mercoledì 10 maggio 2006

L'elezione di Napolitano: un’occasione mancata per il centro-destra

Probabilmente, nel momento in cui sarà pubblicato questo post, il Presidente della Repubblica sarà già stato eletto, e come da previsioni sarà l’On. Giorgio Napolitano. Nelle intenzioni del centrodestra, e specialmente di Berlusconi e Bossi, dovrebbe essere un presidente “diminuito” perché eletto con i soli voti del centrosinistra. In realtà, io credo, è una grossa occasione mancata per il centro-destra in un momento di tensioni particolarmente gravi all’interno e all’estero, quando era necessario recuperare un consenso e superare le logiche meschine di schieramento politico, ricomponendo almeno in parte gli strappi di una campagna elettorale troppo aggressiva.

D’accordo, si può tacciare il centro-sinistra di arroganza per aver voluto spingere a tutti i costi, sulle prime, la candidatura di D’Alema (anche se in politica spingere una candidatura spesso equivale a “bruciarla”). Tuttavia il nome di Napolitano era la migliore scelta possibile. Non soltanto dal punto di vista tattico (se si volevano creare tensioni nel centrodestra, lo scopo è stato raggiunto in pieno) ma anche da quello sostanziale. Una candidatura seria sia perché Napolitano, da non pochi anni, era fuori dai giochi di partito grazie alla sua carica di senatore a vita (anche lui, probabilmente, “giubilato” ai suoi tempi perché non allineato al 100% con la linea ufficiale del PCI), sia per il suo impeccabile curriculum come Presidente della Camera.

Eleggendo Napolitano entro i primi tre scrutini, il centrodestra sarebbe rientrato nel gioco politico e avrebbe dato un segnale importante di unità nazionale e senso dello stato. Quel che mi riesce difficile da capire, a parte la vivissima avversione personale di Berlusconi per il comunismo e i comunisti, è come mai egli abbia deciso di accodarsi supinamente alle posizioni della Lega, un partito marginale e in calo di consensi all’interno dello stesso centro-destra.

Affinità culturale? Probabile. Ma è proprio sulla cultura, sull’immagine, sulla tanto cruciale “egemonia” che si gioca la partita! Indubbiamente il centro-sinistra ha vinto ancora una volta su questo terreno, perché è riuscito nuovamente ad accreditare la propria immagine di “Partito degli Onesti” (o piuttosto dei Fabbricanti di Onestà, che non è la stessa cosa…). Tanto è stata martellante e insinuante la propaganda di sinistra, che non è praticamente possibile pensare a un cattolico come a una personalità credibile per la carica di Presidente della Repubblica. E i vecchi “galantuomini” liberali dello stampo di Croce o Einaudi appartengono ormai al passato.

Realisticamente, il centro-destra avrebbe dovuto scegliere la strada del male minore. Proprio la parte politica che sostiene di combattere le aberrazioni e le derive ideologiche e di sostenere la Patria doveva dimostrarsi in grado di preferire la persona, passando sopra all’ideologia, nell’interesse del Paese.

Un altro errore, in prospettiva molto più grave, ha commesso la premiata ditta Berlusconi & Bossi: disinteressandosi dell’elezione del Presidente, ha dimostrato di svilire e misconoscere una carica che invece sta riscuotendo sempre più consenso e popolarità tra il popolo italiano, vista come un polo di equilibrio in uno scontro avvelenato. L’elezione del Presidente, una volta trovato un nome ragionevolmente accettabile, non era questione di scontro con la sinistra. I terreni di scontro saranno altri, e il Polo fa malissimo a logorarsi e dividersi già da ora.

Giovanni Romano

venerdì 5 maggio 2006

Il Corano, la Croce, il bordello

Giovedì scorso, se ben ricordo, il TG 2 delle ore 13,00 trasmise un servizio, che definire di cattivo gusto è poco, sui preparativi che fervono nei bordelli di Monaco di Baviera per accogliere i tifosi degli imminenti campionati mondiali di calcio (si noti, tra parentesi, che l'evento ha attirato in città anche centinaia di prostitute "abusive", segno che legalizzare certi commerci non elimina affatto il malaffare. I narcofili prendano nota).

Uno dei più intraprendenti tra i tenutari di "case chiuse" aveva fatto installare all'ingresso un gigantesco cartellone: una donna in atteggiamento invitante, circondata dalle bandiere di tutti gli stati partecipanti alla kermesse sportiva. E' accaduto però qualcosa che il solerte imprenditore non aveva previsto: si sono presentati da lui alcuni giovani musulmani a volto coperto (evidentemente era gente del posto) e gli hanno intimato, pena la vita, di togliere o di oscurare le bandiere dell'Iran e dell'Arabia Saudita, perché entrambe recano impressi alcuni tra i più sacri versetti del Corano.

Il brav'uomo si è ovviamente affrettato a ubbidire. La telecamera della RAI ha ripreso infatti i "buchi neri" in corrispondenza delle due bandiere offese. Ma ha ripreso anche altre bandiere, quella svedese e quella norvegese ad esempio, che recano chiaramente l'insegna della Croce. Senza parlare della bandiera svizzera, di quella portoghese, della maltese, insomma di tutte le bandiere nate da una chiara origine cristiana. Per la Croce non si è mosso nessuno. Nessuno si è presentato, né incappucciato né a viso scoperto. Oso avanzare il dubbio che se si fossero presentati dei cristiani in atteggiamento non dico minaccioso ma risentito, la polizia sarebbe intervenuta subito. E poi, siamo realisti: quale tra i tiepidissimi cristiani nordeuropei avrebbe provato un moto d'indignazione? E se anche l'avessero provato, probabilmente si sarebbero subito autocensurati per la loro "intolleranza".

Che dire? Le conclusioni sono ovvie. I giovani musulmani non hanno nemmeno pensato a rivolgersi a un giudice, anche perché quello che volevano dimostrare era di avere il controllo del quartiere e soprattutto quanto fosse "superiore" l'islam verso i disprezzati kafir, gli infedeli cristiani e occidentali.

Certo, nessuno gli contesta il diritto di difendere l'onorabilità della loro religione, ma lascia amareggiati il modo in cui l'hanno fatto, e ancor più l'indifferenza assoluta dei cristiani, che hanno visto letteralmente prostituire la Croce senza alzare un dito.

Giovanni Romano

lunedì 17 aprile 2006

Il Codice da Vinci e la narcosi della coscienza

Riporto questa notizia dal Televideo di oggi:
Ore 5.00 Sondaggio Usa, per 13% Gesù era sposato

La morte di Cristo sulla croce è "una leggenda" per il 13% degli statunitensi e il 17% dei canadesi, convinti altresì che Gesù fosse sposato e avesse figli. Sono i risultati di un sondaggio Ipsos- CanWest su un campione di 1.600 perso- ne,realizzato nella settimana pasquale. Secondo il vicepresidente della società di sondaggi, il dato -sorprendentemente alto in 2 Paesi tradizionalmente religiosi e conservatori- sarebbe legato al successo del "Codice da Vinci"."Ci mostra il potere di una storia, un romanzo, per modellare l'opinione pubblica".

Ci sarebbe più di una osservazione da fare. Prima di tutto l'esiguità estrema del campione rispetto a una popolazione che abbraccia i due terzi del continente nordamericano. In secondo luogo, e specialmente con l'esperienza di numerose elezioni politiche, è fin troppo facile far dire ai sondaggi quel che si vorrebbe sentire. In terzo luogo, definire "religioso e conservatore" il Canada, un paese ormai completamente scristianizzato, anzi nemico del cristianesimo, specialmente nella sua élite culturale e politica (lo so per esperienza diretta) è quantomeno fuorviante.

Ma non c'è solo questo. Merita un approfondimento l'osservazione del videdirettore della Ipsos-CanWest sul potere che ha una storia nel modellare l'opinione pubblica. E' un'osservazione più superficiale di quello che sembra, perché nasconde un punto fondamentale: USA e Canada sono paesi a maggioranza protestante, dove la Bibbia viene sì letta, ma letta e interpretata soggettivamente, secondo il principio del libero esame di luterana memoria. Fin troppo facile, quindi, che ognuno legga e interpreti solo ciò che preferisce, ignorando tutto il resto. Soprattutto, la Bibbia letta in questo modo prima o poi diventa solo una storia, un romanzo, una fantasia come tante altre, e non "tiene" di fronte a nessuna interpretazione che viene dopo.

C'è un'altra osservazione da fare, altrettanto importante. Dire che Gesù fosse "sposato e con figli", secondo il codice culturale ormai dominante in USA e Canada, non significa affatto affermare che fosse un uomo responsabile, un padre di famiglia capace di dar vita a una aggregazione duratura, stabile, piena d'affetto. Significa al contrario due cose:

  1. Che fosse incapace di trattenere i desideri della carne, sottomesso all'istinto sessuale come tutti (il che, ovviamente, non solo schernisce la verginità, ma libera un sacco di gente -specialmente il 13% di cui sopra- dalla fatica di seguirlo sulla strada del dominio di sé);
  2. Che fosse divorziabile come tanti altri, che fosse disposto cioè a trattare gli altri -la donna in particolare- non come esseri che avessero ognuno un valore infinito -come nei Vangeli- ma per soddisfare un tornaconto esclusivamente suo.

In conclusione, questa "ricerca" offre un comodo alibi per non credere, per non impegnarsi, per dare anzi al lettore il sollievo di sentirsi colto, "iniziato", e di vedere Cristo ridimensionato alle sue misure più basse. Quanto è comodo poter guardare Cristo dall'alto in basso e dire: "Chi è questo scocciatore che pretende di dirmi come mi devo comportare? Chi si crede di essere?".

Libri come Il codice Da Vinci, con il contorno delle "ricerche" altrettanto pseudo-scientifiche che li accompagnano, non sono che una ennesima conferma della narcosi della coscienza occidentale.

Giovanni Romano

venerdì 14 aprile 2006

Lettera aperta ai vegetariani, animalisti & C.

