovuto assentarsi in una occasione. Nadine è un po' stupida quando dice che Diane ha dormito durante una riunione. È un tentativo di deviare l'attenzione dai problemi reali”.

Agli inizi di [gennaio] Mrs. Abbott era stata oggetto di una bufera di critiche a proposito del suo commento sui “bianchi che dividono per comandare” dopo il processo agli assassini razzisti dell'adolescente nero Stephen Lawrence.

Il leader laburista Ed Milliband l'ha costretta a scusarsi.

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Giovanni Romano

giovedì 2 febbraio 2012

David Attemborough: non si può escludere l'esistenza di Dio

 “CI  POTREBBE ESSERE UN DIO”, AMMETTE DAVID ATTEMBOROUGH: 

L'ANZIANO CONDUTTORE DICE CHE CREDERE NELL'EVOLUZIONE NON E' INCOMPATIBILE CON LA RELIIGIONE

Di Kerry Mcqueeney, Daily Mail 29 gennaio 2012

È famoso in tutto il mondo per le sue analisi sulla storia evolutiva del pianeta nei suoi sbalorditivi studi documentaristici del mondo naturale.

Tuttavia, in un'ammissione che fa a pugni con la posizione evoluzionista tenuta dai programmi naturalisti che presenta, Sir David Attenborough ha detto che l'esistenza di Dio potrebbe essere una possibilità.

L'ottantacinquenne presentatore ha rivelato stamattina [29 gennaio 2012, N.d.T.] che, pur essendo agnostico, non ha escluso l'esistenza di un essere supremo.

Sir David ha fatto questi commenti mentre veniva intervistato nel programma Desert Island Discs, trasmesso da Radio 4 stamattina.

Ha detto agli ascoltatori di non credere che la comprensione dell'evoluzione sia incompatibile con la fede religiosa.

Il veterano documentarista, ospite in occasione del settantesimo anniversario della trasmissione, ha ammesso che pur essendo ancora agnostico non poteva escludere la possibilità di un potere superiore.

Ha detto alla presentatrice di Desert Island Disc Kirsty Young: “Non penso che uno studio e un'accettazione della storia della vita, lunga 4 miliardi di anni, sia in alcun modo contraddittoria con la fede in un essere supremo. E non mi spingo fino ad affermare di essere ateo”.

Se le sue ultime affermazioni sono tutte da seguire, sembrerebbe che le opinioni di Sir David sulla religione si stiano gradualmente ammorbidendo man mano che diventa più vecchio.

Tre anni fa, in un'intervista al Daily Mail, sembrava meno convinto dell'esistenza di Dio.

Descrivendosi come agnostico piuttosto che ateo, disse di essere “un po' infastidito” per non poter pronunciarsi più decisamente a favore di un'opinione piuttosto che dell'altra.

Ha detto di non avere alcun retroterra religioso nella sua vita, aggiungendo: “Vorrei quasi averlo avuto, così potrei dire di aver rifiutato la fede dei miei genitori ma, per quanto io ne sappia, loro non avevano alcuna fede religiosa”.

Suo fratello, il celebre attore e regista Sir Richard Attenborough, condivide le sue opinioni agnostiche.

Tuttavia nel 2008 sir Richard disse che quasi desiderava di credere davvero in Dio, perché questo gli avrebbe dato conforto – o almeno qualcuno da incolpare – dopo aver perso una figlia e una nipote nello tsunami asiatico.

Sir David, che ha anch'egli dovuto sopportare una perdita quando sua moglie Jane morì di emorragia cerebrale nel 1997, ha pure lui ammesso che la fede in Dio potrebbe rendere più facile elaborare il lutto.

Ha aggiunto: “Oh sì, posso capire che se voi credete rivedrete la persone dopo la morte, le persone che avete amato, sarebbe una grande consolazione. Ma tuttavia non riesco a vedere alcuna prova di questo”.

Ha detto che man mano le persone invecchiano, il loro itinerario umano si fa meno complesso, aggiungendo: “Quando avete venti o trent'anni la vita si prende come una spacconata. Tutto si riduce a dire: “Come ci arrivo ci arrivo, posso remare, e quando ci sarò arrivato saprò come affrontarlo”.

“Ma vi dico che quando si arriva a 82 anni, le vostre opinioni sono molto differenti. Si è molto meno sicuri di tutto”.

