Dopo la folle ubriacatura del militarismo fascista e la terribile sconfitta nella seconda guerra mondiale, le forze armate italiane hanno subito un crollo di credibilità da cui ben difficilmente si riprenderanno.
A parte il disprezzo assoluto del loro valore militare (ma andate a dirlo agli Inglesi che si batterono contro gli italiani a a Beda Fomm o a Bir El Gobi, per non parlare di El Alamein); a parte la sottovalutazione persino eccessiva del loro potenziale (in realtà il nostro esercito è molto meglio equipaggiato che in passato), a parte le vere e proprie operazioni di guerra condotte in Somalia o in Serbia su cui tutti hanno preferito tacere, le uniche benemerenze che si riconoscono ai nostri soldati sono quelle in occasione di calamità naturali, quando l'Esercito si assume i compiti del pronto intervento e della protezione civile.
L'appiattimento sul ruolo esclusivamente "umanitario" e non bellico delle nostre Forze Armate da un lato le rende poco credibili, e dall'altro fa sentire autorizzati i politici a impiegare i soldati come manovalanza per compiti che poco o nulla hanno a che vedere con quelli di una organizzazione militare.
Sono rimasto allibito, infatti, a sentire il ministro della difesa Ignazio La Russa promettere come se niente fosse "altri 30.000 soldati per il controllo del territorio". Ma si rende conto di quello che dice? Si tratta praticamente degli effettivi di tre divisioni. Questo significa che una parte niente affatto marginale del nostro potenziale di difesa dev'essere adibito a compiti di ordine pubblico. Il solo fatto di avere avanzato questa proposta, se è stata fatta seriamente e non per squallida demagogia, dovrebbe farci capire come la situazione dell'ordine pubblico sia ormai fuori controllo.
Gli uomini - e anche le donne ormai - li abbiamo, non è questo il punto. Il punto è che il miglior modo di rovinare il morale e l'efficienza combattiva di un esercito è proprio quello di adibirlo a funzioni di polizia. Un esercito è fatto per battersi in campo aperto, è fatto per essere mobile, è fatto per battersi con nemici riconoscibili come tali. Adibirlo a mansioni d'ordine pubblico significa prima di tutto impigrirlo, trasformandolo in una forza statica.
In secondo luogo ne minerà il morale perché l'arresto di un delinquente, per quanto se ne parli, non dà certo il prestigio e la soddisfazione della vittoria contro un nemico esterno.
In terzo luogo significa logorarlo anche fisicamente perché la malavita è sfuggente, evita sempre lo scontro in campo aperto, colpisce alle spalle o preferisce attaccare bersagli debolissimi e momentaneamente incustoditi. Per queste operazioni ci vuole una forza, come la Polizia, che possiede un suo specifico "modus operandi", una sua specifica conoscenza del territorio, una sua specifica mobilità. Quanto all'esercito, le invasioni barbariche furono rese possibili dal momento in cui le legioni romane persero la loro mobilità e si trasformarono in unità statiche di presidio, in cui la vita militare si viveva come impiego, come routine e non come compito. Non è un caso che la guerra al brigantaggio logorò le forze armate italiane molto peggio di qualsiasi campagna contro gli austriaci.
A meno che questa ridislocazione delle forze armate non sia una ammissione tacita ancora più grave: il nemico ormai è qui, dentro le nostre frontiere. Arriva sui barconi, nascosto dentro i containers o sotto i TIR, e trova un alleato nel nostro irresponsabile buonismo. Probabilmente la guerra ha cambiato completamente volto, gli scontri in campo aperto non si vedranno più per un bel pezzo, e allora i soldati dovranno rassegnarsi ad affrontare la vita ben più dura di una eterna vigilanza, di un eterno Deserto dei Tartari che li logorerà peggio di una guerra.
A proposito. Scriveva la "Rivista Italiana Difesa" che l'Italia ha un uomo o una donna in divisa ogni 200 abitanti, una percentuale tra le più alte del mondo. E con la malavita non si riesce a cavare un ragno dal buco. Il problema quindi è a monte, nel lassismo spaventoso delle nostre leggi penali e nell'inefficienza della giustizia. Portare più soldati nelle strade, date queste premesse, non risolverà nulla.