Cari amici,

come da un po' di tempo a questa parte, all'avvicinarsi della Pasqua voi state cercando di far sentire in colpa noi cristiani per la "strage" di agnelli pasquali, che per i più oltranzisti di voi è un chiaro segno dell'"ipocrisia" e della "violenza" del cristianesimo. In questo, la TV vi dà sempre più man forte, sponsorizzando campagne così etiche che più etiche non si può.
Vorrei sapere, allora, perché non avete mai avuto niente da ridire sul fatto che ormai, nelle mense scolastiche (quelle pubbliche, ovviamente) si serve carne anche nei Venerdì di Quaresima agli alunni cattolici, senza alternative (come rilevava ieri "Avvenire").
A parte il fatto che io non condivido la dieta vegetariana, specialmente per i bambini (ai quali i più fanatici di voi negano persino il latte), perché l'organismo ha bisogno delle proteine nobili della carne, mi chiedo se voi credete davvero di salvarvi l'anima con quel che mangiate o non mangiate. Ricordo ancora le acrobazie e i sofismi con cui si è cercato di far passare Cristo per un vegetariano, quando invece nel Vangelo è scritto chiaramente: "Non quello che entra nella bocca rende impuro l'uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l'uomo!". (Matteo, 15,11).
E troppo spesso dalla vostra bocca escono discorsi arroganti, di disprezzo e di condanna per chi non la pensa come voi, i puri e i migliori per definizione. Fece bene San Francesco (che è stato snaturato come giuggiolone pacifista) a opporsi vittoriosamente alla deriva spiritualista di alcuni suoi frati (poi probabilmente confluiti nell'eresia) che volevano imporre la dieta vegetariana. E rattrista, invece, che in più di una famiglia cattolica si adotti acriticamente il vostro modo di pensare, che sotto il manto del pacifismo e dell'armonia con la natura nasconde vergogna di sé e disprezzo verso l'uomo.
Giovanni Romano

giovedì 13 aprile 2006

E voi credete che staranno zitti?

Bene, le elezioni politiche sono arrivate... e sono ormai passate. I risultati sono acquisiti, e ci tocca sciropparci cinque anni di buonismo, laicismo, omosessualità e tasse.
Qualcuno, scioccamente, si è chiesto cosa faranno i satiri di regime, tutti allineati e coperti a sinistra, ora che il governo è cambiato e Berlusconi non è più lì a fare da bersaglio.
Poveri illusi! I satiri non resteranno affatto disoccupati. Ma non per criticare il nuovo potere. L'esempio di Forattini, fatto licenziare da D'Alema, Per dare calci a chi è a terra o in minoranza: Berlusconi, e molto probabilmente la Chiesa, con la quale questi signori hanno molti conti da regolare dopo la sconfitta del referendum.
Aspettiamoci una satira ancora più conformista e meschina di quella cui eravamo abituati.
Giovanni Romano

giovedì 23 marzo 2006

Grazie, Giuliana Sgrena, di avermi fatto vergognare di essere italiano

Secondo me c'è solo una cosa peggiore delle spudorate promesse elettorali: le geremiadi degli intellettuali laici e di sinistra (Umberto Eco tra i primi) che minacciano di "andare in esilio" (dorato, ovviamente) se dovesse vincere il centrodestra, e poi altrettanto ovviamente restano in patria a godersi cattedre, onori e prebende. Anche perché, all'estero, tutto sommato non è che siano famosissimi...
Io invece, sottoproletario della cultura, non posso nemmeno sognare di andarmene in esilio, né dorato né straccione, nella sciagurata ipotesi di una vittoria di quella sinistra che annovera tra i suoi -degni- rappresentanti anche una Giuliana Sgrena. Io sì che avrei motivo di vergognarmi di chi definisce spietatamente "mercenario" un uomo come Quattrocchi!
Oltre a mostrare una terribile mancanza di solidarietà umana, ha fatto mostra di uno squallido accecamento ideologico. E peggio ancora ha dato l'ennesima prova che il paese è davvero spaccato in due parti che si disconoscono a vicenda. Non un solo esponente della sinistra, almeno che io sappia, ha levato la sua voce per difendere dal fango la reputazione di Quattrocchi, che così è stato assassinato la seconda volta.
Che dialogo è possibile con gente come lei? Queste elezioni sono anche un conflitto di culture, di visioni del mondo totalmente incompatibili. La sinistra è per l'etica (i cui parametri, ovviamente, li detta lei nel proprio esclusivo interesse). La destra -almeno quella che intendo io- non guarda all'irreprensibilità etica come i terzomondisti, i pacifisti, gli ecologisti e ogni risma di isteristi, ma alla posizione che prende un uomo di fronte a una realtà senza appello come la morte, come la pallottola che tra meno di venti secondi gli sarebbe entrata nella testa. E lì è stato grande. No ha chiesto pietà, non ha frignato come invece ha fatto proprio la Sgrena.
Viviamo nelle stesse città, abitiamo negli stessi condomini, percorriamo le stesse strade, ma ormai ci separa un muro invalicabile di risentimento e di avversione. Prospettiva pericolosissima per l'avvenire.
Mi dispiace doppiamente per il povero Nicola Calipari che è morto per difendere una come lei.
Giovanni Romano

domenica 5 marzo 2006

Bravo Calderoli!

Non ritiro nulla di quel che ho scritto contro il ministro Calderoli, ma di fronte ai minacciosissimi attacchi di Al Zawairi devo ammettere che ha mostrato grande coraggio e grande dignità. E' un onore dar fastidio ad Al Quaeda. Pur con tutta la sua rozzezza, Calderoli ci mostra che il re è nudo, mostra il vuoto l'ignavia delle nostre auto-flegellazioni, e ci ricorda che con delinquenti di quella specie non è possibile nessun dialogo, solo la guerra. La santa guerra per difenderci.


Giovanni Romano

giovedì 2 marzo 2006

Animalisti

Gli animalisti solo quelli che trattano i cani meglio degli uomini e gli uomini peggio dei cani.

Giovanni Romano

domenica 26 febbraio 2006

C.S. Lewis e il "dialogo" con l'islam

A cominciare dal racconto Il cavallo e il ragazzo, nelle Cronache di Narnia di C. S. Lewis compare il regno antagonista di Calormen.

Le sue caratteristiche -il dispotismo, la crudeltà, l'arroganza religiosa, l'aggressività contro Narnia e l'ostilità a Cristo/Aslan, alludono evidentemente all'islam, anche se (ingenua "foglia di fico"!) i Calormeniani bevono gli alcoolici.

Questa teocrazia dispotica non può ovviamente accettare la libertà di Narnia. Anche se ha formalmente sottoscritto con essa un trattato di amicizia, Calormen non smette di cercare l'occasione per attaccarla a tradimento e sottometterla una volta per tutte. Ma i Narniani, a differenza dell'Eurabia... oops, della UE, non hanno verso Calormen un atteggiamento di soggezione né di "tolleranza" motivata dalla paura.

Il momento in cui Lewis esprime con la massima acutezza il contrasto tra Narnia/Cristianità e Calormen/islam è quando Sasha, il protagonista del racconto, incontra per la prima volta gli ambasciatori Narniani:

"Non c'erano lettighe e portantini, ma una mezza dozzina di persone che camminava a piedi. Sasha non aveva mai visto uomini così. Avevano, come lui, pelle e capelli chiari. Non erano vestiti come la gente di Calormen e per la maggior parte avevano le gambe scoperte dal ginocchio in giù; indossavano tuniche eleganti e dai colori decisi come l'azzurro intenso, il giallo solare e il verde dei boschi. Al posto dei turbanti portavano elmi d'acciaio e d'argento, alcuni con pietre preziose incastonate, uno con due alette laterali; e tra gli uomini del corteo c'era chi aveva la testa scoperta. Al fianco portavano spade lunghe e diritte, non le scimitarre curve di Calormen, e invece dell'aria misteriosa e solenne tipica dei Calormeniani, camminavano tranquillamente, senza darsi arie, ma ridevano e scherzavano fra loro; uno fischiettava. Si vedeva che avrebbero fatto amicizia volentieri con chiunque lo avesse desiderato, ma che non si sarebbero curati di chi non ne voleva sentirne parlare. Shasta pensò che in vita sua non aveva mai visto niente di così affascinante.

Mi sembra questo l'atteggiamento giusto da tenere con l'islam. Amicizia a chi la vuole, ma messuna vergogna, nessun servilismo. E spada al fianco, caso mai dovesse servire...


Giovanni Romano

mercoledì 22 febbraio 2006

La squallida vigliaccheria della folla

Triste copione davvero. Nel sud della Nigeria, dove i cristiani sono la maggioranza, sono stati i musulmani incolpevoli a dover pagare per le stragi di cristiani del Nord. La BBC, a dire il vero, ha dedicato a questa strage uno spazio maggiore che non a quello dei cristiani massacrati, ma ovviamente il punto non è questo.

Il punto è che persone completamente innocenti, da una parte e dall'altra, sono state uccise.

Il punto è che i "vendicatori" di una parte e dell'altra si sono vigliaccamente fatti forti del numero contro gente inerme.

Il punto è che questa catena d'odio e di vendette, oltre a non avere fine, non colpisce mai gli effettivi responsabili delle violenze, e ne genera altre.

Avevo scritto, in un appunto privato, che l'islam raccoglierà i frutti dell'odio che sta seminando. Ma quelle famiglie massacrate erano forse colpevoli? Il diritto di legittima difesa dei cristiani non comporta certo il massacro gratuito di innocenti!

Considerazioni banali, le mie. Certo. Ma non è forse atrocemente banale quello che sta avvenendo, un canovaccio visto mille volte nella storia, dove le parti di vittima e di carnefice sono già assegnate da sempre?

Ha ragione Stephen Dedalus nell'Ulisse di Joyce: "La storia è un incubo dal quale sto cercando di liberarmi".

Ma forse ci si libera soltanto da morti.

Giovanni Romano

lunedì 20 febbraio 2006

Le scuse A CHI?

