Questo non è un blog trasgressivo. E' contro i trasgressivi a buon mercato. Questo non è un blog onesto o politicamente corretto. E' contro gli onesti e i politicamente corretti di professione. Questo non è un blog fuori dal coro, perché al suo autore piace la musica corale e l'unità tra le persone che essa crea.
venerdì 30 dicembre 2011
Nigeria: legittima difesa, ma mai vendette!
Non è successo nei paesi della sha'ria. E' successo in Scozia
Il bastone, la carota e la menzogna fiscale
Sia chiaro: con questo non intendo giustificare in nessun modo l'evasione fiscale, ma semplicemente ricordare che anche lo stato ha le sue responsabilità verso i cittadini che non sono semplicemente dei polli da spennare. Le tasse diminuirebbero davvero se anche lo stato facesse la sua parte nel tagliare le spese. Il punto è quali spese dovrebbero essere tagliate. I contributi allo spettacolo e all'editoria? Gli assegni di accompagnamento e le pensioni d'invalidità? Le indennità dei politici (argomento tanto sfruttato quanto ultimamente demagogico, negli USA la gente protesta giustamente contro le banche, non contro Capitol Hill)? Metteteci quello che volete, e per ognuna di queste voci sentirete levarsi alte grida di protesta.
Ma questo è il punto, ci piaccia o no. Lo stato deve ora operare delle scelte, non può permettersi di tassare illimitatamente i cittadini, pena l'aggravamento di una recessione che non sono stati i cittadini a causare.
martedì 27 dicembre 2011
Da Seattle alla Nigeria, storie di ordinaria cristofobia
Giovanni Romano
lunedì 26 dicembre 2011
Un racconto di Natale a scacchi...
mercoledì 21 dicembre 2011
Buon Natale
Non amo le mailing lists, e dopo alcuni episodi spiacevoli ho deciso di non intervenirci mai più, ma attraverso questo messaggio vorrei salutare innanzitutto gli amici di Samizdatonline e augurare loro Buon Natale e Felice Anno nuovo, ringraziandoli per gli sforzi, la passione e l'intelligenza con cui portano online la presenza di Cristo.
Estendo poi questi miei auguri a tutti i miei lettori del blog. Ho smesso da molto tempo di formulare buoni propositi per l'anno nuovo, ma forse sbaglio. Un buon proposito è sempre un invito a ripartire, a non dare la vita per scontata. Il buon proposito è questo: attraverso quello che ho scritto e che scriverò, spero di dare occasione di riflessione a chiunque mi legga. Spero che i miei lettori - e me per primo - sentano interrogati dalla realtà e portati a dare un giudizio meno banale su quello che accade.
E FELICE ANNO NUOVO
sabato 15 ottobre 2011
Napolitano: e tre!
E' vero che quest'ultimo caso è diverso dai primi due. Il maestro non ha mai rivendicato il suo gesto come un "diritto", e se non fosse stato lasciato colpevolmente solo probabilmente non l'avrebbe compiuto. Tuttavia è impossibile non pensare che con questa grazia Napolitano abbia voluto anche dare un segnale preciso a favore della soppressione di esseri umani, con una corerente linea politica. E per questo ribadisco che ora più che mai lui NON è il mio presidente. Vorrei che tanti altri cattolici si decidessero ad aprire gli occhi.
Giovanni Romano
Uno scrittore lamenta le critiche che le donne devono affrontare quando decidono di diventare suore
“Non a una sola ragazza che dice di voler diventare suora viene detto: 'Che grande suora sarai, è una bellissima notizia, è questo il tuo futuro'”, ha detto Garcia.
Il suo recente libro, “Che cosa ci fa una ragazza come te in un posto come questo?” (Libro Libres) presenta una collezione di testimonianze individuali di donne che hanno scelto il convento anziché la carriera e il matrimonio.
In un'intervista del 6 ottobre scorso con Europa Press, Garcia ha detto che la decisione di essere una suora è accolta con ripulsa mentre altre donne “si prostituiscono moralmente” sul loro posto di lavoro” tra gli applausi di tutti”.
Garcia ha detto che la gente considera la decisione di diventare suora come una “contraddizione” da parte di una donna perché “si nega la possibilità di avere bambini, e questo per molti è incomprensibile”.
“La società è avanzata grandemente rispetto alle scelte che le donne possono compiere, rispetto alla loro indipendenza... eppure reagiamo con orrore quando le nostre figlie o le figlie dei nostri amici dicono di voler diventare suore”, ha detto Garcia.
Ha evidenziato che le donne che ha intervistato per il suo libro erano tutte “adulte che hanno fatto liberamente la loro scelta”.
“Non sono pazze o stupide. Qualcosa è successo. Provate a scoprirlo. Loro hanno la risposta”, ha detto.
Garcia ha detto che voleva scrivere il libro perché la vita religiosa femminile è qualcosa “di molto sconosciuto” all'interno della Chiesa a paragone di quella degli uomini, che hanno una maggiore visibilità.
“Una suora diviene una suora per amore, un amore immenso. Ciascuna è testimone di un immenso amore. Senza quell'amore, quello che fanno non ha senso”, ha osservato. “E' l'amore di Dio che vince su tutto, distrugge i loro piani per il futuro, avere una famiglia, una carriera, eppure le rende molto felici”.
Di fatto, “la loro straripante gioia e felicità” è quello che ha attirato maggiormente l'attenzione di Garcia.