A parte il disprezzo assoluto del loro valore militare (ma andate a dirlo agli Inglesi che si batterono contro gli italiani a a Beda Fomm o a Bir El Gobi, per non parlare di El Alamein); a parte la sottovalutazione persino eccessiva del loro potenziale (in realtà il nostro esercito è molto meglio equipaggiato che in passato), a parte le vere e proprie operazioni di guerra condotte in Somalia o in Serbia su cui tutti hanno preferito tacere, le uniche benemerenze che si riconoscono ai nostri soldati sono quelle in occasione di calamità naturali, quando l'Esercito si assume i compiti del pronto intervento e della protezione civile.
L'appiattimento sul ruolo esclusivamente "umanitario" e non bellico delle nostre Forze Armate da un lato le rende poco credibili, e dall'altro fa sentire autorizzati i politici a impiegare i soldati come manovalanza per compiti che poco o nulla hanno a che vedere con quelli di una organizzazione militare.
Sono rimasto allibito, infatti, a sentire il ministro della difesa Ignazio La Russa promettere come se niente fosse "altri 30.000 soldati per il controllo del territorio". Ma si rende conto di quello che dice? Si tratta praticamente degli effettivi di tre divisioni. Questo significa che una parte niente affatto marginale del nostro potenziale di difesa dev'essere adibito a compiti di ordine pubblico. Il solo fatto di avere avanzato questa proposta, se è stata fatta seriamente e non per squallida demagogia, dovrebbe farci capire come la situazione dell'ordine pubblico sia ormai fuori controllo.
Gli uomini - e anche le donne ormai - li abbiamo, non è questo il punto. Il punto è che il miglior modo di rovinare il morale e l'efficienza combattiva di un esercito è proprio quello di adibirlo a funzioni di polizia. Un esercito è fatto per battersi in campo aperto, è fatto per essere mobile, è fatto per battersi con nemici riconoscibili come tali. Adibirlo a mansioni d'ordine pubblico significa prima di tutto impigrirlo, trasformandolo in una forza statica.
In secondo luogo ne minerà il morale perché l'arresto di un delinquente, per quanto se ne parli, non dà certo il prestigio e la soddisfazione della vittoria contro un nemico esterno.
In terzo luogo significa logorarlo anche fisicamente perché la malavita è sfuggente, evita sempre lo scontro in campo aperto, colpisce alle spalle o preferisce attaccare bersagli debolissimi e momentaneamente incustoditi. Per queste operazioni ci vuole una forza, come la Polizia, che possiede un suo specifico "modus operandi", una sua specifica conoscenza del territorio, una sua specifica mobilità. Quanto all'esercito, le invasioni barbariche furono rese possibili dal momento in cui le legioni romane persero la loro mobilità e si trasformarono in unità statiche di presidio, in cui la vita militare si viveva come impiego, come routine e non come compito. Non è un caso che la guerra al brigantaggio logorò le forze armate italiane molto peggio di qualsiasi campagna contro gli austriaci.
A meno che questa ridislocazione delle forze armate non sia una ammissione tacita ancora più grave: il nemico ormai è qui, dentro le nostre frontiere. Arriva sui barconi, nascosto dentro i containers o sotto i TIR, e trova un alleato nel nostro irresponsabile buonismo. Probabilmente la guerra ha cambiato completamente volto, gli scontri in campo aperto non si vedranno più per un bel pezzo, e allora i soldati dovranno rassegnarsi ad affrontare la vita ben più dura di una eterna vigilanza, di un eterno Deserto dei Tartari che li logorerà peggio di una guerra.
A proposito. Scriveva la "Rivista Italiana Difesa" che l'Italia ha un uomo o una donna in divisa ogni 200 abitanti, una percentuale tra le più alte del mondo. E con la malavita non si riesce a cavare un ragno dal buco. Il problema quindi è a monte, nel lassismo spaventoso delle nostre leggi penali e nell'inefficienza della giustizia. Portare più soldati nelle strade, date queste premesse, non risolverà nulla.
Giovanni Romano
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