Due sono le notizie interessanti di queste ore (domenica 19 febbraio 2006, ore 21.47): la prima è che il giornale danese Posten si è profuso in scuse ai musulmani con una lettera pubblicata su un quotidiano arabo. Kaputt definitivo per la libertà di espressione.

La seconda è che, sempre per via di queste vignette, 15 incolpevoli cristiani che vivono nel nord musulmano della Nigeria sono stati ammazzati, le loro case bruciate, le chiese rase al suolo. Questo, ovviamente, senza contare due cristiani pakistani altrettanto incolpevoli uccisi in queste ore, le chiese altrettanto rase al suolo, le case altrettanto bruciate.

Forse sarebbe stato meglio che il giornale danese, anziché chiedere scusa ai sentimenti feriti dei musulmani, si scusasse con le famiglie dei cristiani trucidati anche a causa sua.

Giovanni Romano

domenica 19 febbraio 2006

Il vento del deserto islamico

Soffia un vento di paura, un gelo di morte. L’islam sembra essersi nuovamente lanciato nella sua folle corsa per la conquista del mondo. Si uccidono i cristiani in Nigeria, in Turchia, nelle Filippine, e l'Occidente che ha rinnegato le radici cristiane sembra immobile,, paralizzato come sotto lo sguardo di un serpente maligno.

Si è parlato molto, e giustamente, del martirio di Don Santoro in Turchia. Quasi nessuno però, nemmeno nella Chiesa, ha citato il caso dei sette martiri filippini assassinati dal gruppo Abu Sayaf. Prima di ucciderli, hanno chiesto –agli adulti almeno- se fossero cristiani o musulmani, e tutti loro si sono dichiarati cristiani. Forse non avevano alternative, probabilmente non conoscevano la shadada (la dichiarazione di adesione alla fede islamica), fatto sta che messi alle strette, con la morte in faccia, nessuno ha rinnegato. Anche loro dovrebbero essere ricordati come martiri di una lista che si fa sempre più lunga.

L’arma contro la rabbia islamica sta nella preghiera, non nelle magliette di Calderoli.

Giovanni Romano

sabato 18 febbraio 2006

Tripoli, bel suolo d’odio…

Quando lessi “Storia del Terzo Reich” di William Shirer mi meravigliai che ministri, ambasciatori, generali, vescovi, professori universitari, giornalisti, insomma la créme de la créme dell’opinione pubblica si fosse comportata verso Hitler in modo tanto ingenuo quanto stupido. Un bambino di cinque anni, pensai, avrebbe ragionato molto meglio. E non riuscivo a capire come una cosa del genere fosse potuta accadere.

I perché forse li ho capiti, ma grazie al ministro Calderoli (spero già ex, mentre scrivo queste righe) almeno ho visto anche come possono accadere delle asinerie di questa portata. Non riesco davvero a capacitarmi come un adulto responsabile, nonché ministro della Repubblica, sia stato tanto superificiale da provocare una crisi di prim’ordine con la Libia, e per di più nelle stesse ore in cui i servizi di sicurezza ci stanno avvertendo che in Italia il rischio attentati si sta facendo sempre più alto. Con l’ira che percorre il mondo islamico, c’è da meravigliarsi che la polizia libica non abbia sparato dall’altra parte!

Ma è mai possibile che Calderoli non si sia reso conto delle conseguenze del suo gesto? E’ mai possibile che non abbia capito come la sua esibizione sia stata, oltre che di cattivo gusto, gratuitamente, stoltamente provocatoria, nel momento stesso in cui l’opinione pubblica musulmana è violentemente sovraeccitata mentre quella occidentale è demoralizzata, insicura, incapace di reagire? E se anche fossimo coraggiosi, intrepidi, sicuri della nostra fede e pronti a batterci fino all’ultimo, sarebbe giusto spargere il sale sulle ferite dei musulmani? Non che essere un campione della libertà di espressione, Calderoli si è rivelato un provocatore solitario e gratuito, peggio dei disobbedienti che hanno aggredito la fiaccola olimpica.

Calderoli ha sperperato quel poco di legittimazione morale che l’Italia, e con essa l’Occidente, poteva rivendicare nei confronti della violenza incontrollata degli islamici, specialmente dopo l’assassinio di Don Santoro. Il suo gesto è di una gravità inconcepibile, non solo per il deterioramento delle relazioni con la Libia e il mondo islamico, ma soprattutto perché ha ribaltato le posizioni tra aggressore e aggredito. Ora sono i musulmani a potersi lamentare di essere vittime di discriminazione e odio. Ora potranno avanzare sempre più pretese per saziare i loro non piccoli appetiti, sicuri che nessuno potrà in buona coscienza rifiutarle.

Tra le altre gravi conseguenze, l’atto del ministro mette in pericolo il governo di Tripoli, che aveva fatto sforzi per avvicinarsi quanto meno agli interessi occidentali, e rischia di creare una sponda fondamentalista proprio di fronte alle nostre coste. Inoltre oscurerà per molto tempo, sui media, le persecuzioni dei cristiani per mano degli islamici. E infine, come se non fosse già abbastanza grave, regalerà l’Italia alla sinistra, che potrà presentarsi come l’alfiere del “dialogo”, e l’unica in grado di stornare l’ira islamica dal paese (a prezzo, ovviamente, di uno sradicamento totale della propria identità, storia e cultura).

Grazie, (ex) ministro Calderoli. Grazie di aver sprecato la rimonta, vera o presunta, di Berlusconi. Grazie di aver fatto dimenticare Don Santoro. Grazie per tutto l’odio che è riuscito a tirare addosso all’Italia e ai cristiani.

DEUS, QUOS PERDERE VULT, DEMENTAT.

Giovanni Romano

lunedì 13 febbraio 2006

In difesa di Angela Pellicciari

Questa è la lettera che ho inviata oggi alla redazione di un quotidiano in risposta all'attacco contro la prof.ssa Angela Pellicciari, di cui ha parlato in data odierna anche Pierluigi Battista sul Corriere della Sera con un coraggioso intervento a favore di una docente "non allineata":

Stimatissimo Direttore,

vorrei esprimere la mia solidarietà alla Prof.ssa Angela Pellicciari, segnalata ieri (o piuttosto esposta alla gogna mediatica) per aver fatto leggere ai suoi alunni alcuni testi di Hitler, con lo scopo di mostrarne la profonda, omicida avversione contro la Chiesa cattolica.

Apriti cielo! Tanto è bastato per scatenare contro di lei una vera e propria caccia alle streghe da parte di alcuni genitori, prontamente assecondata dal preside del liceo in cui, evidentemente, ha la sfortuna di insegnare.

Nel Vostro articolo non ho trovato il minimo spazio per una replica della docente, che tra l'altro è autrice di numerosi libri e saggi "controcorrente"
sulla storia del risorgimento. Evidentemente la sentenza è già stata scritta, l'anatema è già stato pronunciato.

Avendo avuto modo di corrispondere brevemente con la Prof.ssa Pellicciari, ho potuto conoscerne la preparazione, la passione per la ricerca e l'equilibrio. L'aggressione contro di lei mi fa tanto più specie quando penso che case editrici con impeccabili credenziali di sinistra hanno recentemente pubblicato testi quali il "Mein Kampf" (Kaos, peraltro molto ben commentato) e gli scritti antisemiti di Lutero (Einaudi) senza che nessuno avesse trovato nulla da ridire.

Credo che il motivo di tanto livore contro la Pellicciari l'abbia chiarito indirettamente il Prof. Tranfaglia. Angela Pellicciari è cattolica e non si vergogna di esserlo, una donna coraggiosa che non si è piegata al conformismo atroce che domina nelle nostre scuole. Sostenere senza uno straccio di prova che la Pellicciari abbia fatto un'apologia del nazismo è un insulto all'intelligenza, prima ancora che un atto di intolleranza.

Distinti saluti,

Giovanni Romano

sabato 11 febbraio 2006

Bambini credenti e atei vecchi

Un sacerdote che conobbi ormai tanti anni fa, di una soprendente aridità spirituale, scriveva nel suo ultimo libro, dedicato alla questione dell'esistenza di Dio ("C'è o non c'è?") che "nel cuore di ogni ateo sonnecchia un bambino credente, e nel cuore di ogni credente sonnecchia un bambino ateo".

A me sembrò da subito un'analisi arbitraria. Prima di tutto, ateismo e fede non sono sullo stesso piano, e parificarli artificiosamente è possibile solo se si riduce la fede a un semplice sistema dottrinale, come l'ateismo. La frase allora suonerebbe così: nel cuore di ogni dottrinario credente sonnecchia un dottrinario ateo, e viceversa. Non ci sarebbe mai nessuna conversione, nessun vero cambiamento.

Ma c'è anche una riflessione più profonda che smonta l'equivoco. Il credente può essere bambino (spalancato fiduciosamente alla realtà, come un bambino che si sveglia pieno di entusiasmo per il giorno che viene), l'ateo no, mai. I bambini non nascono atei. Bisogna farli diventare tali. Il bambino è semplice, l'ateo no. Il bambino si meraviglia di tutte le cose; l'ateo invece come può meravigliarsi per qualcosa che non esiste?

Che senso poteva avere dunque la falsa equiparazione tracciata dal sacerdote, se non quello di voler confondere i lettori ingenui, e offrire scappatoie a chi voleva liberarsi dal fastidio di credere?

Giovanni Romano

sabato 4 febbraio 2006

Vignette sataniche

Nel suo ultimo grande saggio, “Reflections on Gandhi”, scritto nel 1948, George Orwell osservava che la non-violenza di Gandhi aveva avuto successo non per una qualche “superiorità morale”, ma perché gli inglesi condividevano almeno in parte alcuni dei valori propugnati dal Mahatma. Ma cosa sarebbe successo se Gandhi si fosse trovato di fronte a un nemico culturalmente alieno, insensibile o sprezzante della resistenza disarmata, come Hitler o i giapponesi? Orwell concludeva il ragionamento con una domanda inquietante: “E’ possibile, per una cultura, essere giudicata pazza alla luce dei criteri di un’altra”?