“Per me, una suora autentica è la testimonianza che Dio esiste, perché senza l'esistenza di Dio tutto questo sarebbe incomprensibile”, ha detto. “Non potrebbero essere gioiose e sarebbero frustrate”.
Jesus Garcia ha già venduto 10.000 copie del suo libro, al quale dà il merito per la sua inclusione della storia di Suor Teresita – una suora spagnola che ha il record del maggior numero di anni passati nel chiostro.
Suor Teresita, del monastero della Buena Fuente a Sistal, ha incontrato Papa Benedetto XVI durante la sua visita in Spagna con Papa Benedetto XVI durante la sua visita in Spagna per la Giornata Mondiale della Gioventù e gli ha donato una copia del libro di Garcia. L'autore si è incontrato in seguito con lei per chiederle le sue impressioni sull'incontro e ringraziarla per aver donato il libro al Papa.
Ha detto che Suor Teresita si è scusata con lui perché prima dell'incontro con il pontefice era “molto nervosa” e ha pensato che Garcia l'avesse messa “in un brutto guaio”.
“Mi sono detta: Gesù perdonami perché sono arrabbiatissima con te a motivo del guaio in cui mi hai messa, ma ora sono molto felice, molto contenta, e questo è stato un grande dono per me”, gli ha detto la suora.
Poche settimane dopo, il 16 settembre, Suor Teresita ha compiuto 104 anni, e il personale della casa editrice è venuto a celebrare con lei. Secondo Garcia, lei ha detto che il suo incontro con il Papa è stato “un dono della Vergine Maria alla fine della sua vita”.
Garcia ha detto che l'esperienza gli ha insegnato che “persino a 104 anni, avendo visto tutto quel che c'è da vedere nella vita, si può ancora sognare e sognare in grande”.
Ha detto di aver incontrato suore nel convento che sono come chiunque altro e che hanno “le loro virtù e i loro difetti”.
In ultima analisi, c'è bisogno che il mondo sappia di queste donne, ha ricordato Garcia. Quello che fanno è qualcosa “di cui c'è un grande bisogno”, ha aggiunto, convinto che “il mondo è sostenuto dalle preghiere di queste suore nel chiostro”.
Garcia ha detto di non credere all'idea che ci sia una crisi di vocazioni, aggiungendo che piuttosto si deve fare attenzione non alla “quantità” delle vocazioni ma alla loro “qualità”.
Le suore oggi hanno una vita molto differente da quella che facevano in passato, ha spiegato.
“Il mondo di oggi non offre nulla a chi è suora”, ha detto. Ha notato che mentre ci sono “meno suore oggi che 30 anni fa, ci sono più novizie ora che in passato”.
Garcia ha proseguito dicendo che in questo senso la Giornata Mondiale della Gioventù è sempre stata propizia alle vocazioni perché la Chiesa ha “un tipo di visibilità che non ha in altri periodi dell'anno o nella storia”.
Ha detto che la più grande soddisfazione che ha ricevuto da questo libro è stata l'aiuto che sta dando ai genitori e alle famiglie delle suore che non hanno saputo capire perché le loro figlie sono entrate in convento nel fiore degli anni.
Attraverso queste interviste, ha detto, hanno scoperto che quel che è accaduto alle loro figlie “è stato vero e non un capriccio o il risultato di un lavaggio del cervello ma piuttosto un'esperienza di amore reale”.
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Giovanni Romano
venerdì 7 ottobre 2011
Barletta, un Sud che torna sempre indietro
Fino a qualche anno fa, grossomodo fino agli inizi degli anni 2000, Barletta era una città industriale in piena espansione, con molte attività produttive tra cui spiccavano i calzaturifici e i mobilifici, che lavoravano in massima parte per l'esportazione. Molti di questi, a dire il vero, erano imprese improvvisate senza preparazione né vero e proprio spirito imprenditoriale, e specialmente dopo l'introduzione dell'Euro venne a mancare il cambio favorevole della moneta. Una spietata selezione “naturale” condusse a molte chiusure, le ditte più forti e meglio organizzate delocalizzarono in gran parte, e Barletta entrò in declino.
Questa tragedia colpisce tanto più amaramente perché ha rivelato che in questi anni si è tornati enormemente indietro. Dai capannoni agli scantinati. Dai calzaturifici ai tanto deprecati “mutandifici”. Dagli operai, per quanto pagati spesso in nero, al precariato più brutale, con salari degni del Terzo Mondo a danno soprattutto della manodopera femminile. Inutile gettare la croce addosso solo al proprietario e alla “sete del guadagno basso e feroce”. C'è stata una convergenza di fattori sia pubblici che privati: le banche che non concedono crediti, le istituzioni che non hanno vigilato, gli interventi di messa in sicurezza arrivati troppo tardi. La cosa peggiore è che non è nemmeno la prima volta. Molti anni fa, non ricordo se a Barletta o a Margherita di Savoia, crollò un palazzo anch'esso di tufo, costruito sconsideramente su molti piani. Da allora nulla sembra essere cambiato, ci sono solo false partenze in questo mio Sud che con il suo accettare le disgrazie si condanna ogni volta a essere ricacciato indietro.