Nell'intervista odierna a Radio 4, Sir David ha parlato anche della controversia che si è sollevata sull'uso delle riprese di orsi polari in uno zoo nella recente serie della BBC Frozen Planet.

Ha sostenuto che gli autori del documentario avevano la necessità di presentare un quadro completo del ciclo di vita di quegli animali.

(c) Daily Mail, 2012
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Giovanni Romano

venerdì 27 gennaio 2012

Contro l'Ungheria menzogne a sangue freddo - E l'Italia sta anche peggio

Stamane, in una trasmissione su Radio1 RAI, una giornalista ungherese denunciava la "censura sulla stampa" che sarebbe stata istituita nel proprio paese. Comprendo tanta indignazione. Ai suoi occhi, come a quelli dell'eurocrazia al potere, il governo Orban ha tre gravissime colpe:

  1. Ha fatto esplicito riferimento alle radici cristiane del paese nella sua Costituzione;
  2. Sempre nella sua Costituzione, ha solennemente proclamato il diritto alla vita del concepito;
  3. Ha un governo democraticamente eletto.
 Ma quella giornalista mentiva sapendo di mentire. Proprio oggi Reporters Sans Frontières ha pubblicato la mappa della libertà di stampa nel mondo, ripresa anche dal Daily Mail, che ha segnalato con preoccupazione una diminuzione della libertà di stampa negli USA e in Gran Bretagna.

Quello che c'interessa qui è però  la tabella allegata alla mappa con la graduatoria mondiale di tutti i paesi. E si fanno scoperte sconcertanti, non certo lusinghiere per l'Italia che si piazza al 61° posto, addirittura dopo la Bosnia-Erzegovina, e ben al di sotto dell'Ungheria (40° posto).


Cliccando per ingrandire l'immagine, si nota a colpo d'occhio che l'Ungheria è colorata di giallo (situazione "soddisfacente" anche se non proprio ottimale) mentre l'Italia scivola verso l'arancione ("Notevoli problemi"). Da notare che Reporters Sans Frontières non ha mai fatto sconti a nessuno. E nonostante questo la nostra stampa ha il coraggio di criticare il governo Orban!

Fino a che punto di mistificazione siamo arrivati! Basterebbe questo solo esempio a far capire quanto la nostra stampa, e in particolare quella di sinistra, è asservita ai veri poteri forti, e quale brutale schiacciamento di un paese libero si sta organizzando in queste ore da parte della cricca laicista di Bruxelles.

Giovanni Romano

Sessantamila persone, Dio mio, sessantamila!

Cinque anni fa, nell'ormai defunta (e rimpianta) libreria Anima Mundi qui a Corato, assistetti alla presentazione del libro della Dott.ssa Anna Zeligowsky, una farmacista ebrea i cui genitori, ebrei polacchi, furono gli unici superstiti delle rispettive famiglie durante la seconda guerra mondiale. Ciascuno dei due non sapeva nulla dell'altro. Ciascuno dei due riuscì a scampare per conto proprio allo sterminio. Si conobbero e si sposarono subito dopo la fine della guerra.
La madre e il padre lasciarono un diario della propria esperienza, e la figlia li ha uniti in modo tipograficamente molto originale: uno è capovolto rispetto all'altro, così che le narrazioni convergono anche materialmente verso il centro del libro.

Ma non fu questo che mi colpì, quella sera. Né furono le storie pur drammatiche dei suoi genitori, perché avevo ascoltato testimonianze anche più atroci. Fu un particolare apparentemente secondario, riportato quasi per inciso. Dal ghetto in cui viveva il padre della signora non si salvò quasi nessuno, furono uccise sessantamila persone.

Non so se riesco a descrivere l'effetto che mi fece quella frase. In quel momento mi si abbuiò la vista, vidi distintamente una folla che veniva verso di me e mi passava accanto senza fermarsi. Erano donne, uomini, bambini, vecchi. Nessuno parlava, nessuno correva. Tutti guardavano fisso davanti a sé, e dietro di loro c'era un'oscurità spaventosa, un buio assoluto. Sembravano emergere da quel buio per andare verso un altro buio ancora peggiore. Una folla di fantasmi condannati a morte.