Di fronte a ciò che sta succedendo in queste ore nel mondo islamico, e non solo, sento di affermare che la risposta è SI. E’ anzi una conclusione scontata, che solo i più ciechi e irriducibili profeti del “dialogo” si ostinano ancora a negare. Come pure l’altra conclusione che scaturisce necessariamente dalla vicenda: lo scontro di civiltà è già in atto, ben prima dell'11 settembre. A negarlo contro ogni evidenza siamo noi occidentali. Psicologicamente, ci troviamo nella stessa condizione di una popolazione che abita da secoli sulle pendici di un vulcano. Quando la montagna si risveglia, brontola, scuote la terra, manda boati e lapilli, proprio quelli che vivono più vicino trovano mille modi per esorcizzare, minimizzare, negare il risveglio del mostro. La realtà è troppo penosa e terrificante, richiede decisioni drastiche e uno strappo radicale che nessuno ha il coraggio di affrontare. Fino al momento in cui il vulcano erutta, e non lascia scampo a nessuno.

Segnali più pericolosi il vulcano islamico non li potrebbe mandare. E’ notizia di queste ore che a Damasco le ambasciate danesi e norvegesi sono state date alle fiamme. Si è dimostrato ancora una volta che l’islam non riconosce l’immunità diplomatica (avremmo dovuto saperlo fin dal sequestro degli americani all’ambasciata di Teheran), dunque non accorda alcuna considerazione agli “infedeli”. Una violazione enorme e scandalosa del diritto internazionale, un atto di guerra di cui ogni buon musulmano, ovviamente, si guarda bene dal chiedere scusa.

Più che la reazione musulmana, tutto sommato prevedibile, quel che interessa prendere in esame qui sono due aspetti: le vignette in sé, e la reazione dell’Occidente. Cos’hanno di blasfemo queste vignette? Direi che forse due lo sono: quella che rappresenta Maometto con una bomba nel turbante (ma non dimentichiamo che fu proprio lui a scatenare la guerra santa, mai cessata, contro i popoli di religione diversa), e un’altra che lo rappresenta come uno straccione, un solitario dagli occhi spiritati perduto nel deserto. Ma nel complesso le vignette non sono un attacco gratuito alla religione islamica, come sostengono i musulmani, né sono una caricatura della religione islamica in quanto tale. Piaccia loro o no, queste vignette non sono nate gratuitamente, dal capriccio di alcuni giornalisti in vena di provocazioni (come si vuol dare a intendere in queste ore). Sono nate come reazione a una storia sanguinosa e ormai troppo lunga di attentati, stragi, minacce, infiltrazioni terroristiche, prepotenze quotidiane piccole e grandi perpetrate dai musulmani sia nei paesi islamici che in quelli europei dove la loro penetrazione è già massiccia.

Quelle vignette sono dunque solo la proiezione dei nostri pregiudizi verso l’islam, o piuttosto rivelano delle verità scomode, che gli islamici vorrebbero mettere a tacere con l’intimidazione e la brutalità? Una religione che reagisce tanto violentemente alla minima critica può essere solo accettata o rifiutata in blocco, e la sua reazione esasperata rischia di generare contraccolpi altrettanto esasperati. Questo pone il problema del nostro atteggiamento di fronte a questa sfida inedita solo quanto alla scala globale, non alla sua natura.

Questa vicenda ha almeno avuto il merito di mettere sul tappeto un problema che si credeva rimosso o superato: dove finisce la satira e dove comincia il vilipendio alla religione. Bene hanno fatto il governo danese e quello tedesco a non piegarsi alla richiesta di scuse, senz’altro. Ma in nome di che cosa affermiamo la libertà? Il contenuto della libertà può forse essere il vuoto, il potere di irridere tutto e tutti, Dio compreso? Anche se, lo ribadisco, le vignette erano tutt’altro che gratuite provocazioni, la violenza della reazione musulmana ci fa ri-scoprire che nell’animo umano ci sono delle corde che non si possono toccare impunemente, che non si vive in un vuoto di valori nel quale l’unico criterio dominante è il proprio arbitrio a spese degli altri.

Paradossalmente ma non troppo, è stato il governo degli Stati Uniti uno dei primi a condannare con decisione le vignette. Questo si spiega col fatto che negli USA il rapporto tra stato e fedi religiose non è basato sul laicismo stupido e feroce che imperversa ormai nella UE. Da questo punto di vista, anzi, destano sospetti alcune improvvise conversioni al “rispetto della religione” da parte di uomini politici europei, e di molta gente colta che non vedeva -e non vede- niente di male nella "trasgressione" anticristiana. Proprio loro si scoprono adesso zelanti difensori della fede -islamica- e del "rispetto tra le religioni". Occorre un coltello puntato alla gola per ricordarsi di queste cose? E che valore possono avere una “tolleranza” e un “rispetto” basati soltanto sulla paura? E' la paura, poi, la molla fondamentale dietro tanto parlare di "tolleranza"?

Tuttavia c’è un elemento più sottile, di ordine spirituale, che rende assolutamente asimmetrico il confronto tra islam e cristianesimo. L’ho trovato nel forum della BBC World Service dedicato alla questione delle vignette (vedi http://news.bbc.co.uk/1/hi/talking_point/4678264.stm ). Un lettore scrive testualmente:

Jokes are made about Christainity by so-called Christians. The reason why no one criticises this is because there is barely a Christian religion in the West. How many actually go to church to pray? Compare this with devoted Muslims going to the mosque day in day out, then question the comparable faiths.

Il giudizio è stupido, sprezzante e ingiusto, prima di tutto perché i cristiani non sono culturalmente comparabili ai musulmani. Per loro Dio è Padre, e col Padre a volte si può scherzare un po'. Poi perché per i cristiani, almeno al giorno d'oggi, non è normale uccidere i blasfemi o gli appartenenti ad altre fedi. In secondo luogo perché l’immagine di compattezza oceanica dei fedeli islamici è falsa. Nel suo prezioso libro Kamikaze made in Europe Magdi Allam scrive che i musulmani praticanti alla moschea sono in realtà una minoranza. Tuttavia, è una scomoda verità che l’Occidente non si riconosca più nel cristianesimo. L’avesse fatto, avrebbe compreso meglio quale sarebbe stata la reazione, e avrebbe avuto il coraggio di difendere dal vilipendio alla religione non solo i musulmani che minacciano di sgozzare e uccidere, ma anche i cristiani, che non uccidono e non sgozzano, nemmeno davanti a porcate come La mala educacion o libri bassamente calunniosi come Il codice Da Vinci.

In conclusione, a cosa porterà questa vicenda? A un inevitabile e duraturo peggioramento delle relazioni tra Occidente e islam, a un rafforzamento dell’identità islamica e a un ulteriore decadimento di quella europea, a meno che questa vicenda non apra gli occhi sul pericolo che stiamo correndo, e che Oriana Fallaci, Giuliano Ferrara e Marcello Pera avevano previsto tanto chiaramente. Credo che anche le ripercussioni in campo cristiano e cattolico saranno spiacevoli. Se difendiamo troppo i musulmani rischiamo di passare per oscurantisti religiosi, se non lo facciamo ci guadagneremo il loro implacabile odio (come se già non ci odiassero abbastanza!). Ma soprattutto, due potrebbero essere le conseguenze realmente pericolose a lungo termine: inasprire i cristiani rendendoli più aggressivi nell’asserire la propria identità, e al tempo stesso renderli cinici di fronte alle prediche sulla “tolleranza” e sul “rispetto delle religioni” che saltano fuori solo davanti alla violenza di chi dalla propria "fede" trae la giustificazione per uccidere e usare violenza agli altri.

Giovanni Romano

giovedì 2 febbraio 2006

Dio ci scampi dai giudici Tosti

Dal sito www.adncronos.it

CROCIFISSO: GIUDICE TOSTI, FARO' CAUSA ALL'ITALIA DAVANTI ALLA CORTE EUROPEA

IL CSM HA SOSPESO MAGISTRATO CAMERINO DALLE FUNZIONI E DALLO STIPENDIO

Roma, 1 feb. (Adnkronos) - ''Ho gia' depositato l'appello penale, vorra' dire che faro' causa all'Italia dinanzi alla corte europea''. Lo ha detto all'ADNKRONOS il giudice di Camerino Luigi Tosti, commentando la notizia della decisione del Consiglio superiore della magistartura di sospenderlo dalle sue funzioni e dallo stipendio. Il Csm ha accolto la richiesta in tal senso avanzata dal procuratore generale della Cassazione Francesco Favara, che nei confronti del magistrato ha avviato anche l'azione disciplinare.

Con una sentenza di severità forse inattesa (dato che ormai il vilipendio alla Chiesa e ai cattolici è routine impunita), il giudice Tosti è stato sanzionato per la sua violenta, provocatoria ostilità al Crocifisso. Come da copione, eccolo strillare bene in evidenza sotto le telecamere, e preparare il ricorso alla corte europea. Dati gli ultimi, violenti pronunciamenti anticattolici dell'UE, possiamo star sicuri che la sentenza è già stata scritta. Tosti ne uscirà con l'aureola del martire, e la Chiesa per l'ennesima volta confermerà la sua natura biecamente oscurantista e reazionaria. Non mancherà certamente una severa sanzione al Governo Berlusconi (se sarà ancora in carica) reo di essersi opposto al "pensiero unico" europeo.

Nessuno si è chiesto se non sarebbe legittimo fare istanza di ricusazione di un giudice le cui opinioni sono tanto scopertamente anticristiane da mettere seriamente in dubbio la sua serenità di giudizio in un processo che vede sul banco degli accusati degli imputati di religione cattolica, o peggio ancora dei sacerdoti.

Giovanni Romano

mercoledì 1 febbraio 2006

Macchina della verità e relativismo

Pochi minuti fa stavo ascoltando "TG3 Leonardo", in cui compariva un servizio molto interessante sulla "macchina della verità", ormai messa in pensione, a quanto pare, da una nuova tecnica d'indagine: una tomografia nucleare, che consentirebbe di "leggere" le bugie direttamente dentro il cervello, nel momento stesso in cui le elabora.