Giovanni Romano
Steve Jobs, l'uomo oltre la macchina
L'unico appunto che sento di fare ad Apple – alla Apple, non a Steve Jobs – è stata la scelta di creare prodotti “di nicchia” rigidamente chiusi, smentendo l'intenzione originaria di creare un computer per tutti quale fu il Macintosh. A differenza della IBM, la Apple non ha mai concesso la licenza per la fabbricazione di compatibili, così che a livello di massa si affermò il ben più bolso PC, riproducibile però da centinaia di ditte e dunque più economico. Se la Apple avesse permesso i compatibili non avremmo mai sentito parlare di Windows. Il Macintosh aveva di serie il mouse e le finestre quando ancora gli utenti DOS dovevano sbrogliarsela con la riga di comando e il famigerato comando C:\>, oltre al quale sullo schermo regnava il buio assoluto.
Può darsi che la decisione della Apple fosse dettata dal timore di ritrovarsi fuori mercato, cosa che è effettivamente avvenuta per la IBM, che ha dovuto lasciare il settore dell'informatica per ufficio e concentrarsi sui mainframe. Anche la decisione di stabilire requisiti molto rigidi per i programmi da far girare sulle proprie macchine ha creato un parco software flessibile e potente, senza i bugs e i problemi di compatibilità che affliggono le varie versioni di Windows, per non parlare dei programmi. Ma al tempo stesso ha creato un sistema chiuso, fortemente controllato e altrettanto fortemente criticato dai sostenitori del software libero. Uno dei guru di Linux si è scagliato contro l'I-Pad bollandolo come “I-Bad” perché su di esso non è possibile far girare nessun programma che non sia Apple, e da scaricare unicamente dall'App Store. L'esatto contrario della filosofia Linux. Anche l'I-Phone ha dei controlli molto rigidi, tanto che lo sblocco di alcune sue funzioni – non consentito dal produttore – nel gergo degli hackers viene chiamato “jailbreak”: evasione dalla galera.
Ma, piaccia o non piaccia, una ditta come la Apple non è un istituto di beneficenza, e deve tutelare i suoi investimenti. La qualità ha un costo, e anche la creatività. Come è stato scritto in un messaggio di cordoglio giunto alla Apple, “ha reso più facile la vita a molti”. Non è stato solo questo. Steve Jobs ha dato una lezione di intraprendenza, di fiducia, di voglia di vivere e di positività, e ci ha fatto capire che per quanto siano potenti e sofisticate le macchine di cui ci serviamo, il fattore decisivo resta l'uomo che le crea.
Giovanni Romano
giovedì 6 ottobre 2011
Report: Facebook, Apple e Google censurano i contenuti religiosi
Alcune nuove compagnie mediatiche hanno messo al bando i contenuti cristiani, mentre altre hanno delle posizioni pubbliche che rendono la censura “del tutto inevitabile”.
“Le attuali convergenze tecnologiche di queste nuove piattaforme multimediali fanno pensare che queste pratiche che impediscono la libertà di parola e politiche tese a rimuovere la coscienza si consolideranno sempre più, a meno che non si intraprendano immediatamente delle azioni correttive”, ha affermato il rapporto.
Il rapporto ha suggerito anche che le compagnie dovrebbero seguire “un paradigma basato sulla libertà di parola” guidato dalle regole fondamentali del Primo Emendamento, anche dove non si applichino strettamente alle compagnie private. Ha anche invocato l'adozione di legislazione o di regole a livello federale per proibire “la censura dei punti di vista”.
“Quando abbiamo iniziato il nostro progetto John Milton per la libertà di parola religiosa(1), ho avvertito che si preparava una tempesta perché le compagnie “new media” come Apple, Facebook e Google stavano prendendo in considerazione la possibilità di censurare e di escludere dai loro siti i contenuti cristiani”, ha dichiarato il settembre scorso il senior vice president del National Religious Broadcasters' Craig Parshall.
“Ora, poco più di un anno dopo, dopo aver terminato il nostro studio ad ampio raggio, sono convinto che i diritti alla libertà di parola religiosa dovranno affrontare un uragano sul Primo Emendamento se non si agisce immediatamente”.
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Giovanni Romano
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(1) Si fa riferimento alla celebre orazione “Aeropagitica” con la quale John Milton prese coraggiosamente posizione a favore della libertà di opinione (N.d.T.).
domenica 2 ottobre 2011
USA: Nasce la Marriage Anti-Defamation League
PERCHÉ DIFENDE IL MATRIMONIO
“Ho l'impressione che ci siano troppi di noi che sono convinti che il matrimonio è l'unione di marito e moglie per stigmatizzarci o marginalizzarci tutti quanti se ci mettiamo insieme”, ha detto Maggie Gallagher, co-fondatrice della National Organization for Marriage.
In risposta, l'alleanza ha iniziato una campagna di reclami da parte dei consumatori diretta verso la Bank of America nello stato del North Carolina, dove si trova la direzione generale della compagnia.
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Giovanni Romano
martedì 27 settembre 2011
Il bar dove è morta la pietà
Abbiamo disceso un altro gradino verso l'inferno. Questa morte, o meglio il modo di (non) reagire a questa morte, è un regalo di Welby ed Englaro. Ce l'hanno regalata con il loro sbraitato “diritto-a-morire” che ha finito per allontanarci e renderci più indifferenti gli uni agli altri. Se morire è una scelta personale, anzi persino un “gesto-di-libertà”, perché mai ci si dovrebbe sentire interrogati dalla solitudine e dalla tristezza di un'altra persona? Perché mai dovremmo sentirci spinti ad aiutare chi ha deciso di farla finita? Forse una parola o un gesto avrebbero salvato quella donna. Ma lei non li ha avuti in vita, e nemmeno da morta ha avuto la carità di uno che si fermasse un attimo per pensare a lei. Sazi e disperati, come diceva il Cardinale Biffi.
