Lo scorso martedì 18 febbraio "Avvenire" pubblicava questo trafiletto, relegato a pagina 13 fra le brevi di cronaca. Un immigrato marocchino (chiamiamolo così, a casa mia si chiamano clandestini) si è permesso di aggredire un crocifisso e di buttarlo in un cassonetto dell'immondizia.
Qui a fianco potete leggere per esteso la cronaca di questo squallido ed estremamente allarmante episodio di cronaca.
Ma "Avvenire", pur essendo diventato un ottimo giornale sotto tanti aspetti, stavolta ha commesso -non involontariamente, credo- alcuni gravi "peccati d'informazione", nello sforzo di minimizzare il più possibile un episodio che, se fosse risaputo, rischierebbe di portare a scontri anche violenti tra cristiani e musulmani.
Primo, si è affrettato a dire che il marocchino era ubriaco, e quindi "questa circostanza ha escluso subito che dietro l'episodio ci fossero motivi religiosi". E chi l'ha detto? Un italiano cattolico, anche se ubriaco fradicio, avrebbe forse pensato di scagliarsi proprio contro il Crocifisso? O piuttosto è stata l'ubriachezza a far uscire allo scoperto i veri sentimenti di quel marocchino, i pregiudizi e l'aggressività di cui si è nutrito con la sua religione? In vino veritas, e mai come stavolta è stato più vero. Tra parentesi, il marocchino si è rivelato anche un cattivo musulmano perché si è lasciato andare all'ubriachezza, cosa severamente proibita nel corano.
Secondo, ha liquidato in fretta l'argomento nascondendolo, come ho detto prima, nelle "brevi di cronaca" alle pagine interne del giornale. Una notizia del genere meritava ben altro rilievo e ben altre riflessioni. Dovremo forse nascondere i nostri simboli per paura? O dovremo fare le ronde per difenderli? Non possiamo restare indifferenti di fronte a questo ennesimo atto di sfida. Quanto più si cerca di esorcizzare a parole lo scontro di civiltà, tanto più si fa angosciosamente vicino.
Giovanni Romano
P.S. Un suggerimento al giovane marocchino: cerchi di farsi processare dal giudice Tosti che odia tanto il Crocifisso. Un'assoluzione e forse anche un encomio ci scappano di certo.
Qui a fianco potete leggere per esteso la cronaca di questo squallido ed estremamente allarmante episodio di cronaca.
Ma "Avvenire", pur essendo diventato un ottimo giornale sotto tanti aspetti, stavolta ha commesso -non involontariamente, credo- alcuni gravi "peccati d'informazione", nello sforzo di minimizzare il più possibile un episodio che, se fosse risaputo, rischierebbe di portare a scontri anche violenti tra cristiani e musulmani.
Primo, si è affrettato a dire che il marocchino era ubriaco, e quindi "questa circostanza ha escluso subito che dietro l'episodio ci fossero motivi religiosi". E chi l'ha detto? Un italiano cattolico, anche se ubriaco fradicio, avrebbe forse pensato di scagliarsi proprio contro il Crocifisso? O piuttosto è stata l'ubriachezza a far uscire allo scoperto i veri sentimenti di quel marocchino, i pregiudizi e l'aggressività di cui si è nutrito con la sua religione? In vino veritas, e mai come stavolta è stato più vero. Tra parentesi, il marocchino si è rivelato anche un cattivo musulmano perché si è lasciato andare all'ubriachezza, cosa severamente proibita nel corano.
Secondo, ha liquidato in fretta l'argomento nascondendolo, come ho detto prima, nelle "brevi di cronaca" alle pagine interne del giornale. Una notizia del genere meritava ben altro rilievo e ben altre riflessioni. Dovremo forse nascondere i nostri simboli per paura? O dovremo fare le ronde per difenderli? Non possiamo restare indifferenti di fronte a questo ennesimo atto di sfida. Quanto più si cerca di esorcizzare a parole lo scontro di civiltà, tanto più si fa angosciosamente vicino.
Giovanni Romano
P.S. Un suggerimento al giovane marocchino: cerchi di farsi processare dal giudice Tosti che odia tanto il Crocifisso. Un'assoluzione e forse anche un encomio ci scappano di certo.
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