Non posso fare a meno di pensare all'assurda contraddizione di un mondo che cerca di scoprire le bugie con mezzi sofisticati al limite del maniacale, ma dove la verità ha ormai perso ogni importanza.

Giovanni Romano

domenica 29 gennaio 2006

Ancora su Hamas

Non ho avuto modo di leggere molti commenti sulla travolgente vittoria elettorale di Hamas, la mia opinione dunque rischia di essere più dilettantesca e approssimata del solito. Tuttava proverò a fare una breve analisi.

In Cisgiordania, con ogni evidenza, non hanno vinto i palestinesi, ha vinto l'islam. Certamente vi sono delle cause ben precise: la frustrazione popolare nei confronti d'Israele, la rabbia contro il regime dispotico e corrotto di Arafat. Ma c'è anche la marea montante del radicalismo islamico anti-ebraico e anti-occidentale, la sensazione che sia arrivata la resa dei conti tanto all'interno quanto con gli "infedeli", l'entusiasmo di essere parte di una umma di livello planetario, la convizione, così pericolosa per il resto dell'umanità e per lo stesso islam, che sia ricominciato il tempo della jihad, delle conquiste e delle aggressioni.

Non so se qualcuno ha visto un legame tra le elezioni iraniane e quelle palestinesi. Pur nella diversità dei contesti, l'elemento comune è appunto il radicalismo sempre più esasperato, e peggio ancora sempre più condiviso dalla popolazione.

E' un cocktail estremamente pericoloso, preludio certo di guerre e di lutti. La questione palestinese non si è mai, in nessun momento, limitata alla Terrasanta, ma in questo momento è di assoluto livello mondiale, più ancora che l'Iraq. Da quel che accadrà in Cisgiordania dipende lo scoppio, o meno, di una guerra mondiale, del tanto paventato scontro di civiltà.

Giovanni Romano

Felice di ritrattare

Contrariamente a quanto avevo scritto nel mio post "La giornata della memoria mutilata", quest'anno la Giornata della Memoria è stata l'occasione di un incontro tra ebrei, cambogiani, ruandesi, forse anche armeni, tutti vittime di stermini e genocidi. Una memoria che, finalmente, non è egoista ma condivisa, occasione d'incontro, per quanto dolente, non di separazione.

Ben venga, allora, la Giornata della Memoria, se questo serve a farci guardare dentro noi stessi, e inorridire del male di cui siamo capaci.

Giovanni Romano

Aforismi 1

Non saranno un granché, ma li garantisco tutti autentici...

· L’aforisma è il parente povero della filosofia, ma lo zio ricco del proverbio.

· Il numero delle chiavi è direttamente proporzionale al numero dei ladri.

· Posso perdonare solo quelli che odio con ammirazione. Mai quelli che odio con disprezzo.

· Lo Stato leggero va bene soltanto a chi ha il portafogli pesante.

· “Non bisogna mai scendere al livello dei criminali…”. Già, ma perché loro ci si trovano tanto bene?

· Dire “ti amo” è infinitamente più facile che dire “ti capisco”.

· Facile imbattersi in un’anima innamorata. Quasi impossibile trovare un’anima sorella.

· Troverai sempre chi è disposto a consolarti nel dolore. Il difficile è trovare chi aiuti a crescere la tua libertà.

· Troppe volte il computer ci riduce a segretari di noi stessi.

· Il “diritto mite” è solo impotenza codificata.

· Guarda sempre dove t'indica un bambino. Non ti mostrerà mai nulla di banale.

· Dove comincia la cattedra finisce la logica.

· Non esistono geni incompresi. L’incompreso permanente è solo un ciarlatano.

· Non crederò mai a nessuno che sia soltanto intelligente.

· La “superiorità morale” è quasi sempre la consolazione impotente dei perdenti.

· Spesso le grandi parole sono il nascondiglio preferito dei piccoli uomini.

· “Dove c’è gusto non c’è perdenza…”, ma c’è tanta sofferenza!

· Nei momenti di crisi, la lacrimuccia facile di oggi si trasforma in molte lacrime amare domani.

· Dopo l’amore della donna, la cosa più bella nella vita è la stima di un uomo intelligente.

· L’occasion fa l’uomo laico.

· Il razzista appartiene alla specie più disgraziata di profeti: quelli che si autoadempiono.

· Il razzista si condanna a sottovalutare sempre chi ha di fronte. Per questo si condanna a molte amare sorprese.

· “Va’ dove ti porta il cuore”? Non è questa la legge della vita. Di' piuttosto: porta il cuore dove devi andare.

· Nessuno è troppo leggero per non fungere, di tanto in tanto, da zavorra.

· La lunghezza di una lettera d'amore è inversamente proporzionale alla vicinanza tra due cuori.

· La vita dei mediocri gira sempre intorno alle premesse.

· L'ordine è l'arte di disporre artisticamente il vuoto.

· Non farei mai conoscere mia moglie a un uomo troppo geloso della sua.

· Il pessimismo è un buon antidoto prima del pericolo, ma un veleno mortale durante.

· I virtuosi raggiungono la pace dei sensi. I fortunati raggiungono la pace nei sensi.

· Il critico si esenta dalla fatica di creare proprio come la remora si esenta dalla fatica di nuotare.

· C'è solo una cosa peggiore del gossip. La nullità di chi li commenta.

· Chi si basta, a me non basta.

· Simona Ventura non presenta. Onnipresenta.

· L’affanno è il pedaggio che si paga alla pigrizia.

· Se ci limiteremo a essere cristiani buoni, non saremo mai cristiani vivi.

· Il primo amore è un volo. Il secondo una mutua.

· Da giovani, la musica è un presentimento. Da vecchi, una rivelazione.

· Si perde realmente fiducia nell’uomo quando si è perduta la fiducia nella donna.

· L’uomo oggi pensa di essere finito quanto all’eterno, ed eterno quanto al finito.

· Scoprire l’amore non significa scoprire che qualcuno ci vuole bene. Significa incontrare qualcuno che è fatto per noi.

· Il silenzio è la colonna sonora delle menti al lavoro.

· Può darsi che l'uomo non sia l'unica specie animale che uccide la prole, ma è l'unica a giustificarlo sui giornali.

· Non sappiamo affrontare l'istante perché abbiamo perso il senso dell'eterno.

· L’appagamento è nemico giurato del miglioramento.

· Non c’è silenzio più profondo di quello che segue un’opera portata a termine.

· Chi odia i libri prima o poi adorerà i moduli.

· Il credente è un cieco che non porta rancore alla luce.

· Il più crudele paradosso che esista al mondo è la gratuità del nascere e la necessità del morire.

· L'aforisma è succo di risentimento spremuto nelle macine dell’indifferenza.

· Chissà perché quando uno è felice, lo fanno subito smettere.

· Abbiamo il dovere di essere pronti, perché i fatti hanno il diritto di accadere.

· L’anarchico vive della società che disprezza.

· La metacognizione è il “reverse engineering” della conoscenza. E come tale difficilmente crea qualcosa di nuovo

Giovanni Romano

venerdì 27 gennaio 2006

"Anna", non "Anne"

Strettamente collegata al messaggio precedente è una riflessione che mi è capitato di fare stamattina mentre ero in libreria. Ho visto l’ultima edizione Einaudi del “Diario di Anna Frank”. La chiamo “Anna”, ma ormai da tempo la casa editrice, in nome forse di una male intesa “correttezza filologica”, ha come distanziato l’autrice dai lettori italiani, adoperando il nome “Anne”. Peggio ancora, sul dorso era indicato solo il cognome, uno scialbo “Frank” che per il lettore profano può anche non significare niente..

Non mi è piaciuto. Quasi per istinto, specialmente dopo aver letto il diario, tendiamo a usare il nome “Anna” perché questa ragazza la sentiamo viva, vicina, una di noi. “Universale”, in letteratura, non significa uno standard asettico e identico per tutti, ma vicinanza a ciascuno, in ciò che ha di più personale e familiare. Universale è ciò che viene fatto proprio in ogni cultura. Anna Frank è una persona splendida, dall’intelligenza acutissima, dal cuore grande e dalle potenzialità gigantesche. “Anne Frank” è già più sgradevolmente lontana, quasi fosse un oggetto di studio da guardare con un certo distacco. “Frank”, poi, è quanto di più frigidamente burocratico si possa immaginare

Fossi stato l’editore, mi sarei imposto per ripristinare il nome “Anna”. E tanto peggio per il “philologically correct”.

Giovanni Romano

La giornata della memoria mutilata

Oggi, come è giusto, si celebra la Giornata della Memoria, dedicata allo sterminio degli ebrei. Quello che accadde nei campi di concentramento è un macigno che grava sulla coscienza del mondo intero. E tuttavia, a costo di essere aggredito sia via Internet o persino fisicamente, dirò che una giornata come questa, così platealmente monopolizzata a senso unico, così grondante di “pensiero unico” da dare la nausea, non mi convince affatto.

Prima di tutto, perché l’immagine che questa giornata trasmette è che solo e soltanto gli ebrei furono le vittime di Hitler. Qui non parlo delle vittime “dimenticate” come gli zingari o gli omosessuali (che hanno comunque i loro forum che li rappresentano) quanto delle vittime “normali” di cui nessuno veramente parla: le ragazze polacche costrette a fare da prostitute ai criminali comuni tedeschi (i Kapò), sparate alla nuca al primo segno di malattia venerea e mandate anche loro al crematorio. I sacerdoti e le suore, i docenti universitari e l’intellighentsia non ebraica di cui molti membri condivisero lo stesso destino degli ebrei, ma che nessuno mai ricorda. Senza contare la spaventosa intolleranza mostrata dagli ebrei contro l’erezione di un Carmelo e di una croce nel campo di concentramento di Auschwitz, a ricordo delle vittime cristiane.