Il lato orribile di questa vicenda non è il suicidio, ma il grado di indifferenza che questo suicidio ha rivelato. Non riusciamo più a pensare che valga la pena aiutare qualcuno a vivere. In quel bar non è solo una donna che si è uccisa. È stata assassinata la pietà.
Giovanni Romano
venerdì 23 settembre 2011
Sud Sudan: ricordo di un vescovo realista e coraggioso
(...)
In tutti questi anni, mons. Mazzolari non ha smesso di richiamare l'attenzione sui rischi legati all'immigrazione di musulmani verso l'Europa. "Ovunque s'insediano, prima o poi diventano una forza politica egemone. Gli italiani intendono l'accoglienza da bonaccioni. Presto si accorgeranno che i musulmani hanno abusato di questa bontà, facendo arrivare un numero di persone dieci volte più alto di quello che gli era stato concesso. Sono molto più furbi di noi. A me buttano giù le scuole e voi gli spalancate le porte delle chiese", aveva detto il presule sempre nel 2004. (1)
Secondo Mazzolari, non ha alcun senso esportare il sistema occidentale in società agropastorali dominate dall'islam, che non fanno alcuna distinzione fra politica e religione. "E' da ignoranti", aveva avvertito nella stessa intervista. "Gli islamici basano le loro decisioni solo ed esclusivamente sulla umma. I diritti dell'individuo non sanno neppure che cosa siano. E' assurdo pretendere di inculcargli il primo emendamento della Costituzione americana, nel quale è previsto che il Congresso non potrà fare alcuna legge per proibire il libero culto, o per limitare la libertà di parola o di stampa. Non lo capiscono proprio".
Giovanni Romano
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(1) Il neretto è mio, N.d.R.
mercoledì 21 settembre 2011
Contro l'ONU, difendere la dignità di anziani e malati
“Crediamo fortemente che la vita sia un dono che nessuna persona abbia il cosiddetto 'diritto' di terminare, che la morte sia il punto di arrivo di un processo naturale e che nessuna persona, nemmeno gli stessi anziani e sofferenti, abbia titolo per causare o affrettare il processo naturale del morire attraverso mezzi biomedici o di qualsiasi altro tipo”, ha spiegato l'Arcivescovo Silvano M. Tomasi, capo della missione permanente della Santa Sede come osservatore presso le Nazioni Unite e le sue agenzie specializzate a Ginevra.
Il 16 settembre ha parlato alla diciottesima sessione del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite a proposito del suo studio sul diritto alla salute degli anziani.
La critica dell'Arcivescovo Tomasi si è appuntata su un riferimento alla “questione dell'autonomia del paziente rispetto alla decisione di terminare la propria vita”, anche se ha riconosciuto che l'autore del rapporto non ha trattato tali questioni “nel contesto del presente documento”.
L'Arcivescovo ha detto che la Chiesa esorta gli scienziati e i medici a ricercare la prevenzione e il trattamento delle malattie collegate alla vecchiaia senza mai cedere alla “tentazione di far ricorso a pratiche che abbrevino la vita degli anziani e dei malati, pratiche che si rivelerebbero, di fatto, forme di eutanasia”.
Ha affermato che la Chiesa Cattolica vede il numero crescente di persone anziane come “una benedizione” piuttosto che “un fardello per la società”. La Chiesa gestisce in tutto il mondo 15.448 case per anziani, malati cronici e persone handicappate.
L'Arcivescovo ha citato il discorso che Papa Benedetto XVI ha tenuto in una casa di riposo a Londra nel settembre del 2010. Il Papa disse che ogni generazione può imparare dall'”esperienza e dalla saggezza della generazione che l'ha preceduta”.
“In verità, il fornire cure agli anziani non dovrebbe essere considerato tanto un atto di generosità quanto il pagamento di un debito di gratitudine”, disse il Papa.
Nonostante le sue obiezioni al riferimento nel rapporto alla “decisione di mettere fine alla vita”, l'Arcivescovo Tomasi ha espresso il suo accordo con molti aspetti del rapporto. Si è dichiarato d'accordo a che gli stati dovrebbero allocare più risorse per le cure geriatriche e dovrebbero addestrare il personale sanitario a interagire con i pazienti anziani “in modo appropriato, rispettoso e non discriminatorio”. L'Arcivescovo ha messo anche in rilievo il bisogno speciale di proteggere le persone anziane deboli contro gli abusi fisici e morali da parte del personale di assistenza o dei membri della famiglia.
L'accrescimento della proporzione degli anziani è “interculturale” e l'autore del rapporto è stato stringente nell'affermare che proteggere i diritti umani degli anziani dovrebbe essere la preoccupazione di ciascuno, perché ciascuno invecchia.
L'autore del rapporto ha esortato a un cambiamento di prospettiva rispetto all'attuale considerazione biomedica della vecchiaia che viene vista come “un fenomeno patologico o abnorme” e “parifica l'età avanzata alla malattia”.
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Giovanni Romano
mercoledì 14 settembre 2011
Tu chiamale, se vuoi, perversioni
Insomma, si sarebbe trattato solo di un errore. Era un gioco erotico tra persone adulte e consenzienti, l'ing. Mulé era un dilettante incompetente che si è lasciato sfuggire di mano la situazione. Un disgraziato incidente, ma niente di più. Anzi, quelle pratiche denoterebbero anch'esse “amore”, come non si è peritato di affermare uno dei tuttologi di turno.