Ecco, sessantamila persone è un numero che si può capire, che si può afferrare, che rende atrocemente visibile l'enormità del crimine commesso. Sessantamila persone è un paese dove ancora ci si conosce almeno di vista con tanti, un paese dove si parla col vicino, col vigile, si va a prendere il giornale dal giornalaio, si vede la madre di famiglia che batte i panni sul balcone, si guardano i bambini che tornano da scuola o il vecchio curvo con il bastone, è un paese dove si vede la gente nascere e morire e ciascuno ha un volto, fosse pure sepolto in un angolo della memoria. E tutto questo paese, tutte queste esistenze, assassinate in un colpo solo! Sessantamila persone!

Non sono mai riuscito né mai riuscirò a visualizzare sei milioni di persone. Sono una cifra troppo grande, che dà ragione al ributtante cinismo di Stalin: "La morte di un solo uomo è una tragedia. La morte di centomila persone è una statistica". Ma sessantamila è una ferita che mi brucia ancora adesso, non è possibile anestetizzarla in nessun modo. Sessantamila volti che non finiranno mai di interrogarmi.

Giovanni Romano

lunedì 16 gennaio 2012

Paranoia politicamente corretta

Ieri il Corriere della Sera riportava un'intervista alla titolare del Welfare, la signora Fornero. A parte le dichiarazioni alquanto scontate sul mercato del lavoro, sull'occupazione dei giovani, delle donne, dei cinquantenni e via dicendo, l'articolo si apriva mettendo in grande risalto una dichiarazione della ministra: "Non chiamatemi 'la' Fornero (...) Dite 'Fornero' e basta, così come dite 'Monti'". 

A me personalmente piacerebbe non nominare nessuno dei due, ma le parole della Fornero erano tutt'altro che un capriccio estemporaneo. Il Corriere commentava infatti con entusiasmo: "Non è una lezione di grammatica, ma un'esortazione anti maschilista quella del ministro del Lavoro Elsa Fornero, che ieri pomeriggio si è rivolta così a giornalisti e pubblico del Circolo dei lettori di Torino".

Ma da quando in qua menzionare uomo e donna è maschilista e offensivo? Dov'è finita la rivendicazione dell'identità femminile? L'essere umano con le sue specificità, la donna in particolare, è condannato a essere cancellato dietro la funzione che ricopre? E' un truismo notare che le parole della Fornero non fanno altro che subordinare la donna a modelli maschili e maschilisti. Sotto questo aspetto, il suo invito suona addirittura grottesco.

Dietro le parole della Fornero c'è un grigio conformismo politicamente corretto che sconfina quasi nella paranoia, come di chi si guarda nevroticamente dietro le spalle nel timore di essere colto in fallo. E questo timore appesantisce costantemente ogni discorso che diventa forzato e inquisitorio senza la scioltezza e la libertà che vengono dal vivere l'evidenza. E naturalmente è sottesa l'ideologia del gender dove l'uomo o la donna non esistono più, ma soltanto ruoli da ricoprire a piacimento da esseri asessuati o polisessuati.

Ma se censuriamo delle evidenze tanto elementari, cos'altro potrà salvarsi dal capriccio e dalla manipolazione, da discorsi falsi e falsificatori? Quanto a me non mi eserciterò a mentire a me stesso, e continuerò imperterrito a distinguere tra l'uomo e la donna. Con buona pace della signora Fornero e del signor Monti.

Giovanni Romano

domenica 15 gennaio 2012

500 visualizzazioni di troppo?

Chiedo un favore a chi visita il mio blog. Normalmente il numero di contatti quotidiani su questa pagina si aggira sugli 11-15, e 20 nei giorni di punta. Quando postai la traduzione dell'articolo su Rick Santorum (che infatti ora è il primo dei miei post più popolari) il numero dei contatti ebbe un'improvvisa, violenta impennata: oltre 500 in una sola volta. Ma non fu per l'argomento. Controllando la provenienza, mi accorsi che venivano quasi tutti da un sito russo di spamming e quasi certamente di hacking. 

Da quel momento, inoltre, per un paio di giorni mi è stato impossibile segnalare direttamente i miei posts su Facebook perché Blogger segnalava la presenza di un link a un sito sospetto di "sondaggi" online, che scoprii visualizzando il codice HTML della pagima. Oggi il problema sembra essere scomparso, ma "stranamente" sono scomparsi dal log anche quei 500 contatti anomali.