Ci vien detto che si deve ricordare l’Olocausto perché cose del genere non accadano mai più. Giusto. Bisogna però intendersi su questa espressione. Vogliamo dire che queste cose non devono più accadere a nessuno oppure che non devono accadere più ai soli ebrei? La mia domanda non è oziosa. Come mai, infatti, gli ebrei hanno sempre rifiutato di riconoscere che ci sono stati altri genocidi oltre al loro? Gli armeni, i cambogiani, i cristiani di Timor Est non sono stati anche loro soggetti a una politica sistematica di discriminazione e di sterminio? Tra coloro che respingono l’idea dell’Olocausto come unicum ci sono anche autorevoli personalità ebraiche come Claude Levi-Strauss o Noam Chomsky.

E mal si concilia l’ammonimento universale al ricordo della Shoah con la perdurante censura sui crimini del comunismo, quasi che esistessero vittime di serie A e vittime di serie B. Fortunatamente, le più alte coscienze ebraiche hanno sempre inteso la celebrazione della Memoria come un monito a tutta l’umanità e a difesa dell’uomo in quanto tale, non del solo popolo ebreo. Fino a quando la memoria sarà a senso unico, sarà generatrice di nuovi conflitti, non certo pacificatrice.

Mi asterrei dunque dal celebrare la Giornata della Memoria? Certo che no! Ci mancherebbe che dessi ragione a un criminale come il presidente iraniano o ai ciarlatani del negazionismo! Ma lo farei prendendo le mosse dallo straordinario racconto La Madonna Sistina dello scrittore ebreo russo Vasilij Grossman, uno dei pochissimi ad aver tracciato (anche per esperienza personale) un parallelo tra il totalitarismo nazista e quello comunista, individuando la radice comune di entrambi: il rifiuto della dignità umana. Grossman fu uno dei pochissimi a sentire, e ad abbracciare fraternamente, attraverso l’olocausto del suo popolo, la sofferenza e la persecuzione di tutti gli altri uomini.

Giovanni Romano

La vittoria di Hamas, la sconfitta degli exit poll

Lascio agli esperti i giudizi qualificati sulle implicazioni molto preoccupanti della vittoria di Hamas. Da parte mia mi limito a una osservazione più marginale: dovrebbe ormai essere chiara a tutti l’inutilità degli exit poll. Per l’ennesima volta si sono dimostrati tanto indiscreti nei confronti degli elettori quanto completamente fallaci nelle previsioni.

Mi guardo bene dal chiedere che siano proibiti per legge, ma i politici, le TV e i giornali dovrebbero rifiutarsi una buona volta di prenderli in considerazione. Creano solo sensazionalismo fine a se stesso e ci disabituano a a guardare ai fatti, sostituendoli con aspettative truccate da "statistiche". Sarebbe ora che se ne vadano, non rimpianti da nessuno.
Giovanni Romano

mercoledì 25 gennaio 2006

Il buon samaritano e l'eutanasia

Con questo gran parlare di eutanasia e testamento biologico, proviamo un po' a pensare come si dovrebbe riscrivere la parabola del buon samaritano secondo i canoni del "pensiero unico" eco-pacifista-laico:

“Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31 (…) un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide ed ebbe compassione. 34 Gli si fece vicino, e vedendo le sue ferite, che a suo giudizio gli causavano sofferenze intollerabili, gli fece bere una tazza di cianuro e poi chiamò il crematorio affinché le sostanze organiche del defunto non restassero disperse nell’ambiente”.

Va’, e anche tu fa lo stesso!

Giovanni Romano

Stavolta il Presidente Ciampi ha fatto bene!

Anche i sassi avranno capito che io non sono un ammiratore del Presidente Ciampi. Molte sue prese di posizione mi hanno lasciato freddo a causa di una retorica spesso datata, lontana dalla gente, dai valori della maggioranza e dai suoi veri interessi. Tuttavia, in questi ultimi giorni devo in parte ricredermi. Sarà stata la particolare sincerità del suo ultimo messaggio agli italiani il 31 dicenbre scorso, ma mi è piaciuto soprattutto il suo rinvio della legge-vergogna sull'inappellabilità delle assoluzioni, una legge così spudoratamente truffaldina e ad personam, assurdamente squilibrata a favore dell'imputato, da farmi vergognare di essere italiano.

Fino al momento in cui il Presidente ha imposto autorevolmente l suo "alt". Da questo punto di vista, trovo particolarmente meschino il tentativo di Berlusconi di guadagnare due settimane di tempo per l'approvazione delle ultime sue leggi. Domina un'atmosfera da "si salvi chi può". Se infatti fosse sicuro di essere rieletto, ci sarebbe bisogno di chiedere affannosamente "i minuti di recupero" (e non "dall'84° al 90°", come diceva bugiardamente Giovanardi. Questo per restare nella metafora calcistica).

Senza contare che manipolare il calendario del Parlamento crea un gravissimo precedente, e autorizza anche la sinistra, una volta che sarà al potere, a stravolgere la Costituzione come le pare e piace. Credo che in questi giorni stiamo assistendo a uno strappo molto grave, politico prima ancora che giuridico. La democrazia di regge anche -forse soprattutto- sul rispetto delle regole formali. Averle violate in modo tanto plateale significa che non c'è nulla che rimanga al di sopra delle parti, non c'è un minimo terreno d'intesa sul quale maggioranza e opposizione possano incontrarsi. Lo Stato è di chi se lo prende. Siamo lontani diecimila miglia da qualunque idea di cittadinanza comune.

Tutto sommato, se non ci fosse stato Ciampi a noi cittadini sarebbe potuta andare peggio.

Grazie, Presidente, nonostante tutto.

Giovanni Romano

venerdì 20 gennaio 2006

Ciampi: pluralismo solo per la sinistra

Mi piacerebbe sapere come mai il Presidente Ciampi, così sollecito a intervenire in favore del pluralismo non appena la sinistra perde colpi, tacque ostentatamente all’epoca del referendum, quando stampa, radio e TV erano schierati massicciamente in favore del SI senza concedere alcuna possibilità di contraddittorio. Vorrei sapere come mai il Presidente non ebbe nulla da dire sul silenzio completo dei mass media in occasione dell’aggressione dei no-global a una chiesa di Torino.

Favorire sempre e comunque il laicismo: è questo il “pluralismo” secondo Ciampi?

Giovanni Romano

sabato 24 dicembre 2005

Buon Natale a tutti, nonostante tutto


Per gli auguri natalizi, avrei una lista di esclusioni lunga quanto un braccio, ma poi mi ricordo che Gesù Bambino è venuto per tutti, anche per gli inaciditi come me. E allora non ho il diritto di fare la predica a nessuno, anzi il dovere di pregare e sperare per tutti.

BUON NATALE

Giovanni Romano


sabato 17 dicembre 2005

Così parlò Beppe Grillo...

''Stanno nascendo decine e decine di movimenti no-Tav in tutta Italia, grazie a voi''.

Così Beppe Grillo ha chiuso la grande manifestazione no-TAV a Torino questa sera. E con queste parole ha dimostrato di essere davvero un comico. Ma dove le ha viste, le linee ad alta velocità in tutta Italia? E soprattutto, qui al Sud quando le vedremo?

Il perbenismo di Grillo mi ricorda quello di certe amministrazioni comunali che ostentano pomposamente il cartello "ZONA DENUCLEARIZZATA" senza pensare al ridicolo di cui si coprono, perché da loro nessuno ha mai pensato, né mai penserà, di portare un solo atomo di uranio.

Grillo invece avrebbe urgente bisogno di un atomo di autoironia, cosa di cui a tutt'oggi è assolutamente privo.

Giovanni Romano

Un capolavoro di disinformazione e di menzogna

Mentre rimettevo in ordine cronologico le notizie che quotidianamente mi arrivano via Google, mi sono imbattuto in una autentica perla che mi era sfuggita, datata 4 dicembre 2005, e che mi ha fatto rimanere esterrefatto per la superficialità e il deliberato cinismo con cui è stata stravolta una vicenda di cronaca che invece deve farci riflettere molto seriamente:


Non tollera l'islam Tenta il suicidio a scuola

Quotidiano Nazionale - Italy
VICENZA, 3 dicembre 2005 - E' un problema di immigrazione ''alla rovescia'' quello che ha spinto a un tentativo di suicidio, stamani a Vicenza, una bengalese ...

Pensavo di averne lette in vita mia di castronerie, ma quella che ho riportato qui sopra le batte tutte! La ragazzina, oppressa da un sacco di tabù, chiusa sempre in casa, costretta a sposare un uomo che non conosce nemmeno, cerca di uccidersi... perché è intollerante verso l'islam!

Stasera ho capito che siamo perduti, che non abbiamo speranza, dal momento sui giornali c'è chi è disposto a mentire e a disinformare in modo così osceno. Abbiamo perso il gusto della verità, e con esso quello della libertà. Che l'islam ci faccia schiavi è soltanto una questione di tempo.

Giovanni Romano

giovedì 8 dicembre 2005

Sulla morte di Carla Voltolina - 2

Se ben ricordo, quando morì suo marito il Presidente Pertini, Carla Voltolina impedì la visita del Papa Giovanni Paolo II, suo amico personale, alla salma del marito. Mi sbaglio? Spero proprio di sì.

Di cosa aveva paura, una donna tanto laica, razionale, emancipata? Paura di un'amicizia sincera al di là delle diverse posizioni religiose, politiche e umane? Evidentemente, per salvarsi l'anima le bastava il volontariato...

Giovanni Romano

mercoledì 7 dicembre 2005

Sulla morte di Carla Voltolina - 1

EMAIL INVIATA OGGI ALLA REDAZIONE DI RADIO 3 - PRIMA PAGINA


Spett.le Redazione,

stamane ho sentito il giornalista che conduceva la trasmissione definire Carla Voltolina “la compagna” di Pertini. Si dà il caso che fossero regolarmente sposati davanti alla legge.

Da quando in qua le parole “moglie” o “marito” sono diventate impronunciabili? Forse per far piacere a chi ci vuole imporre i PACS?