Che Mulé non avesse intenzione di uccidere è indubbio, altrimenti avrebbe fatto sparire i corpi. E non c'è nemmeno da dubitare che il suo dolore sia sincero. Ma il punto ovviamente non è questo. Il punto è chiedersi se sia giusto mettere tanto a rischio la vita di una persona anche consenziente. Il punto è chiedersi se rapporti come questi, basati sulla dominazione, avvicinino le persone o piuttosto le allontanino, perché non si ama né si accoglie l'altro per come è, ma per quello che si vuole fare di lui.
Qualsiasi manuale di psicologia dice che il sadomasochismo esclude la reciprocità. C'è un “dominatore” che certamente desidera il sesso ma ha una paura matta del partner, ha paura di essere visto com'è davvero nell'intimità, un povero essere umano nudo e inerme (ma al tempo stesso ricco di vera forza, se ha il coraggio di amare davvero). E allora ha bisogno di ricoprire un ruolo, di mettersi una maschera, di staccarsi dall'altro il più possibile e così facendo di dominarlo. Inversamente, chi accetta di essere dominato/a lo fa per liberarsi da ogni responsabilità. Forse si disistima così tanto, forse ha una paura così grande del rifiuto dell'altro che, paradossalmente, può avere un rapporto sono annientandosi – e scaricando tutta la colpa sul partner. Da una parte e dall'altra è la pretesa che domina.
Ora io mi chiedo: un rapporto del genere potrà forse conoscere un momentaneo appagamento, ma conoscerà mai la crescita? Potrà mai portare a un compimento umano? Si potrà mai veramente sorridere al partner, dopo essersi trattati in quel modo? Sarà forse un sorriso di complicità, di gioia non so. Anche i più laici tra gli psicologi affermano che pratiche del genere finiscono per spostare il desiderio dalla persona al corpo, e dal corpo all'oggetto. Alla fine, della persona non resta più niente. Resta la cosa, resta solo l'ossessione di procurarsi un piacere a tutti i costi con dosi sempre più massicce di sesso estremo, come per la droga.
E' giusto, allora, cercare di rendere socialmente accettabile una pratica così distruttiva? Facciamo ben più chiasso per le sigarette, i diritti degli animali, l'obesità e le balene, ma non ci accorgiamo, o non vogliamo accorgerci, di quanto si stia cercando di soffocare l'umano in noi.
Giovanni Romano
domenica 11 settembre 2011
L'Arcivescovo e le lampadine a basso consumo
Giovanni Romano
mercoledì 7 settembre 2011
TG2: manipolato il discorso del Card. Bagnasco
Giovanni Romano
Obesi sani e magri malati
È più sano Giuliano Ferrara che difende i bambini abortiti piuttosto che le balene, i gatti e la foresta amazzonica.
Meglio avere l'adipe nella pancia che nel cervello.
Giovanni Romano
Spiacenti, non è un avvocato di Berlusconi...
Giovanni Falcone
“Ma contro Cosa Nostra occorrono superuomini”, intervista di Mario Pirani, Repubblica, 3 ottobre 1991
mercoledì 27 luglio 2011
Battiato il moralista accigliato
“Portano occhiali eccessivi, montature allusive, sembrano professoresse di certi film pornografici che a un tratto, senza preavviso, si rivelano” (Franco Battiato parlando delle ministre italiane, su “OGGI” 27 luglio 2011).
Giovanni Romano
martedì 26 luglio 2011
NORVEGIA: Quando la secolarizzazione non è una risposta
Giovanni Romano
domenica 24 luglio 2011
Il fondamentalista politicamente corretto
Giovanni Romano
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domenica 3 luglio 2011
GB: Sempre più in pericolo la libertà religiosa
Una avvocatessa cristiana vede “l'inizio di una tirannia” nelle dichiarazioni del Commissario alle Pari Opportunità
LONDRA, 1 Luglio 2011 / 05:59 (CNA) – La dirigente del Christian Legal Centre del Regno Unito vede incombere la persecuzione dei cristiani nella vita pubblica dietro le recenti controverse dichiarazioni da parte del Commissario alle Pari Opportunità e ai Diritti Umani Trevor Phillips.
La Williams non è stata la sola a chiedersi da dove Phillips abbia preso alcune delle idee che ha espresso in un'intervista del 19 giugno scorso con il quotidiano The Telegraph. Il Commissario alle Pari Opportunità ha dichiarato che gli immigrati musulmani si stavano integrando nella società inglese meglio di qualunque popolazione cristiana [L'attentato di Londra è stato opera di musulmani "perfettamente integrati", N.d.T.] , e che le pratiche di adozione cattoliche erano più discriminatorie dei tribunali basati sulla Sha'aria.
Phillips ha aggiunto anche che i cristiani tendessero a immaginare che sia in atto una discriminazione contro di loro quando in effetti non ve n'è alcuna. E ha specificato che i credenti non devono aspettarsi eccezioni rispetto all'Equality Act del 2010, con il suo linguaggio controverso sull'orientamento sessuale, una volta “usciti dalla chiesa o dalla moschea”.