Si è trattato quasi certamente di un attacco informatico, non so se a me personalmente o a Blogger in generale. Vi chiedo di segnalarmi se visualizzando la mia pagina vi compaiono avvisi strani del tipo "Sei il milionesimo visitatore, hai vinto una BMW, clicca qui per ritirare il premio!"), finestre popup che rifutano di chiudersi oppure se il browser tenta di dirottarvi verso altri siti. Grazie per le segnalazioni.

Giovanni Romano

giovedì 12 gennaio 2012

Recensione - "Sposati e sii sottomessa" di Costanza Miriano

SPOSATI E SII SOTTOMESSA
Pratica estrema per donne senza paura

Che il libro di Costanza Miriano fosse controverso fin dal titolo me l'aspettavo, anche se il sottotitolo introduce già uno dei suoi principali leitmotive: una salutare, frizzante autoironia. Ma non mi aspettavo assolutamente il dibattito furioso, accanito, che si è scatenato su Facebook tra alcuni miei amici, tutti lettori di grande preparazione e di provata fede cattolica. Un dibattito combattuto a colpi di citazioni bibliche e magisteriali che è trasceso nel risentimento personale fino ad arrivare alle cancellazioni tra persone che si conoscevano e si stimavano da molto tempo.

Perché tanta asprezza? La querelle girava appunto intorno alla parola “sottomissione”, tra chi si ribellava all'idea che il libro reintroducesse il modello della famiglia patriarcale e del padre-padrone, e chi invece difendeva a spada tratta la famiglia “tradizionale” (in realtà, non c'è niente di “tradizionale” nella famiglia composta dall'uomo e dalla donna, ogni coppia ama per la prima volta, genera per la prima volta, sbaglia e si perdona per la prima volta).

In quel dibattito non ero intervenuto perché non avevo il libro, e anche per carenza di preparazione specifica sui documenti del Magistero. Ma ora che l'ho letto mi sento di esprimere un parere approfondito che quasi certamente scontenterà tutti, perché mi sembra che entrambe le parti, nel furore della polemica, abbiano perso di vista alcuni punti fondamentali.

Innanzitutto, chi si aspetta un arcigno trattato dottrinario, pesante, infarcito di citazioni libresche, resterà meritatamente deluso. Da molto tempo non mi capitava di leggere un libro fresco, brioso, pieno di spiritosa inventiva come questo. La Miriano, giornalista professionista, dimostra un notevolissimo talento nell'evocare a raffica un fuoco d'artificio di situazioni, di caratteri, di libri e di autori, accostando acrobaticamente i pannolini e San Girolamo, il biberon e Fred Buscaglione, il lavoro in TV e i compiti per casa dei bambini. In ogni frase si sente spumeggiare la vita. Osservo di passaggio che una simile capacità di guardarsi intorno e di notare tante cose è segno di una personalità molto libera e realizzata. La “sottomissione” di cui parla la Miriano non pare dunque avere effetti deleteri sulla creatività.

Ma con questo siamo ancora alla superficie. Dietro la felicità della scrittura e la brillantezza dello stile c'è un'ossatura estremamente robusta, delle convinzioni cattoliche molto profonde che costituiscono il vero pregio dell'opera. Più che sulla sottomissione, il libro ruota intorno a una constatazione molto semplice: l'uomo e la donna si realizzano nei rapporti, e possono realizzarsi pienamente solo in un rapporto definitivo di dono e di gratuità qual è il matrimonio. La prima parola non è infatti “Sottomettiti” ma “Spòsati”. Questo sembra essere sfuggito tanto a coloro che hanno criticato la Miriano quanto a quelli che hanno contrattaccato per difenderla forse con troppo zelo. Prima ancora che dosare i poteri e i doveri col bilancino, il matrimonio è anzitutto condivisione e accoglienza dell'altro così com'è, un cammino dove niente può essere dato per scontato ma che fa crescere man mano che si procede e si ha il coraggio della fedeltà. E la diversità dei sessi conduce alla diversità dei ruoli prima ancora che alla rivendicazione dei poteri.