Perché questa censura “politically correct”? Chi è scientemente discriminato nei media, i conviventi o piuttosto gli sposati?

Distinti saluti,

Giovanni Romano

giovedì 1 dicembre 2005

Due perle dal "Corriere della Sera"

Compro molto raramente questo giornale, lo confesso. Specialmente da quando ha condotto una battaglia pesante, faziosa e unilaterale per l'abrogazione della legge 40. Tuttavia oggi c'era un inserto culturale che mi aveva colpito e che volevo leggere.

La mia attenzione, però, è stata attirata dalla rubrica dei lettori, con due lettere che sono delle vere "perle" di ottusità e pregiudizio laicista. Le riporto a scorno e vergogna di chi le ha scritte:

TORCIA OLIMPICA - LA BENEDIZIONE

La fiamma olimpica di Torino 2006 passerà dal Vaticano per ricevere la benedizione papale. Ora, è vero che in Italia ci sono molti cattolici, ma ai Giochi olimpici partecipano tutte le nazioni. I giochi sono per tradizione anche il simbolo della pace e fratellanza fra tutti gli uomini, a prescindere dal loro credo religioso. E comunque il fatto che solo la Chiesa cattolica benedica la torcia mi sembra una discriminazione.

Cosa dire, di fronte a una castroneria così monumentale? C'è da restare senza fiato! All'autore è sfuggito:

1) Che la torcia non sarà benedetta in Italia bensì in Vaticano, uno stato estero che nulla ha a che vedere con l'Italia, almeno sul piano del diritto internazionale;

2) Che il credo religioso, con particolare riferimento a quello cattolico, porta pace e fratellanza, e non è in conflitto con le olimpiadi (le quali, non dimentichiamolo, nacquero dall'utopia decoubertiniana di un mondo affratellato al di fuori non delle differenze religiose, ma della religione in quanto tale);

3) Che definire "discriminazione" una benedizione che abbraccia tutto il mondo e tutte le fedi è il colmo dell'imbecillità, a meno che l'autore della lettera non sia andato a chiedere personalmente a Papa Ratzinger se la benedizione valesse solo per gli atleti cattolici, oppure abbia paura che la benedizione papale "contamini" la torcia e faccia venire l'orticaria ai non cattolici, oppure sia un incantesimo che faccia vincere i cattolici lasciando a bocca asciutta gli atleti ortodossi, protestanti, musulmani, buddisti, ba'hai, scintoisti,
animisti e chi più ne ha più ne metta.

Un altro delizioso esempio d'ipocrisia laica lo troviamo in questa lettera, dedicata allo spinoso problema di presentare in società il proprio partner quando non si è sposati. La soluzione proposta è esilarante:


GALATEO - LE PRESENTAZIONI

Tra tanti temi seri vorrei dare un consiglio di galateo. Sono ormai moltissime le coppie di conviventi non sposati e spesso è imbarazzante presentare l'altro/a come partner, compagno, ragazzo, fidanzato, convivente, ecc. Consiglierei di usare il termine "consorte" che indica la persona che condivide il tuo destino ed è una verità certa in questo caso anche se pro tempore. Anche il diritto ecclesiastico non avrebbe niente in contrario e il termine ha una sua naturale accettabilità sociale.

Mi avevano detto che il galateo è ipocrisia codificata, ma fino a questo punto... Tanto per cominciare, il diritto interno della Chiesa cattolica non è il diritto ecclesiastico ma quello canonico (il diritto ecclesiastico è l'insieme delle norme che lo stato italiano adotta verso le confessioni religiose, quella cattolica in particolare). Non serve pontificare dottamente se non si conoscono nemmeno i termini più elementari.

In secondo luogo, è veramente sopraffina l'ipocrisia di definire "consorte" colui/colei che è disposto a mollare alla prima difficoltà o al primo capriccio. Quale sorte è possibile condividere, se non si condivide nel tempo? La soluzione proposta è un ossimoro come il termine "matrimonio per prova". L'ennesimo caso di langue de bois, un fumo ideologico sempre più denso e ipocrica che copre chi non vuole chiamare le cose con il loro nome.

Su una cosa però sono d'accordo senza riserve con l'autore. Il suo non è un tema serio, come non è serio il suo atteggiamento verso la vita.

Giovanni Romano

venerdì 25 novembre 2005

Grazia, affetto e semplicità


La disascalia di questa foto recita: "India: in occasione della festa del villaggio di Gauhati, una mamma sistema al collo del suo piccolo la tradizionale collana di fiori di calendula".

E' un momento inesprimibilmente bello. Non solo per lo sguardo del bambino. Non solo per il gesto tenero e protettivo per la madre. Ma anche per la semplice solennità del gesto, per la bellezza delle vesti. Sono poveri ma hanno un gusto per la bellezza degno di principi.

Mio malgrado, paragono questa foto con la sciatteria, i piercing arroganti, gli ombelichi mostrati senza pudore, i pantaloni scaduti e i capelli a spinaci dei nostri ragazzi.

Chi dei due è il sottosviluppato?

Giovanni Romano

Vittima delle bomboniere etiche



Senza commenti, riporto una lettera pubblicata su "Avvenire" di ieri. Della serie: di buone intenzioni è lastricata la strada che porta all'inferno...

Giovanni Romano

giovedì 24 novembre 2005

Violenti e bugiardi anche nel linguaggio

I sostenitori dell'eutanasia dicono di voler "morire con dignità".

Allora chi muore sopportando le proprie sofferenze è forse un cane? Papa Giovanni Paolo II è forse un cane?

Giovanni Romano

domenica 13 novembre 2005

Contaminazioni? A me non piacciono

"Contaminazione"' è una parola che va purtroppo molto di moda, e che solo ora, non so se per fortuna o per disgrazia, sembra scadere di popolarità, probabilmente perché l'influenza aviaria ci ha ruvidamente ricordato cosa significa davvero.

Che io ricordi, questa parola ha preso piede dal momento in cui sul Vecchio Continente hanno cominciato a sbarcare, bon gré mal gré, masse di clandestini, specialmente islamici. La parola ha dunque sostituito i vecchi termini "influenza" e "influenzare" (che anch'essi, non a caso, alludevano a malattie), o quello molto più esatto di "scambio culturale".

Ma cosa significa, esattamente, o meglio, quale significato si vuole attribuire a un termine usato intenzionalmente in modo così forte?

Direi che si tratta di un duplice ordine di significati: da un lato, com'è ovvio, "mescolanza". E questo già allude all'ideologia dell'appiattimento e del rifiuto delle differenze, in primo luogo quelle qualitative. Si pensa che la mescolanza sia un bene in sé. Certamente un sistema chiuso è destinato a corrompersi, perché l'inbreeding rovina una razza, ma una cosa è una giusta integrazione, un'altra è una mescolanza senza criterio.

Ma c'è un altro significato ancora, forse più insidioso. La contaminazione, come si sa, è l'aggressione di quel che è malato contro quel che è sano. Implica (e forse questa è la vera intenzione di chi usa questa parola, o di chi l'ha usata per la prima volta in questa accezione) la sopraffazione del più forte sul più debole, quasi un elemento che entri di prepotenza e finisca per imporre la propria legge. E' una parola malata, ben degna dell'epoca malata che stiamo vivendo.

Scrivendo questo, sono ben consapevole della banalità ovvia delle mie parole. Potrei sembrare un tradizionalista ottuso, uno cui sfugge il mutamento delle culture, o che vuole sfuggirvi. Ma la questione è un'altra: esiste una via di mezzo intelligente tra la caparbia -e inutile- difesa del passato, e il seguire acriticamente ogni moda?

Come tante parolacce usare per fare colpo, anche il termine "contaminazione" si attenuerà a forza di venire usato, fino a entrare nell'uso corrente. Ma era proprio necessario adoperarlo, in primo luogo? Dico questo perché, nel processo di mutamento e d'invecchiamento delle parole, a volte si perdono per strada espressioni che veicolano concetti più precisi, come ad esempio "sintesi". Un termine che non ha nulla di aggressivo o provocatorio, e che anzi indica una scelta intelligente, l'interesse per il vero che è possibile trovare ovunque. Ma forse siamo diventati troppo pigri per pensare davvero.

Giovanni Romano

venerdì 11 novembre 2005

Ma Veltroni non si monti troppo la testa...

Anche questo è un post recuperato da appunti manoscritti di molti mesi fa. Ma io non ho fretta, aggiorno quando posso.

In occasione della morte di papa Giovanni Paolo II il sindaco di Roma Veltroni non ha perso l'occasione di rivendicare a Roma una efficienza e una capacità di accoglienza dei pellegrini del tutto insospettata, in aperta polemica con il razzismo della lega nord.

Difficile dargli torto, di fronte agli attacchi maligni e gratuiti dei nordici (non solo leghisti) e del pregiudizio radicato che vede i romani come gente pigra, sbafona, mangiona, prepotente e parassita.

Per smentire il Nord, in verità, basterebbe una conoscenza della storia anche inferiore a quella di Veltroni. La Roma dei parassiti e dei burocrati fu una creazione anche dell'accentramento sabaudo forse più che del Vaticano. E anche quanto alle opere pubbliche La Roma papalina batteva a mani basse quella risorgimentale. La facciata di S. Giovanni Laterano fu costruita in due anni soltanto: per costruire una scuola media di second’ordine in provincia oggi lo Stato impiega mediamente un tempo quattro volte maggiore.

Fa bene comunque Veltroni ha rivendicare a Roma e ai romani il rispetto che è loro dovuto. Ma chiediamoci: a quale Roma, e a quali romani? E’ proprio sicuro che il successo sia dovuto soltanto alla macchina organizzativa, e non anche alla natura dei pellegrini affluiti a Roma, e allo scopo per cui erano venuti? Il popolo di Wojtyla era tutto fuorché una massa di indisciplinati e di esaltati. I pellegrini erano più che disposti a collaborare con le forze dell'ordine e con le autorità, non erano venuti per protestare come i pacifisti e i no-global. Non erano venuti per scatenarsi come a un concerto di musica rock. Non erano venuti per sfasciare tutto come gli anarchici e i black block. Non si sono calpestati a morte, come il pellegrini islamici alla Mecca.