La Williams, il cui ufficio cura la difesa dei diritti dei cristiani britannici nella sfera pubblica, ha dichiarato che le radici cristiane del suo paese l'avevano reso in passato “una terra di grande libertà” dov'era rispettata “la libertà di coscienza”.
“Abbiamo visto sradicare tutto questo in base al programma delle Pari Opportunità, che è la politica seguita da Trevor Phillips”, ha detto in un'intervista del 30 giugno. “Il secolarismo, secondo questo programma, non è neutrale. Punisce chi dissente”.
La Williams ha dichiarato che il sistema delle Pari Opportunità, iniziato con il primo ministro Tony Blair e proseguito con il suo successore Gordon Brown, “suona come un'utopia – ma di fatto conduce agli inizi di una tirannia”.
“Se si entra nella sfera pubblica, o in un impiego pubblico, si deve parlare e agire secondo il programma delle Pari Opportunità. Se non si agisce in quel modo, se non si è d'accordo, si viene puniti. Si perde il lavoro. Si viene indagati. Si corre il rischio di essere accusati di diffondere odio. Questa è la realtà che stiamo vivendo nel Regno Unito”.
La critica più plateale di Phillips al cristianesimo tradizionale nell'intervista a The Telegraph è arrivata quando si è toccato il punto dell'immigrazione di popolazioni provenienti dall'Africa e dai Caraibi.
Il Commissario ha ammesso che c'è “un chiasso dell'altro mondo sulla Chiesa che viene perseguitata”, ma ha detto che il vero problema per “le chiese convenzionali” è l'influsso di “gente che... crede in una religione dei tempi andati, il che secondo me è incompatibile con una società moderna, multietnica e multiculturale”.
La Williams ha ribattuto che questa idea di “incompatibilità” viene da una caricatura del cristianesimo, non dal Vangelo di Cristo in sé. “Tutto quello che viene da Lui”, ha detto, “porta al riconoscimento della dignità innata di ogni essere umano”.
“Proprio perché il cristianesimo non è coercitivo - a differenza del secolarismo, e a differenza dell'islam – conduce alla vera tolleranza”.
Nella lunga intervista al Telegraph, Phillips ha detto che i credenti in quanto individui possono aspettarsi che la sua Commissione difenda il loro diritto di celebrare il culto e di credere in quello che vogliono. Ha detto che è “parte integrante del patto fondativo di una democrazia liberale” che gli individui non vengano penalizzati o trattati in maniera discriminatoria” a motivo “di essere anglicano, musulmano o metodista o ebreo” [I cattolici non vengono menzionati, N.d.T.].
Ma la Williams ha accusato la Commissione di non osservare nemmeno questa limitata interpretazione della libertà religiosa.
“Quel che Mr. Phillips dovrebbe fare”, ha detto, “è venire a trascorrere una giornata al Christian
Legal Centre, dare una scorsa ai casi, e vedere la discriminazione che c'è in giro”.
Nel caso di Shirley Chaplin, ad esempio – l'infermiera a cui è stato detto di togliere la croce che portava al collo dopo averla indossata per 38 anni di servizio al pronto soccorso – sono state fatte eccezioni per i musulmani, con il loro lungo e fluente hjiab e una grossa spilla”.
Nel South London Council si permette ai musulmani di pregare cinque volte al giorno, ma ai cristiani non si permette di tenere calendari cristiani sulle loro scrivanie. Questa è la realtà in cui viviamo”.
Ha anche messo in rilievo il caso di Eunice e Owen Johns, una anziana coppia pentecostale che sono stati rifiutati come genitori affidatari – nonostante la loro vasta esperienza – perché disapprovavano l'omosessualità. “La Commissione Pari Opportunità è intervenuta in quel caso. Ed è intervenuta contro i cristiani”, ha fatto notare la Williams.
“Sono intervenuti in molti altri casi di rilievo. Non sono mai intervenuti, mai, contro i musulmani. Sono intervenuti solo in casi che coinvolgevano i cristiani per mettersi contro di loro. Questa non è uguaglianza. Questa è disuguaglianza”.
“C'è un servilismo generale verso l'islam, e al contrario il cristianesimo viene soppresso”, ha osservato la Williams.
“L'idea di fare posto alla Sha'aria, di accettarla – e poi di dire che le agenzie di adozione cattoliche, le quali credono che un bambino abbia bisogno di una madre e di un padre sposati, debbano essere chiuse – sta devastando la nostra società”.
La Williams ha detto che il perseguimento aggressivo del secolarismo da parte dell'Inghilterra sta creando un “vuoto” che i musulmani radicali potrebbero cercare di sfruttare. “L'islam radicale ha un programma preciso in questa nazione, e sta lavorando sodo”, ha puntualizzato.
Ma molti cristiani britannici mancano di difendere la verità biblica in questo contesto. “In molti modi, la Chiesa ha da rimproverare se stessa per la situazione in cui ci troviamo. Quel che dobbiamo fare è trovare la nostra voce. Altrimenti, avremo un'oppressione e una soppressione sempre maggiore”.
La Williams ha osservato che la Cristianità “è sopravvissuta storicamente ad attacchi molto peggiori di quelli di Trevor Phillips”. Ma ha ammesso che le prospettive appaiono “molto cupe” al momento.
“Abbiamo attualmente un governo che sta discutendo se estendere le unioni civili agli edifici di culto”, ha osservato. “Dicevano che non l'avrebbero mai fatto”.
La Williams e altri cristiani inglesi vogliono una autentica libertà religiosa per sé e per gli altri. Ma capiscono che il conflitto con il secolarismo è parte del costo della sequela.
