mercoledì 11 febbraio 2009

Quel che mi ha regalato il caso Eluana

Come tutti, almeno come tutte le persone di buona volontà, ho sofferto tantissimo per il caso di Eluana Englaro. Sono rimasto profondamente ferito dalla cieca ostinazione di suo padre, completamente sordo a tutte le preghiere, le suppliche, le offerte di aiuto e di amicizia, impassibile davanti alla generosa dedizione delle suore che assistevano sua figlia.

E' stata una vicenda che ci ha fatto scendere un gradino più in basso nella scala della convivenza civile, un colpo vibrato consapevolmente alla
pietas e alla civiltà cristiane. Ma se c'è un positivo che questa terribile vicenda può e deve insegnarci, è la speranza che tante coscienze si siano destate nei giorni stessi in cui altre coscienze addormentate hanno sedato Eluana. E' una maggiore consapevolezza e -perché no?- fierezza di essere cristiani, appartenenti a una cultura della vita e non della morte, gente che non accetta di scambiare per "pietà" quello che è solo ribrezzo e resa davanti alla sofferenza.

Non illudiamoci, però: mi sono accorto che tra i ragazzi, anche tra quelli che frequentano la chiesa, è forte la tentazione di dar ragione a chi ha voluto Eluana morta, è forte la tentazione di misurare il valore di una vita con la quantità di piacere che se ne puà ricavare. Sono macerie spirituali enormi quelle che dobbiamo rimuovere, e non lo potremo fare senza l'aiuto della preghiera e della domanda a Chi si è fatto uomo e ha attraversato la sofferenza per mostrarci la Resurrezione.

Giovanni Romano

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