I problemi sono stati causati dall'immenso numero dei pellegrini, non dal loro comportamento. Si può dubitare se Veltroni, Bertolaso o chiunque altro, in qualunque altro luogo, aveva avuto lo stesso successo se avesse avuto a che fare con un altro tipo di folla. È certo Veltroni di dover ringraziare soltanto se stesso, e non anche i suoi "ospiti"?

Tenere presente lo scopo per il quale il pellegrini sono venuti porta automaticamente a domandarsi se l'organizzazione avrebbe funzionato così superbamente se fosse stata mossa da scopi diversi.

È stata osservata, e non da oggi la perfetta organizzazione del Vaticano. Eppure il personale di servizio molto spesso è costituito da italiani, quando non da romani. Che cosa cambia? Che cosa li mette in grado di lavorare in modo diverso e così efficiente? La grandezza dello scopo a cui danno la vita. Basterebbe questo per farci riflettere quanto sia stupido pensare allo stato come a una macchina autosufficiente e autoreferenziale.

Giovanni Romano

giovedì 10 novembre 2005

La Repubblica e Avvenire: censure incrociate

12 ottobre 2005 (ripesco dai miei appunti cartacei): "La Repubblica" dà grande risalto a un preteso scontro tra il Card. [qui manca il nome] e il Card. Scola sulla comunione ai divorziati. Nemmeno una parola, invece, sull'appello drammatico dell'Arcivescovo di Sarajevo, Mons. Pulijc, sulle discriminazioni che i cristiani devono soffrire in Bosnia a opera dei musulmani spalleggiati dalla UE.

Su "Avvenire" si dà il giusto risalto al discorso del Card. Pulijc, ma nemmeno una parola sulla discussione opposta.

Censure incrociate? Probabilmente. Ma tra le due non c'è alcun dubbio su quale sia la più grave.

Giovanni Romano

A proposito di Lapo Elkan (12 ottobre 2005)

"L'Unità" di oggi dedica quasi un editoriale al rampollo degli Agnelli. A parte il fastidio dei continui bollettini medici, manco si trattasse del Papa, quello che urta è il tono apologetico dell'editoriale, quasi che una morte sfiorata per overdose fosse un semplice incidente di percorso, che non deve interrogarci sul vuoto e la sordidezza di una vita piena di soldi e vuota di tutto il resto.

Che "L'Unità" prenda le difese di un capitalista viziato, o semplicemente troppo debole per il ruolo da lui ricoperto, potrebbe urtare -e urta- come il massimo dell'ipocrisia, ma in realtà la cosa è profondamente coerente sotto due aspetti. Il primo è il carattere di "partito radicale di massa" che ormai sono diventati i DS. Il secondo non è altro che la dimostrazione del tacito "patto di ferro" che la FIAT e la grande industria in generale hanno stipulato da molto tempo con le forze di sinistra, che non tanto rappresentano le rivendicazioni del proletariato quanto le monopolizzano.

Questa volta Cipputi è stato più servile di Fantozzi.

Giovanni Romano

lunedì 7 novembre 2005

domenica 6 novembre 2005

I minareti, non le campane a martello

Giovedì 3 novembre scorso "Avvenire" aveva parlato di "campane a martello per tutta l'Europa" in riferimento alla rivolta delle periferie francesi islamizzate. Ho inviato questa lettera, che non credo sarà pubblicata:

Caro Direttore,


ho trovato infelice e inopportuna l'immagine delle "campane a martello" in riferimento alla rivolta delle periferie magrebine in Francia. Se c'è un suono che lì non si sente è proprio quello delle campane, come lamentava Brigitte Bardsot che per questo fu condannata per razzismo.Come si può dedurre dal Vostro stesso articolo, quella che si sente è la "vociaccia" del muezzin, per dirla come Oriana Fallaci.

Non di campane a martello si tratta, ma di campane a morto per la convivenza, per il nostro futuro e per la nostra libertà.

Cordiali saluti,

Giovanni Romano

venerdì 4 novembre 2005

L'Eurabia sta a guardare, l'Italia no

La fiaccolata pro-Israele di ieri sera ha avuto un successo bipartisan superiore a ogni previsione. Mi aspettavo, onestamente, un paio di migliaia di persone al massimo. Ne sono venute diecimila, secondo le stime più prudenti.

Direi che è un segnale, il superamento di una soglia psicologica, il rifiuto morale di subire prepotenze e intimidazioni dall'islam. Siamo stanchi di vivere con il coltello alla gola, abbiamo capito che oltre un certo limite non si può andare, e nonostante tutta la retorica sul "dialogo" e sulla "pace" stiamo cominciando a intuire quello che l'islam vuole veramente: annientare la nostra civiltà.

Mi chiedo se questa iniziativa sia per ora l'unica in tutta Europa. I pacifisti, ad esempio, sempre pronti a sfilare contro Bush, perché non organizzano sit-in davanti alle ambasciate iraniane? Perché le "mamme coraggio" USA, che il coraggio lo trovano solo quando sono sotto l'obbiettivo della telecamera, non hanno ricordato ieri il sequestro del personale diplomatico statunitense a Teheran?

Una volta tanto, siamo noi italiani a essere all'avanguardia. Anziché imitare servilmente l'Eurabia in quel che ha di peggio, una volta tanto dovremmo essere fieri di noi stessi, e rinfacciare al resto del mondo la sua inerzia e la sua vigliaccheria.

giovedì 3 novembre 2005

Iran: l'assordante silenzio di Ciampi

Non è strano che il Presidente Ciampi, di solito così garrulo (specialmente quando si tratta di criticare il governo) sia rimasto zitto come una mummia sulle minacce iraniane a Israele?

Giovanni Romano

lunedì 3 ottobre 2005

La doppia ipocrisia del Maresciallo Rocca


Ieri sera, guardando la prima puntata della nuova serie de “Il Maresciallo Rocca”, mi ha colpito una battuta della protagonista femminile Valeria Pivetti. Un po’ seccata per l’insistenza con cui un prete la invitava a convolare finalmente a nozze col Maresciallo, lei commentava: “Ma l’amore non è un contratto!”.

Molto romantico davvero! Perché allora laici e conviventi strillano per reclamare i PACS? Non hanno già l’amore? Non gli basta quello? Di cos’altro hanno bisogno, visto che solo i cattolici, a quanto pare, sono tanto stupidamente realisti da sobbarcarsi, oltre all’amore, degli impegni ben precisi, una fedeltà dichiarata pubblicamente?

Basterebbe questa battuta per capire tutta l’ipocrisia strumentale del dibattito sui PACS. Ma c’è dell’altro in questa puntata, e molto peggio.

All’inizio, vediamo il prete di cui sopra rifiutare l’assoluzione a un misterioso penitente che fugge esasperato. Subito dopo qualcuno lo uccide spaccandogli la testa. Le indagini del Maresciallo Rocca portano alla scoperta del colpevole: una farmacista che, stanca delle sofferenze del marito malato di tumore, gli aveva praticato l’eutanasia con la complicità di un altro medico.

Il flashback dell’omicidio è una scena memorabile, e sotto molti aspetti profetica. La donna, inviperita, pretende l’assoluzione senza mostrare alcun segno di pentimento, anzi rivendicando quello che ha commesso. Il sacerdote gliela nega con grande sofferenza, perché cerca di farle capire –invano- la gravità del suo gesto. A un certo punto, esasperata per il rifiuto, lei lo colpisce con tutte le forze, urlando “Prendi, prete, prendi!”. Quel prete sibilato velenosamente è un capolavoro di odio e di disprezzo. Si vede che non è soltanto l’attrice a pronunciarlo, ma anche lo sceneggiatore, il regista, la troupe, tutto un “milieu” che probabilmente si augura che prima o poi questa scena accada davvero (e poi accusano Berlusconi di essere l’ispiratore di Unabomber!). Almodovar e Amenabar non avrebbero saputo fare di meglio. Aggiungiamo poi che, per coprire l’omicidio del sacerdote, la donna aveva ucciso anche una giornalista che stava per intuire la verità.

Ma nella scena finale, quando il Maresciallo Rocca, il giudice istruttore e il capitano discutono sul caso ormai risolto, tutta la compassione, o quantomeno la “comprensione” del bravo sottufficiale vanno alla donna, non al prete. Non gli passa nemmeno per la mente di far notare che questa donna tanto pietosa ha ucciso non una ma tre persone. E purtroppo non glielo fa notare nessuno dei suoi interlocutori. Ordine degli sceneggiatori, probabilmente. In conclusione, siamo di fronte a uno sceneggiato “di regime” (come il settimanale “TEMPI” ha giustamente definito il film “La bestia nel cuore”) un messaggio molto subdolo a favore delle convivenze e dell’eutanasia, per giunta truccato con un’abbondante cosmesi di sentimentalismo familiare.

A questo punto però sorge una domanda. Se la donna era così convinta di aver agito per il bene del marito, perché è andata a cercare, o meglio a pretendere l’assoluzione da un prete? Un pretesto per aggredire il clero, “reo” di opporsi alla deriva nichilista della nostra mentalità? L’ultimo sussulto di una coscienza che sotto la vernice buonista continua a gridare? Propendo per la prima ipotesi, anche se è impossibile, di fatto, evitare che emerga la seconda. È proprio il sacerdote l’ultima fragile difesa della coscienza e dell’umano. Da questo la rabbia e l’odio, ormai nemmeno più dissimulato, di chi si immagina arbitro e padrone della vita e della morte.

È chiaro che nello sceneggiato il regista costringe il prete a dire solo “no”, senza che gli venga consentito di portare avanti le ragioni per dire “si” fino all’ultimo istante di una vita umana.

Uno sceneggiato fatto per confondere e umiliare chi difende la vita. Uno sceneggiato di regime.

Giovanni Romano