“Gesù ha sofferto un falso processo, era odiato dal mondo, fu messo in croce”, ha ricordato”. “Ma
c'è stata la Sua resurrezione, e la speranza deriva da questo”.
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martedì 14 giugno 2011
I cattolici che non fanno paura al potere
Voglio subito sgombrare il campo da un equivoco, a costo di deludere e irritare alcuni amici che – già lo so - mi leggeranno. Sono andato a votare i referendum, e ne ho votati tre su quattro. Ho rifiutato di votare solo quello sul legittimo impedimento perché l'intento fazioso e persecutorio era troppo sguaiatamente evidente (non “la-legge-è-uguale-per-tutti”, bensì “la forca è uguale per tutti”).
Ma ho votato tre SI per motivi che poco o nulla hanno a che vedere con l'accanimento sconcertante, ai limiti del fanatismo, con cui tanti, troppi ambienti cattolici forse, incluse non di rado le gerarchie, hanno promosso in particolare il referendum sull'acqua, e che mi ha procurato un senso di disagio sempre più forte man mano che si avvicinava la data delle consultazioni.
Cominciamo però dal quesito più semplice e meno controverso, quello sull'energia atomica. Qui non ho avuto dubbi. Fukushima mi ha fatto completamente ricredere sulla sicurezza delle centrali nucleari e sulla credibilità dei governi quando sono in ballo interessi economici di fronte ai quali il valore della vita umana si riduce a zero. Fukushima è la prova provata dell'impossibilità di prevedere ogni possibile incidente e di farvi fronte. Ma soprattutto è la prova provata di una disinformazione deliberata e allucinante. Per giorni si è cercato di minimizzare la gravità di quello che era accaduto, anche a rischio di lasciare che la popolazione venisse contaminata in maniera sempre più grave, e si è stati costretti ad ammettere la verità solo quando i danni erano diventati troppo evidenti, con la centrale sventrata come quella di Chernobyl.
Fukushima mi ha trasformato in un nuclearista pentito, e nessun discorso potrà più persuadermi del contrario. A coloro che continuano a sostenere la causa del nucleare faccio una proposta: benissimo, costruiamo pure le centrali anche in Italia, ma con l'obbligo per voi e per le vostre famiglie di andare a vivere entro un raggio massimo di 30 km da una centrale o da un sito di stoccaggio di combustibile nucleare. Vi offriamo anche la casa gratis se volete; se l'energia nucleare è così sicura come sostenete, non penso che qualcuno di voi farebbe obiezione.
Veniamo però ai referendum più scottanti, quelli sui quali i cattolici – o almeno una parte consistente, dirò poi quale – si sono esposti più vocalmente, anche se l'opinione pubblica laica non sembra essersene accorta più di tanto. Mi prenderò la libertà di citare ampiamente l'eccellente articolo di Stefano Fontana dal sito Labussolaquotidiana.it (“I cattolici hanno vinto i cattolici hanno perso”) ma prima di tutto devo dare ragione dei miei due SI.
Ho votato SI perché condivido la concezione cattolica della proprietà privata come responsabilità sociale, non solo come mero accumulo. Dai sostenitori del NO o dell'astensione ci è stato detto e ripetuto che non si trattava di “privatizzare” l'acqua ma semplicemente di affidarne la gestione ai privati in modo da rendere più efficiente il servizio, limitare gli sprechi e favorire la distribuzione. Ma è un argomento solo giuridico-formale, che non tiene conto del fatto che la gestione dell'acqua passerebbe in pratica da un monopolio pubblico a uno privato. Una vera privatizzazione avrebbe prodotto effetti positivi solo in regime di concorrenza, cosa impraticabile nel caso degli acquedotti. E i monopoli privati si sono sempre rivelati più esosi nei confronti dell'utenza, più riluttanti a investire per modernizzare gli impianti, più trascurati sotto l'aspetto della sicurezza. Non dimentichiamo che fu l'ENEL, non le compagnie elettriche private, a portare la corrente a 220V in tutta Italia: prima al Sud la corrente era di soli 125V. E fu una compagnia elettrica privata a provocare il disastro del Vajont, scaricandone poi ogni conseguenza sulle spalle della collettività.
Se avessero vinto il NO o l'astensione, avremmo assistito probabilmente all'ennesima stangata sulle tariffe e le bollette senza alcun vantaggio apprezzabile, per giunta con la scusa della “lotta agli sprechi”, o avremmo assistito al solito gioco del “privatizzare i profitti e socializzare le perdite”. E questo, per le finanze massacrate di moltissime famiglie, è veramente troppo. Si è detto anche che con questo voto i cittadini hanno confermato l'andazzo dell'inefficienza e dello spreco, perché i comuni non hanno soldi per provvedere alle riparazioni e alla manutenzione. Ma allora i soldi delle nostre (esose) tasse dove vanno a finire? L'esito di questo referendum non può in nessun modo essere invocato come alibi dagli enti locali e dai servizi pubblici, se mai il contrario: è un severo richiamo alle loro responsabilità.
Queste laicissime considerazioni mi hanno persuaso a votare SI. Ma con disagio, lo ripeto, e ora vengo al punto. Tanto mondo cattolico ha fatto del referendum sull'acqua una inopportuna ed enfatica crociata tra il Bene e il Male, sull'onda della scomunica dossettiana contro Berlusconi e chi la pensa come lui (1).