Per questo ogni capitolo è introdotto da una lettera a un soggetto ben determinato e tratta un argomento ben determinato. Così, scherzosa nella forma ma ferma nella sostanza, la Miriano accompagna, suggerisce, esorta i suoi destinatari a prendere posizione di fronte alla loro vita, e farlo attraverso la strada di un legame certo e irrevocabile. I suoi consigli non potrebbero andare più controcorrente rispetto alla nostra cultura del disimpegno e della provvisorietà. Basti leggere le lettere all'amico che convive e rifiuta di sposarsi, a un'amica che passa da un uomo all'altro, alla coppia troppo perfetta che bastava a se stessa e si scopre in crisi, a un collega che non si decide ad avere bambini. Tutti richiamati alla bellezza della vita attraverso un impegno senza sconti con la realtà, ma sorretto da una serena fiducia in Dio. Tutta roba molto, ma molto indigesta per il “politically correct”.

Last but not least, un altro dei motivi profondi del libro – purtroppo passato del tutto sotto silenzio nella summenzionata polemica – è la fecondità. I bambini compaiono dappertutto nel libro, dalla prima all'ultima pagina. Il donarsi all'altro non è fine a se stesso ma, anche nella fatica, è per una gioia più grande, la gioia di una vita che cresce, da tutelare e da accompagnare. Non per niente le ultime pagine, dedicate al destino dei figli, sono le uniche dove si avverte una certa trepidazione.

Se un uomo leggesse le pagine della Miriano illudendosi di vedersi riverito e adulato come un sultano, è meglio che se lo scordi. Questo libro non è solo per donne senza paura, è anche per uomini senza paura. Senza paura di amare le proprie spose e di esserne amati, senza paura dei propri limiti e di quelli dell'altra, senza paura di addentrarsi nel tempo che passa, e senza paura di rivolgersi a un Altro per chiedere la forza di affrontare il cammino più decisivo della propria esistenza. Citando Chesterton, la Miriano sostiene che l'avventura più eccitante della vita non è la trasgressione ma l'ortodossia. Il matrimonio è veramente una pratica estrema, perché nella sua essenza è un'avventura che come unico limite ha solo la morte. E l'Autrice riassume tutta la grandezza e la dignità dirompente di questa avventura in una osservazione folgorante: “Che vivi a fare se non costruisci qualche cosa che ti superi?”.

Giovanni Romano

mercoledì 11 gennaio 2012

Storica sentenza della Corte Suprema: le organizzazioni religiose non sono obbligate ad assumere chi è contrario alle loro convinzioni

di Adam Liptak

WASHINGTON – In una decisione di grande importanza sulla libertà religiosa, la Corte Suprema ha riconosciuto per la prima volta una “eccezione di ministero” alle leggi sulla non-discriminazione nel posto di lavoro, affermando che le chiese e gli altri gruppi religiosi devono essere liberi di scegliere i propri responsabili senza interferenze da parte del governo.

“L'interesse della società nell'implementazione delle leggi sulla non discriminazione nel posto di lavoro è indubbiamente importante”, ha scritto il presidente John G. Roberts Jr. a nome dell'opinione unanime di tutta la Corte. “Ma lo è anche l'interesse dei gruppi religiosi a scegliere chi predicherà le loro convinzioni, chi insegnerà la loro fede, chi porterà avanti la loro missione”.

La sentenza ha dato solo poche linee guida sul modo in cui le corti debbano decidere chi dev'essere considerato “ministro del culto”, dichiarando che la Corte è stata “riluttante ad adottare una formula rigida”. Due opinioni concorrenti hanno offerto proposte contrastanti.

Il caso, Hosanna-Tabor Church vs. Equal Employment Opportunity Commission, n.10-533, è stato portato all'attenzione della Corte da Cheryl Perich, ex insegnante in una scuola di Redford, nel Michigan, parte del Sinodo della Chiesa Luterana del Missouri, la seconda maggiore denominazione luterana negli Stati Uniti. La Perich ha dichiarato di essere stata licenziata per aver perseguito una rivendicazione di discriminazione sul lavoro a motivo di una disabilità, la narcolessia.

La Perich ha insegnato in gran parte materie secolari ma ha anche dato lezioni di religione e ha frequentato la cappella con la sua classe.

“E' vero che i suoi doveri religiosi prendevano solo 45 minuti di ciascuna sua giornata lavorativa”, ha scritto il presidente Roberts, “e che il resto del tempo era dedicato a insegnare materie secolari”.

“La questione di fronte a noi, tuttavia, non è una di quelle che si possono risolvere col cronometro”, ha scritto.

Invece, la Corte ha preso in considerazione parecchi fattori. La Perich era un'insegnante “vocazionale” che aveva completato il corso di studi religioso e che la scuola considerava un ministro del culto. È stata licenziata, ha dichiarato la scuola, per aver violato la dottrina religiosa scegliendo la strada del contenzioso giudiziario anziché cercare di risolvere la disputa all'interno della chiesa.