Come fa notare giustamente Fontana, “si è notata una mobilitazione particolare del mondo cattolico, probabilmente superiore a quella contro il divorzio e l'aborto. (…) Non ci sono dati certi a questo proposito, ma tutti abbiamo assistito alle catene di sms, ai pronunciamenti delle associazioni, prima tra tutte l’Azione cattolica, ai volantinaggi davanti alle chiese, alle dichiarazioni di vescovi e uffici stampa delle diocesi, all’impegno propagandistico degli ordini religiosi, alle dichiarazioni di moltissimi teologi moralisti”. Attenzione a una particolarità che emerge da queste parole: tra i cattolici si è trattato in gran parte di una mobilitazione clericale (quella parte del mondo cattolico cui accennavo prima), per molti versi speculare e opposta a una mobilitazione ben più popolare e massiccia, quella sì nata veramente dal basso: la mobilitazione per il Family Day che partì in massima parte dai laici, dalle famiglie stesse, e che una parte purtroppo non trascurabile del clero seguì o con indifferenza o addirittura con fastidio.
Non è mancato nemmeno il classico terzomondismo d'accatto, segno dell'incapacità di guardare la questione in termini di realismo e non di utopia. Ancora Fontana: “Una diocesi ha detto: 'Andare a votare è un gesto per la vita, per la vita di tanti che ancora nel mondo non hanno il diritto più elementare, quello dell’acqua'. Cosa c’entri il referendum in Italia con la mancanza di acqua in Africa non ci è dato di sapere. Se analizziamo la gran parte dei settimanali diocesani troviamo questo livello di ragionamento. Ma quando si sbandierano ragioni di questo genere si cade nel moralismo inefficace e servizievole. Si crede di aver contribuito a far andare avanti la storia ed invece ci si è accodati ad altri”.
Ho messo in neretto queste parole perché mi sembra che centrino perfettamente il nocciolo della questione. I fedeli sono stati gravemente ammoniti a recarsi alle urne perché “il voto è dovere civico”. Ci siamo già dimenticati che fu proprio l'astensione dei cattolici a far saltare il referendum sulla legge 40? I cattolici erano eversivi allora, o era eversivo e inumano il tentativo di affondare una legge già ingiusta di per sé, per sostituirla con un'anarchia molto peggiore? Direi dunque che per un cattolico il dovere del voto viene dopo un doveroso discernimento sulle questioni oggetto del voto stesso, dunque non può mai essere uno scontato automatismo. In questa occasione, invece, troppi cattolici hanno fatto la figura dei volenterosi barellieri della storia.
Ieri il sito della Tiscali sbandierava la foto di due suore che entravano sollecitamente in un seggio, certificato elettorale e rosario in mano. Molti cartelloni per il SI avevano una scritta a caratteri cubitali: “METTICI SOPRA UNA CROCE”. Quando ho visto queste cose non ho potuto fare a meno di sorridere amaramente. Ma come, ci si ricorda della Croce solo quando fa comodo per votare, mentre si fa di tutto per toglierla dai luoghi dove la gente vive? Ci si ricorda che esistono le suore solo quando vanno a votare allineate e coperte dove vuole l'estrema sinistra? C'è stato uno, uno solo dei cattolici che sono arrivati a “digiunare per l'acqua” in Piazza San Pietro che abbia protestato contro l'europride, che inquina le acque dei rapporti umani molto più radicalmente di qualsiasi referendum? Il potere mediatico laicista ha forse paura di cattolici così omologati, il cui “profetismo” (termine più che mai abusato in questo caso) si è “appiattito sul rubinetto” secondo l'efficace espressione di Fontana?
A giusto titolo l'autore osserva che da parte cattolica si è trascurato il principio della sussidiarietà a favore dell'attuale gestione statalista, anche se non ha spiegato in che modo si sarebbe potuto provvedere in questo senso. Risparmio al lettore le citazioni bibliche stravolte oltre i limiti del grottesco pur di trovare argomenti “evangelici” per appoggiare la campagna referendaria. Gli risparmio anche i fraintendimenti (voluti?) della Dottrina Sociale della Chiesa. Chi vuole può andare a leggerli nell'articolo citato. Una affermazione di Fontana suona paradossale, apparentemente come uno spauracchio agitato per rivalsa: “Credevo di votare per l'acqua, ho votato per il divorzio breve”, ma considerando l'appiattimento sui “valori comuni”, la quasi sacralizzazione di un argomento che poteva e doveva essere affrontato con criteri razionali, l'inconsistenza o i troppi distinguo sui valori non negoziabili, non è poi tanto peregrina. Mi trova invece completamente d'accordo la preoccupata chiusa dell'articolo: “Si dovrebbe analizzare a fondo, nel prossimo futuro, l’atteggiamento mentale e operativo dei cattolici in occasione di questo referendum, ben oltre le poche riflessioni condotte in queste righe. Credo che ne emergerebbero significative incertezze culturali e i segni di alcune crepe considerevoli nel tessuto ecclesiale”.
Posso confermarlo. Ho votato SI, ma che di certi compagni di strada avrei fatto volentieri a meno. E probabilmente, come l'asino di Buridano, finirò per buscarle da tutte e due le parti.
Giovanni Romano
(1) Vedi il libro di G. BAGET BOZZO e PIER PAOLO SALERI “Giuseppe Dossetti – La costituzione come ideologia politica”, Ares, Milano 2009.