Il presidente Roberts ha dedicato parecchie pagine della sua opione alla storia della libertà religiosa in Inghilterra e negli Stati Uniti, concludendo che un principio animatore dietro le clausole sulla libertà religiosa del Primo Emendamento è stato di proibire al governo di interferire negli affare interni dei gruppi religiosi in generale e nella selezione dei loro responsabili in particolare.

“L'Establishment Clause impedisce al governo di nominare i ministri del culto”, ha scritto, “e la Free Exercise Clause gli impedisce di interferire con la libertà dei gruppi religiosi di sceglierseli”.

L'amministrazione Obama ha dichiarato ai giudici che avrebbero dovuto analizzare il caso della Perich essenzialmente con gli stessi criteri che se fosse stata impiegata da una chiesa, da un sindacato, da un club o da ogni altro gruppo dotato dei diritti di libera associazione a norma del Primo Emendamento. Questa posizione è stata accolta con sferzanti critiche quando il caso è stato discusso a ottobre, ed è stata sonoramente bocciata nella decisione di mercoledì.

“Una posizione del genere è difficile da mettere d'accordo con il testo dello stesso Primo Emendamento, che dedica un'attenzione tutta particolare ai diritti delle organizzazioni religiose”, ha scritto il presidente Roberts. “Non possiamo accettare la rimarchevole opinione che gli articoli di fede non abbiano nulla da dire sulla libertà di una organizzazione religiosa di scegliere i propri ministri”. [La sottolineatura è mia, N.d.T.].

Richiedere la riassunzione della Perich “avrebbe apertamente violato la libertà della chiesa”, ha scritto il presidente Roberts. E altrettanto sarebbe stato accordare a lei e ai suoi avvocati un risarcimento in denaro, ha continuato, dal momento che questo “avrebbe operato come una punizione contro la chiesa per aver terminato il suo rapporto con un ministro indesiderato”.

In un'opinione concorrente, il giudice Clarence Thomas ha scritto che le corti non dovrebbero occuparsi di decidere chi abbia titolo all'eccezione di ministero, lasciando la determinazione ai gruppi religiosi.

“La questione se un dipendente sia o meno un ministro del culto è essa stessa religiosa nella sua natura, e la risposta varierà di molto”, ha scritto. “I tentativi dei giudici di modellare una definizione giuridica di 'ministro del culto' attraverso una linea di demarcazione ben definita o attraverso un'analisi multifattoriale rischiano di mettere in posizione di svantaggio quei gruppi religiosi le cui convinzioni, pratiche e affiliazioni sono al di fuori del 'mainstream' oppure sgraditi a qualcuno”.

In una seconda opinione concorrente, il giudice Samuel A. Alito Jr., affiancato dalla collega Elena Kagan, ha scritto che sarebbe un errore focalizzarsi sui ministri del culto, un titolo che è usato in generale dalle denominazioni protestanti e “raramente, se non mai” dai cattolici, dagli ebrei, dai musulmani dagli indù o dai buddisti. Né il concetto di ordinazione dovrebbe essere al centro dell'analisi, ha aggiunto il giudice Alito.

Piuttosto, ha aggiunto, l'eccezione “dovrebbe applicarsi a ogni 'dipendente' che abbia la responsabilità di condurre un'organizzazione religiosa, guidi un servizio di preghiera o importanti cerimonie religiose nonché rituali, o funga da messaggero o maestro della fede di questa”.

Durante il dibattimento a Ottobre, alcuni giudici hanno espresso la preoccupazione che una decisione onnicomprensiva proteggerebbe i gruppi religiosi dalle cause intentate da dipendenti che dichiarassero di essere stati oggetto di ritorsioni, ad esempio, per aver denunciato abusi sessuali.

Il presidente Roberts ha scritto che la decisione di mercoledì ha lasciato in piedi la possibilità di condurre inchieste penali, nonché le altre garanzie.

“Ci sarà abbastanza tempo per occuparsi dell'applicabilità dell'eccezione ad altre circostanze”, ha scritto, “se e quando si presenteranno”.

Laurie Goodstein ha contribuito al servizio da New York.

Copyright (c) The New York Times, 2012
Unhautorized translation by Giovanni Romano